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Servizi sociali di Milano: operatore fa una videochiamata alla mamma seduto sul wc


La donna lo denuncia


MILANO (3 Febbraio 2022). La pandemia ha reso incontri da remoto e videochiamate strumenti di comunicazione, anche istituzionale, d’uso comune e lo smart working ha fatto sì che il lavoro spesso abbia invaso la sfera domestica delle persone. Ma quello che è capitato a una giovane donna milanese è a dir poco sconcertante: alcuni giorni orsono ha ricevuto una videochiamata dall’assistente sociale che si occupa del suo caso mentre questi se ne stava beatamente seduto sulla tazza del wc. Il tono della telefonata era poi alquanto imbarazzante: più che parlare dell’estensione degli orari di visita tra madre e figlio l’assistente sociale era più interessato a indagare sulle relazioni sentimentali della donna. Circostanza che non avrebbe nulla a che vedere con il rapporto con il figlio e con la richiesta di aumentare le visite inoltrata dalla donna. La giovane si è rivolta quindi ai carabinieri per denunciare l’assistente sociale, anche perché costui si è più volte ostinato a non aumentare gli incontri madre/figlio nonostante il tribunale abbia imposto l’aumento della frequenza degli incontri tra la donna e il suo bambino, che si trova in affidamento presso una famiglia. «E anche su questo aspetto nutriamo grossi, grossissimi dubbi – interviene l’avvocato Miraglia al quale la donna si è affidata – in quanto il Comune di Milano ha affidato a una cooperativa l’incarico di reclutare le famiglie alle quali affidare i minori che il tribunale ritiene di allontanare temporaneamente da casa propria. Ma sembrerebbe che la coppia che ospita il piccolo sia strettamente legata con la cooperativa in questione. Tant’è che questo bambino continua ad essere tenuto lontano dalla madre senza motivo e contro le disposizioni del tribunale. Non vorremmo si trattasse di un ennesimo caso di adozione mascherata».

A frapporsi tra lei e il figlioletto è appunto questo assistente sociale, che continua a disattendere le disposizioni del giudice, che ha stabilito un aumento degli incontri tra madre e figlio e ha pure sollecitato l’invio da parte di Servizi sociali della relazione sul bambino, che non è ancora pervenuta sul tavolo del giudice. Quando poi la madre del bimbo chiede spiegazioni, si sente immancabilmente rispondere dall’operatore che è lui a decidere le visite in base al caso e in una relazione ha persino scritto che è il bambino a non voler tonare a casa, mentre il bimbo chiede continuamente di poter stare con la madre. «Perché allontanare il bambino dalla sua mamma allora? – prosegue l’avvocato Miraglia. – Non si tratta forse di un affidamento “sine die”, che non vedrà mai la fine e che di fatto è un meccanismo per occultare una vera e propria adozione? Un sospetto alimentato ulteriormente dal fatto che questo bambino sin da subito è stato obbligato a chiamare mamma e papà la coppia affidataria. Che poi l’assistente sociale si permetta di assumere comportamenti disdicevoli nei confronti della madre del piccolo questo non fa che aggravare ancor di più una situazione già dubbia e sospetta di suo. Doppiamente irrispettoso quindi l’atteggiamento dell’assistente sociale: se da un lato tiene la donna separata ingiustificatamente dal proprio figlio, come si è permesso poi di effettuare una videochiamata di lavoro seduto in bagno? E di quel tenore, per di più! Chiediamo che il Comune indaghi bene sulle persone alle quali affida un servizio delicato come appunto sono i Servizi sociali».

Sul caso interviene anche la professoressa Vincenza Palmieri, consulente tecnico forense della mamma. «Le relazioni – false, falsificate o alterate – sono, purtroppo, all’origine di tale grande male – commenta la professoressa Palmieri. – E se poi queste sono il risultato di incontri e colloqui gestiti in maniera arbitraria e privi dell’applicazione anche dei più elementari principi deontologici, non se ne deve tener conto in Tribunale. I professionisti dell’aiuto, autorizzati dalla vigente normativa a tenere colloqui e consulenze anche on-line, devono comunque rispettare ogni altro criterio previsto dalla prassi e dalle norme proprie della professione, che possono e devono garantire serietà e verità. Queste relazioni, che non sono il risultato di un lavoro serio e scrupoloso, rappresentano il grimaldello diffamatorio per continuare a tenere i bambini lontani dai propri genitori».

Verona, bimbi in comunità con le scarpe rotte 

Alle rimostranze del padre per ripicca gli bloccano gli incontri coi figli

VERONA (18 Dicembre 2021). i Servizi sociali di Verona hanno dato vita a una nuova moda: se un padre si lamenta del trattamento dei figli, alloggiati in comunità, gli sospendono gli incontro coi bambini e quando lo convocano per un chiarimento fanno trovare i vigili urbani schierati ad “accoglierlo”. Ci sarebbe da sorridere se non si trattasse di un fatto gravissimo quello accaduto a una famiglia veronese, che da anni subisce una ripicca dietro l’altra: viene loro vietato di incontrare i bambini, per un motivo assurdo: il padre si sarebbe lamentato del fatto che, nonostante compri continuamente abiti ai bimbi, uno di loro si è presentato all’ultimo incontro con le scarpe rotte. La stessa famiglia l’anno scorso si era vista allontanare i bimbi solo per aver denunciato la presenza di cibo marcio nella comunità. «Quello contro questa famiglia sembra un vero e proprio accanimento da parte dei Servizi sociali di Verona – dichiara l’avvocato Miraglia, legale della coppia– che già in passato hanno dato prova di non accettare critiche o lamentele. Ma è mai possibile che un padre si spezzi la schiena dodici ore al giorno per provvedere ai bambini, che pure vivono lontano da lui in una comunità, per fornire loro di ogni necessità e quando li incontra li trova con le scarpe rotte? L’ultima volta che ha visto i due bambini, uno dei figli aveva le scarpe con la suola staccata. Ha giustamente presentato le sue rimostranze e per ripicca, perché di altro non si può parlare, i Servizi sociali gli hanno sospeso gli incontri con i bambini, fintantoché non parleranno con lui».

Trattando poi sia lui che la moglie alla stregua di pericolosi criminali. «I Servizi sociali li hanno convocati per chiarire la situazione – prosegue l’avvocato Miraglia – e all’incontro si è presentata solo la madre, dovendo il padre lavorare. Esterrefatta al suo arrivo si è trovata la polizia locale schierata, neanche fosse una delinquente».

Fatto altrettanto grave il 17 dicembre si è svolta un’udienza in Corte d’Appello, nel corso della quale è emerso che la tutrice dei bambini, nominata dai Tribunale, in tutti questi mesi non li ha mai incontrati una sola volta e che la stessa finora si è relazionata con i Servizi sociali esclusivamente da remoto. «E in udienza si è permessa pure di dipingere i genitori come inadatti? – conclude l’avvocato Miraglia, – ma con che coraggio? Forse inadatta è lei e pertanto valutiamo di chiedere la rimozione di questa tutrice. Oltre al fatto che denunciamo come la sospensione degli incontri è una decisione abnorme rispetto alle rimostranze paterne ed è solo punitiva per i genitori e lesiva per i minori». Tempo fa era stato pubblicato un articolo intitolato  Verona come Bibbiano, sarà così o ancora  peggio?

 

Dopo anni in affidamento ragazzina presenta gravi turbe psichiche

I genitori querelano i Servizi sociali per maltrattamenti e circonvenzione d’incapace

MILANO (10 Dicembre 2021). Accusa il padre di ogni nefandezza possibile, scappa dalla comunità e dice di voler andare a stare con un rapper americano che asserisce di conoscere: una ragazzina di 12 e 9 mesi anni ospite di una comunità milanese è chiaramente in stato di profonda crisi e disagio. Prima di entrare in comunità un paio di anni fà era una ragazzina normalissima, che adorava i genitori, specialmente il padre. Che adesso non vuol nemmeno vedere. Cosa è successo in quella comunità da farla cambiare così tanto? «È stata sporta una denuncia per circonvenzione d’incapace – racconta l’avvocato Miraglia, legale dei genitori – e ne sarà presentata una anche per maltrattamenti: se la ragazzina da tre anni e 6 mesi si trova in comunità e da un anno le viene impedito di vedere i genitori, è chiaro che non può certamente essere incolpata la famiglia e che sono i Servizi sociali i responsabili di questo cambiamento, grave e pericoloso».

Tutto comunica quando la madre si confida con un’assistente sociale, asserendo che il marito la maltratta. I Servizi sociali, dopo la denuncia chiedono ed ottengono l’allontanamento  delle ragazzine e vengono collocate in una comunità. Nel frattempo il padre viene scagionato in Cassazione da ogni accusa, risultata priva di fondamento, e mentre una figlia rientra a casa, l’altra resta in comunità. «Comprovata l’innocenza del padre – prosegue l’avvocato Miraglia – abbiamo informato i Servizi sociali: eravamo alla vigilia di un incontro tra la ragazzina e i genitori, che fino a qualche giorno prima era entusiasta di rivederli dopo tanto tempo. Ma è stata enorme la sorpresa nell’apprendere che la bambina si rifiutava improvvisamente di vedere il papà, insultandolo, raccontando di avere paura di lui, di ricordare episodi orribili. Poche ore sono bastate per cambiare così l’atteggiamento di una persona?». Verrebbe quasi da pensare che i Servizi sociali, per giustificare il loro errato operato, l’abbiano plagiata mettendola contro la famiglia?

L’influenza del Servizio sociale sulla ragazzina ha portato ad un inesorabile e costante allontanamento della minore dai genitori: il servizio, anziché agevolare i rapporti tra la ragazzina e la famiglia di origine, ha tentato in ogni modo possibile di allontanare e spaventare la minore, che ha sviluppato atteggiamenti oppositivi nei confronti dei genitori, che in tanto mesi di lontananza nulla possono averle fatto. «E se fin qui è plausibile la circonvenzione d’incapace – conclude l’avvocato Miraglia – si profila il maltrattamento per quanto questa ragazzina ha manifestato recentemente: una bambina tranquilla si è trasformata in una persona ingestibile, per stessa ammissione dei Servizi sociali. Quando parla ormai delira ed è arrivata a fuggire  più dalla comunità affermando di voler andare a vivere con un rapper americano che dice di conoscere. È chiaro che la bambina sia malata e a farla ammalare sono stati i Servizi sociali, la comunità e soprattutto la lontananza della sua famiglia. In altre parole i miei assistiti avevano una figlia sana per ritrovarsi una figlia gravemente ammalata. Chi pagherà per tutto questo?».

Penso che sia giunto il momento di dire basta a queste situazioni di sofferenza e strumentalizzazioni in nome di una presunta tutela dei minori. Ci auguriamo di un immediato intervento del Tribunale per i minori prontamente informato sullo stato precario di questa bambina e dell’operato del servizio sociale.

Il Tribunale per i Minorenni di Milano avrà il coraggio di mettere in discussione l’operatore del servizio sociale magari trasmettendo gli atti alla Procura della Repubblica o come temiamo addosserà la colpa ai genitori che non vedono la figlia da quasi un anno?

Ai posterei ardua sentenza!!!

 

Reggio Calabria: servizi sociali disattendono le disposizioni del Tribunale

Da mesi un padre non vede il proprio figlio. Avvocato Miraglia: «Ma a chi deve rivolgersi quest’uomo se non all’autorità giudiziaria: a Papa Francesco?».
REGGIO CALABRIA (29 Ottobre 2021). «A Reggio Calabria siamo di fronte a un caso Bibbiano 2.0» dichiara l’avvocato  Miraglia. Il sistema “difettoso” degli allontanamenti dei minori dalle famiglie a Reggio Calabria ha assunto una piega particolare, quasi un’evoluzione di quanto recentemente emerso a Bibbiano, con episodi in tutto analoghi nel resto d’Italia: i Servizi sociali disattendono nel caso specifico da più di un anno, l’applicazione dei provvedimenti emanati dai tribunali – e questo purtroppo è un déjà vu  – ma qui siamo di fronte a un tribunale che nemmeno controlla, che passa tutto sotto silenzio nell’indifferenza più totale, che non si prende minimamente la briga di verificare se qualcuno applichi disposizioni e sentenze. A fare le spese di questo sistema è un uomo di Reggio Calabria, da mesi impossibilitato a vedere il suo bambino, nonostante il Tribunale per i minorenni abbia stabilito che possa incontrare il figlioletto.

La madre del piccolo si rifiuta di farglielo vedere, per tutta una serie di circostanze che comprendono anche la sua instabilità dovuta ad assunzione di sostanze alteranti: ma un comportamento conflittuale tra i genitori lo ci si può aspettare nelle separazioni e appunto per questo i Servizi sociali sono nominati e autorizzati ad intervenire, a verificare che i minori non soffrano e, laddove siano presenti dei provvedimenti emanati dal Tribunali, assicurarsi che questi vengano rispettati. «Non è così a Reggio Calabria» prosegue l’avvocato Miraglia, «dove non solo i Servizi sociali non applicano le disposizioni dei giudici, ma nemmeno il tribunale stesso si preoccupa di verificare se, una volta emanata una sentenza, questa venga o meno osservata. E a nulla serve presentare i ricorsi: restano immancabilmente lettera morta.  I Servizi sociali agiscono di propria iniziativa e nessuno controlla.  Ma a chi ci si dovrebbe rivolgere per ottenere giustizia, se non alla magistratura?  Forse al Papa? Se così fosse, ci appelleremo al Santo Padre. Intanto è stata presentata una denuncia-querela sia nei confronti del responsabile dei servizi sociali nonché della stessa assistente sociale referente del caso per mancata ottemperanza dell’ordine del giudice e lesioni personali.

“Dall’altro canto ci si auspica un intervento urgente del Presidente del Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabra per fare chiarezza sulla vicenda e ribadire che i provvedimenti dell’autorità giudiziaria nel nostro paese hanno un senso, conclude l’Avv. Miraglia.

 

Verona, bambini allontanati per questione di genere: l’assessore dovrebbe leggere le carte prima di intervenire

Avvocato Miraglia: «L’assessore Maellare legga le carte».
(VERONA, 7 Agosto 2021). Nella questione dei bambini che i Servizi sociali di Verona hanno allontanato dai genitori per questione di “genere”, in realtà è proprio la relazione degli operatori che indica a mamma e papà di non far usare alla bambina giochi maschili. Smentendo così le affermazioni rilasciate dall’assessore ai Servizi sociali, Maria Daniela Maellare, secondo la quale ritenere che l’allontanamento sia stato generato da una questione di genere suonerebbe come un’offesa all’intelligenza degli assistenti sociali e dei giudici del Tribunale minorile». Purtroppo basta leggere le relazioni e si evince che è tutto vero, nero su bianco: gli operatori apprezzano che chi si sta prendendo cura dei ragazzi, che vivono in una comunità, li stia educando differenziando loro i giocattoli.

«Lungi dal voler polemizzare con l’assessore Maellare» dichiara l’avvocato Miraglia, che assiste i genitori, «probabilmente in questo periodo di ferie ha avuto poco tempo per leggere le relazioni. La invitiamo pertanto a prendere visione delle relazioni, poiché sarebbe grave che un amministratore, chiamato a rappresentare i cittadini, in particolare i più fragili, non conosca l’argomento e i provvedimenti assunti».

«Va condivisa e rispettata l’inclinazione individuale dei bambini nella libera espressione ludico-ricreativa» riporta testualmente la relazione degli operatori sociali «attraverso l’utilizzo di giochi adatti per età e per ruolo di genere (maschile e femminile), che i bambini stanno acquisendo dai caregivers nel contesto comunitario. Motivo per il quale l’indicazione data ai genitori è stata quella di non far utilizzare alla bambina giochi prettamente maschili».

«Invitiamo quindi l’assessore a chiedere spiegazioni a chi ha firmato le relazioni» prosegue l’avvocato Miraglia «e auspichiamo che il Tribunale per i minorenni di Venezia consideri questa relazione carta straccia. Quanto poi al fatto che l’assessore riferisce che i bambini siano sereni, ci permettiamo di obiettare: una bambina, che in comunità ha subito molestie sessuali, come potrebbe stare bene?».

 

Lecco: casa famiglia degradata

 

Cibo ammuffito, nessuna privacy e minacce continue dagli operatori

 

(LECCO, 13 Luglio 2021). Una comunità madre-bambino fatiscente e inadeguata ad ospitare donne in difficoltà con i loro bambini piccolini. Si trova in provincia di Lecco ed è l’e

nnesimo caso segnalato all’avvocato Miraglia. «Ormai pare che strutture simili siano la regola, non l’eccezione» dichiara l’avvocato Miraglia «vista la frequenza con la quale mi vengono segnalate Ma possibile che nessuno controlli dove vengono mandate le donne con i loro bambini? Di questo ennesimo caso interesseremo immediatamente i carabinieri dei Nas per un controllo accurato e per i provvedimenti del caso».

La donna, che si è affidata all’avvocato Miraglia, è ospite di una comunità alloggio con il suo bambino di pochi mesi, per effetto di un provvedimento emanato dal Tribunale per i minorenni di Milano. A parte che da quando è alloggiata nella comunità nessuno si è occupato di avviare per lei un percorso di sostegno, la donna è stata minacciata di venire allontanata e trasferita in un’altra struttura semplicemente perché non è stata zitta, non si è adattata alle condizioni che ha trovato, ma le ha segnalate, protestando. Nella dispensa il cibo è ammuffito, l’edificio è sporco e fatiscente e sul pavimento gironzolano gli scarafaggi. Non c’è un minimo di privacy e se le donne alloggiate vogliono cucinare in maniera decente, sono costrette a farsi portare dall’esterno le proprie pentole. «Ma possibile che i Servizi sociali e i Tribunali per i Minorenni dopo aver disposto il ricovero delle madri in difficoltà nelle comunità non si preoccupino di come e soprattutto dove stiano?» prosegue l’avvocato Miraglia. «Mi stupisce che i Comuni, che pagano fior di quattrini dei contribuenti per garantire l’alloggio a queste donne e ai loro bambini, non si prendano mai la briga di controllare dove finisca il loro denaro e se le loro concittadine vivano in condizioni almeno decenti e dignitose». Ma soprattutto nessuno controlla chi le gestisce: nel caso della donna di Lecco, viene continuamente minacciata dagli operatori, che le intimano di tacere, pena, altrimenti, la stesura di una relazione pessima su di lei da inviare ai Servizi sociali, che come estrema conseguenza potrebbe portare all’allontanamento del bimbo dalla propria mamma e il suo affidamento ad estranei. Ancora più incredulo è quanto sostengono gli stessi operatori della comunità secondo i quali la mamma e bambino non possono tornare a casa perché la stessa non è adattata alla comunità… Tutto ciò è possibile??

Verona: il piccolo Marco affidato definitivamente ai nonni

Dopo tre anni finisce l’odissea del piccolo che i Servizi sociali volevano far adottare ad altra famiglia

VERONA (25 Aprile 2021). Dopo tre anni finisce l’odissea del piccolo Marco, che i Servizi sociali volevano far adottare ad altra famiglia: il Tribunale per i minorenni di Venezia ha decretato che il bambino, che ora ha cinque anni e mezzo, venga affidato ai nonni materni, con i quali è tornato a vivere. Il tribunale ha anche stabilito che i Servizi sociali si attivino per riavvicinalo alla mamma.

«Finalmente dopo tre anni si conclude la tragica vicenda di questo bambino» dichiara l’avvocato Miraglia, al quale si erano affidati i nonni per riavere il piccolo con sé. «Non possiamo che essere soddisfatti del fatto che il Tribunale per i minorenni abbia accolto le nostre istanze e che abbia fatto tornare Marco nella sua casa, dai nonni, dove era accudito amorevolmente. Ci sono voluti però tre anni di sofferenze, per arrivare ad affermare quanto noi abbiamo sempre sostenuto fino dal primo giorno: Marco stava bene con i nonni materni. Tre anni persi, tre anni nei quali il bambino è vissuto lontano dall’affetto della sua famiglia, senza motivo, sballottato tra comunità e famiglie affidatarie. Abbiamo avuto mandato di valutare ora un’azione civile di risarcimento danni nei confronti dell’assistente sociale e soprattutto della psicologa che ha determinato l’allontanamento del bambino e questo lungo e doloroso iter giudiziario».

Il piccolo Marco era stato allontanato fin dalla nascita dalla madre, che aveva all’epoca problemi di tossicodipendenza: viveva con i nonni, ma gli assistenti sociali di Verona lo hanno allontanato da casa, affidandolo ad un’altra famiglia e chiedendo che venisse dichiara adottabile, sostenendo che la nonna, che era stata incapace di tenere lontana la propria figlia dalla droga, non poteva essere un’educatrice adeguata. Incuranti del fatto che una famiglia il bambino l’avesse, amorevole e in grado di occuparsi di lui.

Per il piccolo Marco c’era stata una grande mobilitazione: manifestazioni in piazza, volantini sulle vetrine dei negozi. Del caso si era interessato anche l’ex ministro della Famiglia, Lorenzo Fontana.

«Adesso il tribunale ha ufficializzato l’affidamento alla nonna materna, che ne è la tutrice provvisoria» prosegue l’avvocato Miraglia, «incaricando i Servizi sociali di elaborare un percorso di sostegno in favore della madre, volto a favorire il possibile rapporto con il piccolo. Questo per noi è motivo di grande soddisfazione e ci auguriamo che per i Servizi sociali questa vicenda sia d’esempio a non giudicare preventivamente le persone, ma di valutarle e conoscerle, prima di allontanare un bambino dalla sua famiglia e di farlo dichiarare adottabile». Un ringraziamento va a tutta la citta di Verona che sin dall’inizio ha mostrato partecipazione, sostengo e sensibilità per il piccolo Marco e la sua famiglia. 

Cassino. bimbe sottratte alla zia. Il Sindaco tace i motivi

Photo Credits by Mattis License by Creative Commons

FROSINONE (14 Aprile 2021). «Abbiamo letto la replica del Sindaco di Cassino, Enzo Salera, al caso delle due bambine sottratte alla zia che abbiamo sollevato nei giorni scorsi: riteniamo che abbia perso un’occasione per stare zitto» dichiara l’avvocato Miraglia, che tutela la zia delle due bambine, le quali, affidate a lei dal tribunale, all’improvviso e senza motivo apparente sono state condotte in una casa famiglia. «Colpisce la cifra dei minori, un centinaio, che si vanta di far seguire ai suoi Servizi sociali» prosegue l’avvocato Miraglia. «Un po’ altina visto che Cassino è un Comune di medie dimensioni, annoverando suppergiù 36 mila abitanti. Il suo comunicato, comunque, tutto diceva tranne i motivi per i quali i Servizi sociali hanno sottratto alla zia le due bambine, che con lei vivevano serene. A parte che anziché una nota stampa, poteva convocare la zia in Municipio per parlare direttamente con lei, ci deve spiegare e illustrare quali sarebbero le sue mancanze, tali da non consentire che le bambine avessero una “crescita educativa, fisica e psicologica normale”».

Quello che pare evidente, ancora una volta, è che il Sindaco nulla sappia di tutta questa vicenda e che soprattutto si sia di fronte ad un abuso di potere. «Ricordiamo al Sindaco» prosegue ancora l’avvocato Miraglia, «al quale diciamo che, grazie, ma non ci servono lezioni su come sono organizzati i  Servizi sociali, ebbene ricordiamo che l’unica possibilità per la Pubblica Amministrazione di sostituirsi all’Autorità Giudiziaria, che le consenta di allontanare di impeto dei minori dalla casa e dalla famiglia in cui vivono, è che sussistano dei gravi e imminenti pericoli per la loro incolumità.

 

Ma quale pericolo ci poteva essere se queste bambine sono brave a scuola, serene e che quel giorno la zia le aveva accompagnante in municipio a un incontro i genitori, oltretutto per pura iniziativa arbitraria degli operatori sociali, pulite e ben vestite? Invece di lanciarsi in una difesa d’ufficio nei confronti dei suoi assistenti sociali, ci spieghi i motivi che hanno portato a questo allontanamento coatto.

 

E soprattutto, visto l’elevato numero di casi di minori che il Comune dice di seguire, ci illustri quante e quali convenzioni siano in essere con le case famiglia  e le comunità di accoglienza; quanto spende, in denaro pubblico, il Comune di Cassino per alloggiare i minori allontanatati da casa e nello specifico quanto costano queste due bambine alla collettività. Soldi che potevano essere tranquillante risparmiati. Ci si conceda poi un’ultima affermazione: siamo stati contattati da diversi cittadini di Cassino, che ci hanno raccontato come episodi di allontanamento in tutto simili a quello di queste bambine sarebbero già avvenuti, e non un paio di volte soltanto, e come parrebbe esserci pure un procedimento penale in corso per gli ambigui rapporti che gli operatori sociali avrebbero intrattenuto con strutture di accoglienza. Diciamo che se il  Sindaco vuole parlare, ha diversi argomenti da illustrare a questa zia e ai suoi concittadini».

Bimba di 7 anni molestata nella casa famiglia

I genitori tenuti all’oscuro per settimane

VERONA (13 Aprile 2021). Una bambina di sette anni da settimane viene molestata nella casa famiglia nella quale da cinque mesi è costretta a vivere insieme al fratello di 11, dopo essere stati trasferiti dalla comunità ove erano collocati precedentemente, essendo state riscontrate notevoli negligenze da parte della comunità stessa, allontanati dai genitori solo perché questi non avevano un lavoro e perché la madre aveva segnalato gli episodi di bullismo ai quali il figlio veniva sottoposto a scuola. Gli operatori della struttura e i Servizi sociali di Verona per settimane hanno taciutole violenze che la piccina subisce da un altro ragazzo ospite della medesima struttura, mentendo continuamente ai genitori e riferendo loro che i bambini stavano invece bene e non avessero problemi di sorta. Con grande sgomento i genitori hanno saputo soltanto dieci giorni fa quanto invece era ripetutamente accaduto alla loro bambina costretta da tempo a subire gravi e ripetute molestie fisiche e sessuali.

E pensare che la piccola in quella casa famiglia non ci sarebbe più dovuta stare: a luglio del 2020 il tribunale aveva chiesto ai Servizi sociali di Verona di provvedere a valutare con solerzia il rapido rientro dei bambini all’interno del nucleo famigliare. Ma la loro negligenza ha fatto sì che i bambini continuassero a rimanere alloggiati in comunità: se solo fossero stati ottemperanti alle disposizioni del giudice, tutto questo non sarebbe accaduto.

«Come si può permettere che una bambina di appena 7 anni venga ripetutamente violentata all’interno di una comunità, in cui alloggia perché dovrebbe essere protetta?» dichiara l’avvocato Miraglia, al quale i genitori si sono rivolti. «Ma dove erano gli operatori, chiamati per loro ruolo, compito e professione a sorvegliare i ragazzi che gli vengono affidati? Costoro non si devono più occupare di minori! O sono in malafede o sono conniventi, perché non hanno avvertito immediatamente la famiglia degli abusi subiti da questa bambina».

I genitori hanno denunciato alla Procura di Verona l’assistente sociale e la psicologa dei Servizi sociali di Verona, l’avvocato curatore dei due minori e i coniugi responsabili della comunità familiare vicentina per i reati di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, violenza sessuale, violenza privata, lesioni personali, abbandono di minori, maltrattamenti in famiglia.

«Purtroppo ad oggi» prosegue l’avvocato Miraglia, «nonostante le molteplici comunicazioni, rimaste prive di riscontro, non consentendo ai genitori di vedere la loro figlioletta, costoro non sanno come stia la bambina, con chi trascorra le sue giornate e se la stessa sia stata immediatamente allontanata dalla situazione di pericolo».

Frosinone: bambine “rapite”alla zia,dai servizi sociali, il Sindaco si dice all’oscuro di tutto

Avvocato Miraglia: «Fatto gravissimo, visto che è lui il tutore delle bambine»

FROSINONE (12 Aprile 2021). Il sindaco di Cassino nulla sa, o dice di non sapere, delle bambine “rapite” alla zia da parte dei Servizi Sociali: eppure gli assistenti sociali lavorano per il suo Comune ed è lui il tutore delle due bambine. «Se davvero è all’oscuro di tutto, è un fatto gravissimo» dichiara l’avvocato Miraglia, al quale la zia delle due bambine, a lei affidatele dal tribunale, si è rivolta chiedendo di dichiarare illegittimo l’allontanamento delle sue nipotine. Martedì scorso le aveva accompagnate in municipio, convinta che avrebbero visto il padre nel corso di un incontro protetto disposto dal tribunale, invece, quando è andata a riprenderle, ha scoperto che gli assistenti sociali le avevano portate in una comunità nascosta. Senza motivo, dal momento che le due bambine di 8 e 11 anni sono brave e serene, frequentano la scuola con ottimo profitto e al pomeriggio la zia ha sempre garantito loro la frequenza ad attività ludiche e sportive.

«Il sindaco, loro tutore» prosegue l’avvocato Miraglia, «ci spieghi allora quali sono i motivi “di urgenza e di pregiudizio imminente”, come dice la norma, per i quali è stato disposto l’allontanamento coatto delle due bambine dalla casa in cui vivevano serene, senza che potessero portare con sé un vestito di ricambio, senza un libro di scuola, senza i loro giochi. Se invece, come afferma, non era a conoscenza di questo allontanamento, il fatto è ancor più inaccettabile e vergognoso: come può un sindaco, che ripeto è il legale tutore delle bambine, non sapere che è stato dato atto a un provvedimento così autoritativo. A questo punto chiediamo che convochi la zia e le spieghi cosa è successo oppure che denunci pubblicamente l’operato dei suoi assistenti sociali, che hanno agito non solo in malafede, non solo contro la legge, ma, a questo punto, pure alle spalle del primo cittadino. E chiediamo ai consiglieri d’opposizione di prendere posizione in merito a una simile situazione. Nel frattempo si è fatta avanti una testimone, che ha assistito all’allontanamento brutale delle due bambine e che ringraziamo pubblicamente».

Il suo racconto è agghiacciante. Passeggiando dei pressi della villa comunale, martedì pomeriggio aveva notato un capannello di gente circondare due bambine in lacrime, che piangevano disperate. Ad un centro punto la più grande ha urlato che «in quel posto non ci voleva andare» e ha invitato la sorellina a scappare. A quel punto uno degli operatori, nel tentativo di trattenerla, l’ha fatta ruzzolare per terra. Dopodiché le hanno portate via. La signora, tra l’altro, ha saputo direttamente da una delle insegnanti della bambina più grande che la ragazzina è la prima della classe e che a scuola sia lei che la sorellina si sono sempre presentate ben curate. Solo che da mercoledì i loro compagni non le hanno più viste tornare a scuola. «E vogliamo sapere perché» conclude l’avvocato Miraglia.