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Milano: ragazza allontanata dai servizi sociali per abusi sessuali, il Tribunale assolve il padre, il fatto non sussiste

La ragazza, ora ventenne, è in una comunità, imbottita di psicofarmaci invece di essere aiutata

MILANO (19 Marzo 2021). Fine di un incubo per un uomo di Milano: dopo tre anni è stato scagionato dall’accusa infamante, quanto falsa, di avere abusato della figlia minorenne. La quale, tolta all’epoca alla famiglia, è passata da una comunità all’altra e da un reparto psichiatrico a un altro, imbottita di psicofarmaci, che la rendono un automa.

«Una storia dolorosa e assurda, che ha due vittime innocenti» sottolineano i legali dello Studio Miraglia, che hanno difeso l’uomo. «Da una parte c’è un uomo che per tre lunghi anni ha subito l’onta dell’accusa di aver abusato della figlia: accuse del tutto infondate. Però ha trascorso tre anni di stress e preoccupazione, durante i quali si è isolato da tutti per la vergogna di un’accusa infamante e ha smesso di lavorare. Dall’altro c’è la figlia, una ragazza oggi ventenne, che i Servizi sociali hanno allontanato dalla famiglia, ma che le istituzioni non hanno saputo aiutare: è stata spostata di comunità in comunità, ha subito diversi trattamenti sanitari obbligatori e ora, a quanto è stato riferito ai genitori, è talmente imbottita di psicofarmaci da risultare irriconoscibile. Loro non l’hanno più vista: gli è sempre stato detto che era lei a non volerli vedere. E adesso che è maggiorenne, è uscita dal circuito della tutela minorile e il suo destino non interessa più a nessuno. È parcheggiata in un limbo burocratico, senza che qualcuno si prenda a cuore le sue sorti. Imbottita di psicofarmaci per farla rimanere tranquilla in attesa che qualcuno decida il suo destino. Chi risarcirà queste persone, questa famiglia, per le ingiustizie subite?».

La storia è inverosimile, ma nessuno ha provato a dimostrarne l’evidente infondatezza.

Tutto comincia nel 2018, quando uno degli insegnanti della ragazzina, allora diciassettenne, rivela alla preside che la giovane gli ha confidato di essere vittima di abusi da parte del padre. Scatta quindi la segnalazione alle autorità e il Tribunale per i minorenni di Milano ne dispone l’allontanamento da casa: l’uomo intanto viene indagato e imputato e sarà costretto a difendersi dalla terribile accusa, nonostante i racconti della figlia paiano decisamente improbabili e quindi falsi: la giovane sarebbe stata prelevata dal padre dal proprio letto, che divideva con la madre, mentre dormiva, e sarebbe stata portata sul divano per essere poi riportata a letto, senza che né lei né nessuno dei familiari presenti in casa si svegliassero  e notassero qualcosa. La giovane riferirà di aver vissuto tutto come un sogno. Pur in assenza di prove di abusi fisici, il padre invece di venire immediatamente scagionato, è stato rinviato a giudizio.

«Ci sono voluti tre anni perché la verità finalmente venisse portata alla luce e le accuse cadessero» proseguono i legali dello Studio Miraglia, «tant’è che al processo è stato scagionato e prosciolto dalle accuse. Ma a parte il dolore, la preoccupazione, lo stravolgimento della vita che quest’uomo e la sua famiglia hanno subito, il destino cui è andata incontro la ragazza è stato altrettanto terribile: sballottata da una struttura ad un’altra fino alla maggiore età, quando ormai le istituzioni non sono più obbligate ad occuparsene». Ma i solerti assistenti sociali che hanno attivato tutta la procedura per allontanarla e metterla in sicurezza da un presunto padre orco, alla fine non si sono preoccupati minimamente della sua sorte, della sua salute. Questa ragazza era palesemente disturbata e andava curata, non allontanata dalla famiglia e poi dimenticata da tutti.

«Mai essere superficiali quando si tratta di tutela dei minori» proseguono gli avvocati, «però i provvedimenti devono essere motivati e supportati da prove certe. In questo caso la superficialità con cui hanno agito gli assistenti sociali e non solo ha cagionato solo dolore e causato problemi ben maggiori: che abbiano agito per leggerezza o in malafede, sta di fatto che sarebbe il caso che o si formassero e informassero adeguatamente oppure che cambiassero lavoro».

Servizi sociali, affidi e genitorialità: qualcosa da chiarire» Un vademecum scritto dall’avvocato Francesco Miraglia, con l’associazione Peribimbi.it

Un opuscolo che si prefigge lo scopo di aiutare le famiglie e in particolare i genitori  a conoscere l’attuale, seppur imperfetto, ordinamento giuridico in materia di affidi, per  renderli maggiormente responsabili ed efficaci nella difesa del loro ruolo e nella protezione dei propri figli da potenziali abusi d’ufficio. Nasce con questo intento l’opuscolo «Servizi sociali, affidi e genitorialità: qualcosa da chiarire», scritto dall’avvocato Francesco Miraglia, con il contributo dell’avv. Katia Cristofori,  dell’Avv. Carmen Pino e dell’Avv. Marina Poppi e in collaborazione con la onlus Peribimbi.it, associazione di volontariato nata a Vignola (Modena) nel 2010, da allora impegnata nella difesa dei diritti dei bambini.

«I bambini sono in una posizione di svantaggio anagrafico rispetto all’adulto» spiega l’avvocato Miraglia «con apparente e minore abilità di tutelare il proprio campo d’azione e le proprie libertà. Ho imparato, a mie spese, che essere liberi, indipendenti e senza compromessi ha un prezzo da pagare, ma ne vale la pena. Non dobbiamo avere paura di essere liberi».

L’opuscolo illustra una panoramica degli articoli del Codice civile e del Codice penale che si occupano della tutela dei minori, insieme alle modalità e alle situazioni nei quali i Servizi sociali e il Tribunale intervengono in favore dei bambini.

Per rendere maggiormente comprensibile la materia giuridica, l’opuscolo è corredato da un glossario e dall’illustrazione di alcuni casi emblematici, di cui si è occupato lo stesso avvocato Miraglia.

« Ringrazio l’associazione Peribimbi.it, per aver collaborato alla stesura di questo opuscolo: esiste un solo bene, la conoscenza, e solo un male, l’ignoranza. Conoscere i propri diritti consente ad ognuno di sapersi difendere dalle ingiustizie: il diritto alla difesa è inviolabile, costituendo il fulcro di ogni sistema democratico».

 

Sono senza lavoro, invece di aiutarli gli tolgono i figli

Ennesimo, immotivato “atto di forza” commesso dai Servizi sociali di Verona

VERONA (16 Marzo 2020). Il Servizio sociale di Verona e il Tribunale dei minorenni di Venezia hanno già dato prova in passato di assumere decisioni alquanto dure nei confronti dei genitori in difficoltà economica e di togliere loro i figli con estrema immotivata facilità, invece di operare per garantire un supporto famigliare che consenta ai bambini di vivere serenamente in casa con la propria mamma e il proprio papà.
Da due anni due bambini di 10 e 6 anni vivono lontani dai genitori, che lavorano solo saltuariamente. Questo pare già un’aggravante per il Tribunale dei minorenni di Venezia, cui si aggiunge un’altra “colpa”: la madre avrebbe comunicato più volte alla scuola e alle assistenti sociali, cui si era rivolta per un aiuto economico, che il figlioletto fosse vittima di bullismo, anche grave (un compagno, bloccatolo a terra, lo aveva costretto a leccare il pavimento del bagno). Episodi minimizzati e negati da tutti, tanto che, di fatto, i genitori e il bambino erano stati messi in cattiva luce e il piccolo era stato isolato dai compagni di classe, dentro e fuori dalla scuola. Successivamente il tribunale, anziché far attivare azioni di sostegno a questa coppia, ha finito con il toglierle i figli, affidandoli a una struttura, dove hanno sospeso la lunga e continuata terapia di cui aveva necessità il bambino, con gravi ripercussioni sulla sua salute. «Gravissimo atteggiamento negligente dei Servizi sociali e della Casa famiglia» sottolinea l’avvocato Francesco Miraglia, «che si aggiunge al fatto che i bambini siano stati allontanati da casa, senza tenere conto che attorno a loro c’è tutta una rete familiare amorevole, fatta di nonni e zii, in grado di occuparsi di loro. Un interesse sincero, testimoniato da una lettera che la nonna paterna ha scritto al ministro della Famiglia e disabilità, nella quale afferma che i genitori in difficoltà non debbano essere puniti, bensì aiutati». Le assistenti sociali non hanno certo messo in atto tutte le azioni necessarie e opportune per assicurare il benessere psicofisico dei minori. I quali ad ogni telefonata chiedono ai genitori di tornare a casa, perché non si trovano bene, sono infelici: la più piccola non è più allegra e spensierata come prima.
I genitori hanno presentato quindi, attraverso l’avvocato Miraglia, un’istanza urgente al tribunale dei minorenni di Venezia.

Sistema Bibbiano anche nel Torinese?

L’avvocato Miraglia segnala alla Procura tre affidamenti che risulterebbero vere e proprie “adozioni mascherate”
TORINO. (31 ottobre 2019). Siccome tre indizi fanno una prova, come si suol dire, è molto probabile che anche nel Torinese sia in atto da tempo un sistema sul modello di Bibbiano, in cui i bambini vengono allontanati dai genitori con dei pretesti futili e affidati a persone che fanno parte sempre della medesima cerchia di operatori sociali. Con lo strano comportamento proprio di questi genitori affidatari volontari, che chiederebbero personalmente al giudice del Tribunale dei minori, pagando gli avvocati di tasca propria, di non far rientrare i bambini in seno alle loro famiglie, in quanto i genitori risultano inaffidabili e i bambini avrebbero  persino paura di incontrarli: che interesse hanno per attivarsi così in prima persona? Un sistema dove il deus ex machina sarebbe un’unica persona, che ricoprirebbe – neanche fosse una e trina – a volte il ruolo di Giudice Onorario del Tribunale dei Minorenni e della Corte d’Appello, altre quello di assistente sociale, altre ancora di referente del Cismai – Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia – e membro dell’equipe formativa di una cooperativa che si occupa di interventi socio assistenziali e socio educativi. Con un gravissimo conflitto, di interesse che pregiudicherebbe la serenità e l’obiettività delle decisioni assunte in merito ai provvedimenti di allontanamento di questi bambini. «Sembrano adozioni mascherate bell’e buone» dichiara l’avvocato Francesco Miraglia, che sta seguendo le vicende in tutto analoghe di ben tre famiglie diverse, finite nel gorgo di questi affidamenti per delle conflittualità sorte tra i coniugi in sede di separazione, senza che si siano mai riscontrati segni di abusi, maltrattamenti, violenze o incuria verso i figli.  «I bambini sono stati allontanati dai genitori in conflitto tra loro per cause di separazione, che non pregiudicavano il loro benessere: ma anziché avviare un percorso di accompagnamento familiare, questi bambini sono stati allontanati da casa e affidati a operatori, addirittura dividendo e separando i fratelli tra loro, come a volerli isolare, riprogrammare, cancellando loro la memoria della famiglia di origine, spezzando i legami persino con i fratelli. In modo quasi che abbiano l’operatore cui sono affidati come unico ed esclusivo punto di riferimento al quale, giocoforza, i bambini prima o poi si affezionano. In tempi non sospetti ci siamo rivolti all’assessore, senza ottenere risposta: ma com’è possibile che tanti casi siano tutti uguali, con le medesime dinamiche? E già tre anni orsono, nel Marzo 2016, la consigliera comunale del M5S, Giuseppina Codognotto, segnalò un giudice onorario del Tribunale dei Minorenni di Torino al Consiglio superiore della magistratura, a causa di presunte incompatibilità di carica e conflitto di interesse con la Corte di Appello. Ho presentato quindi nei giorni scorsi un esposto alla Procura, affinché faccia chiarezza sulle vicende e sui rapporti tra i protagonisti. Qui di sicuro non si fa il bene di questi bambini».

Denuncia il compagno, i servizi sociali le tolgono i figli

Invece di ricoverarle tutte in un centro antiviolenza, sono state separate e mandate in un’altra città
REGGIO EMILIA (26 marzo 2019). Ha subito ripetute violenze dal suo compagno, senza dire nulla, per paura. Violenze cui le sue figlie in alcuni casi hanno assistito. Sono stati i vicini a segnalare gli episodi, ma i Servizi sociali invece di farsi carico di questa donna e delle sue bambine, hanno abbandonato lei al suo destino, allontanando da casa le sue figlie, che sono state ospitate prima presso una amorevole famiglia nella stessa città in cui abitavano, Reggio Emilia, e poi, senza motivazione, spostate in una comunità educativa a Cesena. Adesso che è trascorso un anno e che la donna si è rimessa in piedi, sempre gli stessi Servizi sociali, oltre a voler spostare nuovamente le bambine in una nuova comunità, non intendono riunirle a lei, in quanto ancora troppo “fragile” per quello che ha subito.
«Tornare alla sua vita di sempre, con le due figlie, potrebbe aiutare questa donna a ritrovare serenità e a superare il trauma» commenta il suo avvocato, Francesco Miraglia, cui si è rivolta per cercare di ricongiungersi alle sue bambine. «Invece di ricevere aiuto, si trova colpevolizzata, ma soprattutto a rimetterci sono state le sue due figliole, punite senza aver commesso nulla».
A parte il trauma della separazione forzata dalla madre, queste piccole sono state strappate dalla loro vita di sempre: essendo state spostate a Cesena, non hanno più potuto frequentare la loro scuola né le loro amicizie. Nemmeno la nonna.
«Nella comunità inoltre non si trovano bene» prosegue l’avvocato Miraglia, «ma nessun le ascolta. Una di loro ha più volte raccontato di essere stata picchiata da un ragazzino più grande, ma nessuno le ha prestato ascolto. L’altra è dimagrita a livelli preoccupanti. Che male hanno fatto queste piccole per soffrire cosi? Che ha fatto di male la madre, che oltre ad essere vittima di violenza, sembra essere stata punita per questo, come se l’essere vittima di un uomo brutale faccia di lei una cattiva madre. Mi domando se il Comune di Reggio Emilia sia a conoscenza di questa separazione forzata e di questo altrettanto forzato, quanto immotivato, alloggiamento in comunità a spese del bilancio comunale. Ma soprattutto qualcuno si  è chiesto  perché le bambine siano state spostate in una comunità educativa, in una città diversa? Perché adesso annunciare la volontà di spostarle ancora? Che c’è dietro a provvedimenti così insensati e non necessari? Allontanare le ragazzine dalla loro madre è stata un’azione sproporzionata alla situazione  e immotivata, non essendoci nessun pericolo per le bambine né situazioni di abbandono o incuria da parte della mamma, che si è sempre ben occupata di loro».

Bari: coppia minacciata dai servizi sociali

Potranno riavere finalmente il loro bimbo
BARI (20 luglio 2018). Non è mai stato con la sua mamma e il suo papà, perché il Tribunale dei minorenni di Bari lo ha sottratto ai genitori quando aveva appena quindici giorni di vita. E’ vissuto in comunità e con una famiglia affidataria, ma adesso finalmente un bimbo di 4 anni potrà vivere con i suoi genitori. Questo nonostante la famiglia avesse avuto contro gli stessi Servizi sociali che dovevano invece sostenerla. Anzi, gli operatori sociali avevano persino intimato alla coppia di cambiare avvocato e di sceglierne uno di concerto con loro. Questo perché il legale, l’avvocato Francesco Miraglia, aveva denunciato alcune irregolarità e pregiudizi commessi da alcuni operatori sociali baresi nella gestione di questa vicenda. Altrimenti – avevano detto ai genitori – se non avessero cambiato avvocato, il giudice, che faceva quanto loro suggerivano, non avrebbe fatto più rivedere e riavere il loro piccino. Affermazioni gravissime. «Alla fine abbiamo ottenuto una perizia imparziale» commenta l’avvocato Miraglia, «che ha dimostrato come i genitori di questo bambino siano ormai in grado di prendersi cura di lui, con responsabilità e affetto. Sulla base di questa perizia il tribunale ha stabilito che il bambino possa finalmente abitare con i suoi genitori, che finora ha visto solo in maniera saltuaria. Certo, i genitori dovranno seguire un percorso, ma questo – ha stabilito sempre il tribunale – non dovrà essere invasivo o punitivo, ma di accompagnamento e sostegno. Nulla a che vedere con le vergognose minacce e intimidazioni ricevute dagli operatori sociali. Il tribunale dei minorenni di Bari ha operato sulla base di prove certe e valutazioni verificate, senza lasciarsi influenzare dalle opinioni e dagli umori di qualche operatore. E le prove hanno dimostrato senza alcun dubbio che i miei assistiti, questi due genitori, erano adatti ad occuparsi del loro figlio e hanno atteso fin troppi anni per poter essere una famiglia».
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Bari: coppia minacciata dai servizi sociali. “O scegliete “un nostro” avvocato o il bimbo non lo rivedrete più”

BARI. Colpevoli di avere un avvocato talmente “rompiscatole” da aver denunciato alcune irregolarità e pregiudizi commessi da alcuni operatori dei Servizi sociali che operano in provincia di Bari verso una coppia, da cui è stato temporaneamente allontanato il figlioletto. Segnalazioni che non sono state ben accettate dagli operatori sociali, che hanno infatti intimato alla coppia di cambiare avvocato e di sceglierne uno di concerto con loro. Altrimenti? “Siccome il giudice fa come diciamo noi, il bambino rischiate di non vederlo più” è stata la risposta dell’educatore che si occupa del piccolo.
 
«Un fatto gravissimo e inaudito» commenta l’avvocato Francesco Miraglia, legale della coppia. «Oltre a costituire una vera e propria minaccia, le parole dell’educatore lascerebbero intendere che giudici, avvocati e assistenti sociali operino di comune accordo, in una sorta di “collusione” non sempre a favore del benessere dei bambini allontanati da casa, si potrebbe pure pensare. Chi garantisce infatti che le decisioni assunte siano prive di pregiudizi? Nella vicenda che riguarda i miei assistiti, di pregiudizi, purtroppo, ne abbiamo riscontrati, e anche gravi. Come viene pure da pensare: se qualcuno non ha un avvocato “compiacente” o se non ha il coraggio o la forza di opporsi, rischia di accettare, suo malgrado, una sentenza ingiusta, che nel caso del Tribunale dei minori si traduce nell’allontanamento dei propri figli».
 
La coppia in questione da due anni è seguita dai Servizi sociali, che si occupano del piccolo e che periodicamente lo riaccompagnano in famiglia, senza mai, però, che si concretizzi un rientro definitivo, sempre rinviato. Ma la cosa più grave è che in sede di udienza in tribunale, gli assistenti sociali hanno riferito che la coppia non sarebbe in grado di occuparsi del bambino non avendo neppure una balaustra a protezione del terrazzo. La balaustra esiste eccome, come dimostrato dalla coppia. «Una inesattezza che, se mai smentita, in qualunque giudice avrebbe potuto instillare il dubbio che questi genitori non siano idonei ad occuparsi del figlioletto» prosegue l’avvocato Miraglia. «Ho preteso una rettifica, che infatti è arrivata, sebbene i Servizi sociali non ritengano che “tale inesattezza possa aver alterato il contenuto dell’atto stesso”. Per noi invece è gravissimo, perché insinua il dubbio che la casa non possa essere sicura e l’atteggiamento dei genitori non sia idoneo Ma ben più grave è stato il comportamento seguito a questa mia richiesta: uno degli educatori ha chiesto alla coppia di ricusarmi e anzi di denunciarmi pure, per scegliere poi un nuovo avvocato insieme ai Servizi sociali stessi. In caso contrario, siccome il giudice fa come dicono gli assistenti sociali, rischiavano di non vedere più il figlio. Tutto documentato. Trattandosi di affermazioni gravi, che gettano ombre sull’operato delle istituzioni pubbliche, degli avvocati e anche del tribunale stesso, abbiamo quindi richiesto un’udienza urgente e che sia poi il giudice stesso, accertati i fatti, ad inviare la documentazione in Procura per avviare delle indagini. Invitiamo inoltre il sindaco della località in cui vive la famiglia, che ben conosce la situazione, ad accertare l’operato dei suoi Servizi sociali».

Riconosce una figlia avuta con una donna romena, il Tribunale per i minori gliela toglie.

Sentenza annullata dalla Corte d’Appello: il Tribunale dei Minori non aveva nemmeno titolo per intervenire
  
MODENA. Una bimba allontanata da casa senza motivo. Una coppia di genitori che ha vissuto due anni di angosce perché il Tribunale dei Minori voleva sottrarle la piccina che vive con loro, senza che vi fosse un maltrattamento, uno stato di indigenza, una qualunque forma di abuso o sofferenza. Soltanto perché la piccola è stata riconosciuta dall’uomo, italiano, in seguito a una relazione avuta in Romania con una donna che non è sua moglie.
L’ha cresciuta per sei anni credendola sua, scoprendo di non essere in realtà il padre naturale solo nel momento in cui il Tribunale dei Minori, all’interno del pretestuoso provvedimento di allontanamento della piccola da casa richiesto dai Servizi sociali, ha chiesto l’esecuzione del test di paternità. L’uomo però non vuole abbandonare la piccina, cresciuta con lui e con la moglie come se fosse figlia loro, tanto che la moglie stessa ne ha richiesto l’adozione.
Il fatto più inconcepibile è che questa vicenda il Tribunale dei Minori non avrebbe nemmeno dovuto trattarla, in quanto di competenza del Tribunale Ordinario. Il provvedimento, infatti, è stato annullato dalla Corte di Appello di Bologna. Se il Tribunale dei Minori non avesse mai avviato il procedimento, questa famiglia si sarebbe risparmiata le sofferenze e il continuo stato d’ansia e di tensione per la paura di vedersi strappare la bambina, scioltosi solo al momento dell’annullamento della sentenza.
«Ecco l’ennesimo caso in cui i Servizi sociali intervengono per ideologia, non per reale necessità o tutela del minore e della sua famiglia» dichiara l’avvocato Miraglia del Foro di Modena, legale della coppia che ha cresciuto la piccola. «Mi auguro che almeno chi di dovere chieda quanto meno scusa alla bambina e alla sua famiglia. Per quanto riguarda il Tribunale dei Minori risulta incredibile come dei giudici possano non conoscere le norme, visto che hanno giudicato su materia che appartiene di competenza al Tribunale Ordinario, disponendo addirittura l’allontanamento della bambina.
Spero che il nuovo Presidente, che ha già dimostrato sensibilità e competenza diversa rispetto alla precedente gestione, prenda posizione di fronte ad uno sbaglio così grossolano da parte dei suoi sottoposti».

La vicenda, alquanto ingarbugliata, è un intreccio di affetti sinceri e fredda burocrazia. Inizia con un uomo e la relazione che questo intesse con una donna romena, la quale a un certo punto gli comunica di aspettare una figlia da lui. L’uomo non ci pensa nemmeno a porsi dei dubbi sulla reale paternità della piccina e, quando nasce, la riconosce immediatamente come figlia sua. Visto che la madre non intende occuparsene, la porta con sé in Italia e la cresce con sua moglie proprio come se fosse figlia loro.
Per regolarizzare la posizione della famiglia, la moglie chiede quindi di poterla adottare per diventarne madre a tutti gli effetti, mettendo in moto però una disastrosa reazione a catena, che vede infine i Servizi Sociali chiedere l’allontanamento della piccola e segnalare la vicenda alla Procura e alla Procura dei Minori. Che ci fa questa bimba in casa loro? Da dove l’hanno presa? sono i dubbi che sorgono alle assistenti sociali, sulla base dei quali presentano la segnalazione. Il Tribunale dei Minori prende in esame la questione e acconsente alla richiesta di allontanamento della piccola, disponendo il provvedimento e stabilendo che venga affidata altrove. Stabilisce inoltre che l’uomo si sottoponga al test di paternità. Che a sorpresa dimostra, in realtà, come lui non sia il padre biologico della bimba, ma solo quello legale, in quanto il Tribunale romeno ha accettato nel frattempo il suo riconoscimento di paternità.
«Abbiamo immediatamente presentato ricorso» prosegue l’avvocato Miraglia «e la Corte d’Appello di Bologna ha accolto la nostra tesi difensiva, revocando il provvedimento di allontanamento e riconoscendo pure la non competenza in materia del Tribunale dei Minori. La piccola ora può continuare a vivere serena con quelli che fin dalla nascita ha considerato i suoi genitori, ma mi auguro sinceramente che qualcuno chieda scusa a questa famiglia per i quasi due anni di angoscia che il provvedimento di allontanamento ha fatto vivere loro».
La redazione

Bimba in affido, la madre la rivuole: "Negato diritto, che non si tratti di un'adozione mascherata"


Da 6 anni non vive più con la figlia, affidata ad un’altra famiglia. Ora ha un lavoro e stabilità e vorrebbe riavere con sè la piccola. Ma, denuncia il legale della donna: ‘I Servizi sociali lo vietano, pur non sussistendo in lei problemi per cui non possa tornare con sua figlia”

Redazione21 Marzo 2014

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Da quasi sei anni non può vivere con la figlia, che i Servizi sociali avrebbero affidato a un’altra famiglia. Ma in tutto questo tempo, oltre agli “sporadici incontri con la piccola” che a luglio compirà 12 anni, alla giovane madre “non è mai stato proposto un programma che portasse a una corretta e sana ricomposizione del rapporto con la bambina. E le viene negato, in maniera arbitraria da parte dei Servizi sociali comunali, il diritto di riaverla con sé, pur non sussistendo in lei, come dichiarato da psicologi e psicoterapeuti, problemi per cui non possa tornare con sua figlia”.
Questo il dramma che sta vivendo una giovane madre di trentun anni, che vive a Bologna e che si è vista portar via la figlia nel 2007, denuncia il legale che segue la donna, l’avvocato Miraglia di Modena.
Allora la 31enne aveva una situazione difficile, lavori precari e nessun aiuto dal padre della bambina. Con la figlia avevano vissuto per tre anni in alloggi temporanei trovati loro del Comune, ma poi, allo scadere di questa condizione di provvisorietà, le sarebbe stato proposto di lasciare temporaneamente la bambina a un’altra famiglia, in attesa di trovare una sistemazione definitiva e più consona. “Nessuno le aveva mai detto, però, che non era una brava madre – puntualizzano dallo studio legale – e che il motivo dell’allontanamento dalla piccola dipendesse da difficoltà di rapporto tra loro. Questo però lo ha scoperto quando ha cercato di riavere la figlia con sé: le assistenti sociali hanno riferito che i rapporti con la figlia sono freddi e che non è adeguata a far da genitore. Il Tribunale stesso ne ha fatto decadere la potestà genitoriale, sebbene non abbia dichiarato la bambina adottabile”.
«Di fatto questa bambina da sei anni vive con la famiglia affidataria» spiega l’avvocato Miraglia, «frequenta la scuola e le attività extrascolastiche ed è inserita in un contesto che ovviamente non vorrebbe lasciare. Ma questo è successo perché le assistenti sociali del Comune di Bologna finora non hanno mai provveduto a un programma di ricostituzione del legame madre e figlia». Gli incontri sarebbero sempre stati brevi e alla presenza di un educatore, per cui mai rilassati e spontanei. Da qui, ipotizza il legale, naturale immaginare che si sia venuta a creare una sorta di freddezza tra le due.
Nonostante le difficoltà del passato, la  signora adesso ha un lavoro e una relazione affettiva stabile e vorrebbe poter tornare a vivere con la figlia «ed è giusto e naturale – prosegue l’avvocato Miraglia – che i bambini stiano con la famiglia d’origine, qualora non esistano problematiche che minino la sicurezza del minore. I Servizi sociali sembra invece che non si siano adoperati per il reinserimento della bambina all’interno della famiglia d’origine, ma che abbiamo trasformato questo affidamento temporaneo e urgente in un’adozione mascherata”.
E’ proprio in virtù di questo, che la donna, attraverso al proprio legale, chiede al Tribunale di riprendere in esame l’intera vicenda. “Informerò il Garante dell’Infanzia e l’assessore ai Servizi sociali regionale – annuncia Miraglia – affinché facciano luce sull’operato delle istituzioni bolognesi, ancora più incredibile è che tutto ciò accada sotto la totale indifferenza del Tribunale e della Procura minorenne”.

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Servizi sociali nei guai: incontri sospesi tra il bambino e il padre rinviato a giudizio per abusi sessuali.

download (1)L’uomo ora è stato rinviato a giudizio. La prossima udienza fissata per il 12 marzo 2014

 

Un bambino padovano era stato costretto dai Servizi sociali a incontrare il padre dopo che lo aveva abusato. Ora il giudice dell’udienza preliminare, il dott. Gambardella, durante l’udienza preliminare dello scorso 24 ottobre ha deciso di rinviarlo a giudizio con l’accusa di abusi sessuali fissando per il 12 marzo 2014, la data della prossima udienza. La situazione si complica anche per l’assistente sociale e la psicologa dei servizi sociali del Consultorio di Piazzola sul Brenta (Padova) che hanno “costretto” il bambino ad incontrare il padre nonostante la citata accusa di abusi sessuali.
Ancora più grave è l’atteggiamento del servizio referente nei confronti della madre del bambino che protestava per l’assurda decisone di forzare il figlio ad incontrare il padre: ho ci aiuta a convincere il bambino ad incontrare il padre o altrimenti siamo costretti a collocare il bambino in struttura|
Ancora più assurdo, è  che tutto ciò è avvenuto sotto la  completa indifferenza del  Tribunale per i Minori di Venezia.
Finalmente dopo l’ennesima protesta e avvertimento di denuncia, dell’avv. Francesco Miraglia  legale del madre e del bambino il servizio sociale in persona del suo rappresentate ha comunicato l’interruzione dell’incontri padre e figlio, ma non solo in data 31 ottobre il TM di Venezia, finalmente emetteva un decreto ove chiedeva tutta la documentazione inerente il rinvio a giudizio del padre, forse si sono resi contro che insistere nell’incontri è una decisione quanto meno discutibile.  
 “Finalmente qualcuno sembra essersi accorto della gravità della situazione, – afferma l’avvocato Francesco Miraglia del foro di Modena legale della madre del minorenne – mi sembra inverosimile che un servizio pubblico, quale quello sociale contribuisca a far del male ad un bambino che già di per sta vivendo un grosso disagio, ancora di più è la superficialità e il pressapochismo  del Tribunale per i minorenni che fino ad adesso è rimasto completamente sordo  ad una siffatta vicenda.
A questo punto ci auspichiamo che il servizio sociale che fino ad oggi si è occupato del caso venga rimosso in toto è  che il Tribunale per i minorenni svolga effettivamente il suo compito di tutela e non semplicemente di ratificare di quanto sostiene l’assistente sociale,  la psicologa o la consulente d’ufficio di turno. Mi preme inoltre, informare l’opinione pubblica della risposta del Pubblico Tutore dei Minori della Regione Veneto a cui si era rivolta la madre per denunciare il grave disagio del figlio nell’incontrare il padre:Si suggerisce nelle more delle indagini in corso di accompagnare fiduciosamente il piccolo Marco (nome di fantasia) nel percorso di avvicinamento al padre come disposto del Tribunale per i Minori attraverso il sostegno degli operatori socio-sanitario dello stesso incaricato.
A tal proposito ogni mio commento è superfluo  sulla funzione e utilità di un Pubblico Tutore dei Minori.