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Bimba violentata in una comunità in provincia di Roma: il Giudice prende tempo

Intanto in comunità viene isolata e additata come “infame” per aver causato l’allontanamento del violentatore. (ROMA, 15 Settembre 2021). «Temiamo per la sua sicurezza: il giudice la tiri fuori da lì»: l’avvocato Miraglia, facendosi portavoce della madre della dodicenne violentata in una comunità romana, non usa mezzi termini e invita il Tribunale per i minorenni di Roma ad intervenire tempestivamente. Il giudice, invece, pare non nutrire la medesima preoccupazione: ha infatti convocato l’udienza per fare chiarezza sulla vicenda tra ben due mesi, il prossimo 10 novembre.
Nel frattempo la dodicenne, che ha avuto ripetuti rapporti con un quindicenne, ospite anch’egli della medesima comunità, si trova in un concreto stato di pericolo: mentre il giovane è stato allontanato, lei è rimasta nella struttura, dove è additata come “infame” e “spia”, e viene isolata dalle altre compagne.
«E’ in pericolo» prosegue l’avvocato Miraglia, «sia perché in comunità a quanto pare, non esiste il controllo stretto e può accadere che un quindicenne abusi ripetutamente di una bambina di 12 anni, ma anche perché, emersa la storia, il ragazzo è stato allontanato e le compagne della ragazzina la accusano di questo: l’hanno isolata trattandola da spia».

Ma perché il gruppo di amichetti oggi la disapprova perchè ha fatto venire alla luce questo fatto?

Perché, secondo le altre ragazzine, la piccola avrebbe dovuto tacere?

Come mai il gruppo ritiene che questa cosa dovesse rimanere nascosta?

“In genere gli omertosi colludono con il “reato” essendone complici, informati o attori” sostiene Il Consulente Tecnico della madre, Prof.ssa Vincenza Palmieri, presidente dell’Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare, che segue con attenzione la vicenda e commenta:” Cosa altro potrebbe essere tenuto nascosto oltre all’abuso della piccola?

Se per le amichette, questo non si doveva sapere e si schierano con il quindicenne, è facile temere che per il gruppo delle bambine sia un fatto normale fare sesso in quel contesto e che questo debba rimanere nascosto. Ed è anche vero che se le indagini non sono più che celeri, le dinamiche interne, come in ogni Istituzione Totale, saranno così resettate che ogni verifica sarà prima passata attraverso una riprogrammazione, mediazione, condizionamento del gruppo, sia dei pari che degli adulti. Rendendo irrintracciabile la verità!”

Cosa succede quindi in quella comunità e perché il giudice, appresa la grave vicenda, temporeggia tanto? Perché nonostante le ripetute denunce nessuno interviene e l’unica ad essere punita è la madre, tenuta lontana dai figli? Mentre il padre pubblica su Facebook le foto recenti fatte con la bambina ed il fratellino, esponendoli a morbose curiosità?

La ragazzina viene lasciata chiaramente in una situazione di pericolo. Ci domandiamo come mai la tutrice, invece di preoccuparsi di mettere al sicuro la ragazzina che il tribunale le ha affidato, minimizza la vicenda poiché la bambina sarebbe stata “consenziente”.
«Eravamo già preoccupati e fin dal maggio del 2020 contestavamo la collocazione dei due fratelli in questa comunità» conclude l’avvocato Miraglia, «quando depositammo in tribunale prove corpose della fatiscenza della struttura, del cibo avariato, della sporcizia, dei bagni inadeguati. Qualcuno all’epoca era intervenuto? Perché in caso contrario qualcuno dovrà rispondere anche di questo. L’unico provvedimento certo è che da allora alla madre sono stati sospesi gli incontri con i figli».
Oltre ad intervenire tempestivamente, andrebbero indagati i rapporti che intercorrono tra tribunale, tutrice e operatori della comunità.