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Un raggio di speranza per il bambino che sorrideva sempre

Ci sono sviluppi sulla vicenda della famiglia di Predazzo a cui più di un anno fa è stato sottratto il figlio, quando aveva solo 2 anni, dal Tribunale dei Minori di Trento, affidandolo a una comunità e in seguito a una famiglia, perché secondo lo psicologo, poi denunciato, la madre “poteva avere delle ricadute (per problemi di più di venti anni fa) e non perché al bambino sia mai successo di subire comportamenti violenti”, come si legge in questo articolo.
Ieri, infatti, i genitori del bambino sono stati ricevuti dall’Assessore Alberto Casal, competente per i Servizi Socio-Sanitari Assistenziali della Comunità di Valle, insieme all’avvocato Francesco Miraglia e al responsabile per l’area dei minori del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, Paolo Roat.
Come raccontato dalla stessa madre «l’incontro ci lascia ben sperare poiché l’Assessore è stato molto disponibile per quanto riguarda il cambio del Servizio Sociale di competenza da noi richiesto ed ha promesso che assumerà anche tutte le informazione sulla procedura da adottare per l’effettuazione di questo passaggio presso altri Enti che hanno già seguito questa strada. Siamo certi che l’Assessore ci aiuterà e gliene siamo grati».
C’è stato anche l’incontro con l’assistente sociale e le figure professionali coinvolti nella gestione dell’affidamento familiare del figlio della coppia.
Sempre la madre racconta che «purtroppo, in questo senso, la situazione è bloccata ed ho la netta sensazione che si tratti di una rappresaglia del Servizio Sociale nei nostri confronti inaspritasi dopo le azioni che siamo stati costretti ad intraprendere al fine di ottenere giustizia.
Purtroppo l’Assistente continua a definire “polemiche” le mie richieste di chiarimenti – continua la donna – che da oltre un anno non ottengono risposta, ed è mia opinione che anche nell’incontro di ieri si sia data da fare di più a divulgare la mia presunta polemicità ai presenti che non a concentrarsi su quello che è meglio per il bambino».  La donna, infatti, dal 26 maggio scorso raccoglie firme a Cavalese, nei pressi della sede della Comunità della Valle per avere un sostegno popolare alla richiesta di cambiare il Servizio Sociale a cui potersi riferire nell’ambito della sua vicenda. «Difatti – prosegue la madre – nemmeno un piccolo passo è stato fatto nella direzione di progredire nel concederci un minimo in più di tempo e di spazio con nostro figlio nonostante la nostra ineccepibile collaborazione con tutti i servizi coinvolti, da loro medesimi riconosciuta
Più che dell’ingiustizia che stiamo subendo siamo però preoccupati per la sofferenza di nostro figlio, la vera vittima di questa situazione, che se solo ci fosse un minimo di disponibilità da parte del Servizio Sociale, sarebbe paradossalmente sbloccata in pochi minuti di accertamento di fatti reali, cosa che sempre ci è stata rifiutata». Ma la donna non si perde d’animo: «è proprio per questo che confidiamo tanto nell’operato dell’Assessore. Tutto quello che vogliamo è il bene di nostro figlio e allo stato attuale l’unica via per ottenere ciò è avvalerci di un Servizio Sociale imparziale e competente che ci segua nel rispetto di tutte le leggi, le buone prassi e le indicazioni dei professionisti, ma soprattutto nel rispetto della verità». Sull’incontro ha detto la sua anche Paolo Roat, del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani: «I segnali di apertura dell’Assessore che finalmente sembra aver deciso di vederci chiaro e di risolvere la faccenda sono molto incoraggianti. A nostro avviso la vicenda presenta molte irregolarità, a cominciare dalla perizia dello psicologo, anche in considerazione della recentissima interrogazione del Consigliere Provinciale Bezzi sul possibile conflitto di interesse dello psicologo che ha redatto la perizia. Siamo però molto fiduciosi dopo le promesse fatte dall’Assessore che pare aver capito che la vicenda presenta delle ombre. La vicenda è seguita da vicino anche da Adiantum nella persona di Gabriella Maffioletti». Inoltre, anche l’avvocato della coppia, Francesco Miraglia, si augura che l’Assessore abbia ben compreso che la mancanza di fiducia tra utente e operatore è fondamentale in vicende così complesse: «è fuori di dubbio – ha affermato il legale – che tra i miei assistiti e l’assistente sociale il rapporto è logorato viste le varie valutazioni puramente personali riportate nelle varie relazioni che di fatto hanno condizionato la decisione del Tribunale di allontanare il bambino dai propri genitori». «Ancor più grave – continua l’avvocato Miraglia – è l’ultima decisione dell’assistente sociale comunicata ai genitori dopo l’incontro con l’Assessore: vista la mancanza di collaborazione da parte vostra gli incontri tra figlio/genitori non verranno aumentati. Mi chiedo è mai possibile che un assistente sociale abbia un potere così ampio di decidere la vita di un bambino e della sua famiglia senza alcun controllo? Penso che sia arrivato il momento di una vera riforma dei servizi affinché valutazioni personali, risentimenti e altro non possano prendere il posto delle competenze e delle conoscenze scientifiche che ogni operatore che si occupi di minori deve avere». La donna, comunque, ha annunciato che continuerà a raccogliere firme, anche se non stazionerà più davanti alla Comunità di Valle, «poiché credo che finalmente si sia deciso di ascoltare il nostro dolore e quello di nostro figlio di soli tre anni che soffre lontano dalla sua famiglia».
Gian Piero Robbi – giampi.robbi@gmail.com Questa email proveniente dal sito (lavocedeltrentino.it)
 
http://lavocedeltrentino.it/index.php/cronaca/news-dal-trentino-2/13980-un-raggio-di-speranza-per-il-bambino-che-sorrideva-sempre
 
 

Finalmente a Trento tanto tuonò che piovve!!

Dopo il servizio delle Iene sul conflitto di interesse tra giudici onorari e strutture per minori e soprattutto dopo l’incredibile risposta o non risposta dei diretti interessati, sento il dovere come avvocato di fiducia dei casi a cui si è fatto riferimento nel servizio, di  informare l’ opinione pubblica.
Già il 3 agosto u.s., mi rivolgevo al Presidente della Struttura Padre Angelo per chiedere spiegazioni sul suo doppio ruolo anche e soprattutto tenendo conto di quanto sostiene la circolare del CSM art. 7 comma 6, 3◦ periodo 26 febbraio 2003, secondo cui il giudice minorile, all’atto della nomina deve impegnarsi a non assumere per tutta la durata dell’incarico, cariche rappresentative di strutture comunitarie ove siano inseriti  i minori dall’Autorità Giudiziaria e, se già riveste tale carica deve rinunciarvi prima di assumere le funzioni.
Tuttavia lo stesso Presidente non si è ancora  sentito in dovere di rispondere.
Ancora più scandalosa però è stata la risposta del dott. Mazza al giornalista delle Iene: “sul doppio ruolo, se è successo, si è trattato di un errore”.
Ma come è possibile accettare una risposta del genere soprattutto da chi in questi anni ha subito il collocamento in casa famiglia.
Come è possibile  che gli amministratori locali non si siano accorti di niente in questi anni nonostante i finanziamenti pubblici elargiti?
Anzi , qualcuno degli amministratori si  è sentito in dovere di intervenire per proporre una difesa d’ufficio alla stessa struttura.
Ancora una volta, purtroppo, dobbiamo constatare che nel nostro Paese che il vero scandalo è che nulla fa scandalo.
Sinceramente quanto raccontato dal servizio delle Iene, mi amareggia moltissimo sia come cittadino sia come avvocato.
Ancora più scandaloso è che tutto ciò accade sulla pelle dei bambini, di genitori e di famiglie che già di per se vivono situazioni disperate.
Mi auspico, a questo punto, che tutte le istituzioni sia politiche che giudiziarie diano delle risposte serie e concrete affinché siffatte situazioni non accadano più.
 
Mi auguro un intervento del Ministero della Giustizia affinché accerti come sia  stato possibile che per anni siano state violate precise direttive del CSM sulle nomine dei giudici onorari.
E’ inammissibile il comportamento di chi aveva il compito istituzionale di evitare  conflitti d’ interesse del genere e non l’ha fatto.
Non vorrei che ancora una volta ci trovassimo di fronte alle tre scimmiette della Garzanti: non vedo, non sento, non parlo.
 
 
Francesco Miraglia

Esclusivo: intervista all’avvocato della madre troppo amorevole

Quattro anni fa, quando aveva 9 anni, il Tribunale dei Minori di Trento aveva sottratto questo bambino alla madre, affidandolo a una comunità.

Un allontanamento drammatico, avvenuto mentre il bambino si trovava scuola, dove le assistenti sociali giunsero insieme ai vigili durante la ricreazione, per portarlo via.

La madre, accorsa con la nonna appena saputo del provvedimento, aveva cercato in ogni modo di impedire che le venisse tolto il figlio. Le si imputava un eccessivo amore verso il bambino, un attaccamento ossessivo tale da non lasciarlo crescere nella sua individualità e, temendo i pericoli, di volerlo tenere lontano da tutto e da tutti, specialmente dal padre, da cui vivevano separati. Ora dopo quattro anni il bambino è tornato finalmente a casa.

L’avvocato della mamma è Francesco Miraglia del foro di Modena insignito del Premio Internazionale Medaglia D’oro “Maison des Artistes 2012” con la seguente motivazione: “Avvocato penalista, giornalista pubblicista ed esperto di diritto Minorile e di Famiglia, si è generosamente schierato in difesa dei più deboli, dei senza ascolto e nelle condizioni socio-economiche più svantaggiate, sfidando apertamente e controcorrente le autorità costituite.“

Recentemente Miraglia ha partecipato al convegno “La Tutela dei Diritti dei Minori” presso l’Hotel Adige di Trento.

Perché ha accettato di rilasciare quest’intervista?

Quando alcuni anni fa sono stato incaricato dalla mamma di assisterla a riportare il figlio a casa, dopo aver letto le carte ho individuato degli aspetti discutibili e poco chiari. Ho mandato una lettera ai servizi sociali per chiedere spiegazioni su questi aspetti, in particolare in merito al progetto stilato dai servizi per sostenere e aiutare per la famiglia.

Per tutta risposta il Presidente del Tribunale per i Minorenni di Trento mi ha denunciato presso l’ordine degli avvocati. Non riuscivo a comprendere il senso di questa segnalazione per il semplice fatto di aver chiesto dei chiarimenti. E per mia fortuna l’ordine è stato del mio stesso avviso ed ha archiviato la segnalazione perché manifestatamente infondata. Ma questo episodio mi ha fatto riflettere.

Che cosa non le quadrava?

Per prima cosa il fatto che il padre non vedesse il bambino da ben due anni. E poi le continue richieste inascoltate del bambino di tornare a casa con manifestazioni anche plateali come il fatto di scrivere su tutti i quaderni di scuola o il fatto di non tagliarsi i capelli.

Ho semplicemente chiesto per capire qual era il progetto alla base della decisione di allontanare il bambino. Che cosa si stesse facendo per riportare il bambino a casa. Ma questa mia semplice richiesta è stata considerata tale da influire sulla serenità degli operatori. Tutto questo mi sembra assurdo.

Come siete riusciti a sbloccare la situazione?

Devo ringraziare le associazioni che si sono mosse per mediare tra la madre e il padre. L’associazione Figli per sempre, il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani e il gruppo multidisciplinare del consigliere Gabriella Maffioletti sono riusciti a far incontrare il padre e la madre per il bene del bambino.

Da lì in poi le cose sono cominciate a migliorare. Il padre e la madre hanno cominciato a collaborare: pensi che hanno persino chiuso il divorzio in maniera consensuale e la madre ha cercato di convincere il bambino a vedere il padre. Alla fine il bambino ha accettato di farlo e man mano le cose si sono tranquillizzate e rasserenate. In altre parole si è riusciti a fare tutto ciò che il servizio sociale non è riuscito a fare.

Quindi ora stava andando tutto bene?

Magari fosse così. Per cominciare i Servizi Sociali hanno ritardato l’esecuzione del decreto adducendo dei problemi organizzativi e logistici: in pratica gli operatori coinvolti erano in ferie e quindi il calendario delle visite è stato ridotto. Ma la sorpresa più grande è stata dopo l’udienza di ottobre.

Perché?

Le visite stavano andando bene e il bambino vedeva sia il padre che la madre. Finalmente in ottobre il tribunale ha deciso di sentire il bambino che ha espresso la sua volontà di tornare a casa tanto, che il redattore del verbale ha scritto: “Il bambino ribadisce che vuole tornare a casa.”

Ma il giudice, nonostante la manifesta volontà del bambino, ha deciso di rimandare tutto a giugno dell’anno successivo adducendo delle motivazioni di natura psicologica senza alcun reale indicatore di pericoli o pregiudizi per il bambino. Quindi abbiamo fatto appello. Ma nel frattempo il minore ha preso in mano la situazione.

Che cosa è successo?

Un bel giorno il bambino è uscito da scuola e invece di tornare in struttura è andato a casa della madre dicendole che non sarebbe più tornato in struttura.

La madre quindi ha chiamato il padre e mi ha informato degli avvenimenti e abbiamo informato i Servizi Sociali che in un primo momento hanno continuato a seguire il modello coercitivo e volevano forzare il bambino a tornare in struttura senza ascoltare le sue richieste ed esigenze, ma poi hanno deciso di lasciarlo a casa.

Infatti il ragazzo, ormai dodicenne, era sereno, viveva con la mamma e vedeva regolarmente il padre, cui si era progressivamente avvicinato. Il suo profitto scolastico era buono e anche il suo atteggiamento psicologico: il suo avvicinarsi alla madre, pertanto, ha avuto effetti soltanto positivi.

E la Corte di Appello di Trento ci ha dato ragione: il ragazzino, vista la serenità che aveva raggiunto, poteva rimanere con lei, poteva continuare a vedere il padre ogniqualvolta lo desiderasse, sempre seguito dai Servizi sociali, che periodicamente dovranno relazionare al Tribunale i suoi progressi. Una grande vittoria: finalmente il bambino veniva “ascoltato”. Ora però tutto torna al Tribunale dei minorenni anche se siamo certi che non potrà far altro che confermare la soluzione positiva della vicenda.

Lei ha detto che state valutando di agire legalmente. Perché? 

Il Tribunale dei Minori spesso interviene con dei provvedimenti sulla base di principi che salvaguardino la sicurezza dei bambini, senza però entrare nella specificità delle situazioni.

Il giudice avrebbe dovuto ascoltare il ragazzo, che aveva persino scritto una lettera al Presidente del Tribunale, chiedendo di poter rientrare a casa dalla madre. Se le procedure seguite dai Tribunali dei Minori sono corrette nella forma, dovrebbero però avere maggiore elasticità, valutando i casi nella loro specificità. Esattamente come si è comportata la Corte di Appello con il decreto del 27 marzo scorso, che non si è limitata ad applicare la legge, ma ha dato ascolto alle richieste del ragazzino.

Per tutto il tempo in cui il ragazzo è rimasto inascoltato e lontano da casa: i danni e le sofferenze che tutto questo gli ha causato sono stati immensi. Oltre al necessario risarcimento alla famiglia e al minore per i danni subiti, è necessario che chi ha sbagliato se ne assuma le sue responsabilità e che le procedure e i protocolli errati vengano cambiati.

È indispensabile passare da una cultura della forza e della sopraffazione a una cultura dell’ascolto e della comprensione. Nessuno ha la verità in tasca e certe decisioni integraliste imposte con la forza della legge a dispetto delle sofferenze e opposizioni dei minori e delle famiglie devono finire. I minori vanno ascoltati non contenuti, vanno compresi non forzati. Le azioni legali che intraprenderemo non sono dettate da un desiderio di rivalsa ma dalla volontà di dare l’opportunità di cambiare affinché queste cose non debbano più verificarsi.

Gian Piero Robbi – giampi.robbi@gmail.com

Bimbo strappato alla madre troppo amorevole, torna a casa!

 

BIMBO STRAPPATO ALLA MADRE TROPPO AMOREVOLE, LASCIA LA COMUNITÀ E TORNA SPONTANEAMENTE A CASA

 

La Corte di Appello di Trento gli dà ragione

 

TRENTO. Quattro anni fa, quando aveva 9 anni, il Tribunale dei Minori di Trento lo aveva sottratto alla madre, affidandolo a una comunità. Un allontanamento drammatico, avvenuto mentre il bambino si trovava scuola, dove le assistenti sociali giunsero insieme ai vigili durante la ricreazione, per portarlo via. La madre, accorsa con la nonna appena saputo del provvedimento, aveva cercato in ogni modo di impedire che le venisse tolto il figlio. Le si imputava un eccessivo amore verso il bambino, un attaccamento ossessivo tale da non lasciarlo crescere nella sua individualità e, temendo i pericoli, di volerlo tenere lontano da tutto e da tutti, specialmente dal padre, da cui vivevano separati.

 

Per quattro anni il ragazzino aveva pertanto vissuto all’interno della comunità di accoglienza per minori, potendo incontrare la madre solo sporadicamente e durante colloqui protetti e vigilati.

 

Ma un diverso atteggiamento della madre, che nel frattempo ha iniziato a seguire una terapia psicologica, ha fatto sì che il ragazzino, in maniera del tutto autonoma, abbia deciso, dopo un incontro con la mamma, di non fare più rientro nella comunità, ma di rimanere con lei.

 

«Il ragazzo, ormai dodicenne, è sereno» dichiara l’avvocato Miraglia di Modena, che segue la madre, «accetta di vedere la mamma e anche il padre, cui si è progressivamente avvicinato. Il suo profitto scolastico è buono e anche il suo atteggiamento psicologico: il suo avvicinarsi alla madre, pertanto, ha effetti soltanto positivi. Per questo siamo ricorsi in Appello, una volta cadute le competenze del Tribunale dei Minori, essendo il provvedimento di allontanamento del ragazzo a carattere temporaneo».

 

La Corte di Appello di Trento ha dato ragione alla madre e al suo legale: il ragazzino, vista la serenità che ha raggiunto, potrà rimanere con lei, potrà continuare a vedere il padre ogniqualvolta lo desideri, sempre seguito dai Servizi sociali, che periodicamente dovranno relazionare al Tribunale i suoi progressi.

 

“Il Tribunale dei Minori spesso interviene con dei provvedimenti sulla base di principi che salvaguardino la sicurezza dei bambini» conclude l’avvocato Francesco Miraglia, «senza però entrare nella specificità delle situazioni. Il giudice avrebbe dovuto ascoltare il ragazzo, che aveva persino scritto una lettera al Presidente del Tribunale, chiedendo di poter rientrare a casa dalla madre. Se le procedure seguite dai Tribunali dei Minori sono corrette nella forma, dovrebbero però avere maggiore elasticità, valutando i casi nella loro specificità. Esattamente come si è comportata la Corte di Appello con questo decreto del 27 marzo scorso, che non si è limitata ad applicare la legge, ma ha dato ascolto alle richieste del ragazzino. Per tutto il tempo in cui il ragazzo è rimasto inascoltato e lontano da casa e per i danni e le sofferenze che tutto questo gli ha causato,  stiamo valutando di agire legalmente”

 

A Mattarello il convegno: "La tutela dei diritti dei minori"

Giovedì, aprile 10th, 2014 @ 10:41AM
Domani, venerdì 10 aprile, alle 20.30, presso il Centro Cogressi dell’Hotel Adige (via Pomeranos 10, Mattarello), ci sarà il Convegno “La Tutela dei Diritti dei Minori“, organizzato dal Gruppo Politiche Sociali del Movimento Cinque Stelle di Trento, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare (INPEF), con l’Associazione di Aderenti Nazionali per la Tutela dei Minori (ADIANTUM) e con l’Associazione Pronto Soccorso Famiglie Onlus (PSF).
Il dibattito, come si legge sul manifesto dell’evento, prende spunto «dall’attuale crisi economica che attanaglia le famiglie e pone stringenti richieste ed esigenze nella tutela dei minori. Oggi più che mai serve una nuova presa di coscienze e piena responsabilità di tutti gli operatori del diritto di famiglia nel rispetto dei diritti inviolabili del fanciullo, tutelati dalla Costituzione italiana e dalle Convenzioni europee e internazionali».
L’incontro sarà moderato da Gianpiero Robbi, esponente trentino del Movimento Cinque Stelle e vedrà gli interventi della professoressa Vincenza Palmieri, Presidente dell’Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare; diGabriella Maffioletti, consigliere comunale di Trento e delegata nazionale di ADIANTUM); Alessandra Corrente, referente per il Trentino dell’Istituto Nazionale di Pedagoglia Familiare; Francesco Miraglia, avvocato cassazionista esperto in diritto minorile; Silvio De Fanti, vicepresidente del Comitato dei Cittadini per i diritti umani; Francesco Morcavallo, avvocato cassazionista esperto in diritto minorile.
La partecipazione al convegno è gratuita.
 

IL PROGETTO “MAI PIU’UN BAMBINO” CONTRO L’USO DEGLI PSICOFARMACI SUI MINORI APPRODA A PIEDIMONTE MATESE

Locandina-page-001Dopo l’adesione dei comuni di LimenaStrambino, Baia Latina,  San Potito Sannitico e Trento, una  nuova amministrazione, quella di Piedimonte Matese (seguita da
Pratella, Valle Agricola, Alife, Santa Maria Capua Vetere, Alvignano, Carinola, Gioia Sannitica, Faicchio ed il Parco Regionale del Matese) aderirà al programma nazionale sociale “Mai più un bambino”.
Si tratta di un progetto piuttosto articolato, volto alla tutela dei minori che ribadisce l’importanza da parte degli operatori del settore di vietare ai bambini la  somministrazione di psicofarmaci come prassi di contenimento (anche qualora siano ricoverati in Case famiglia), di sottoporli al Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) (richiesto in situazioni di urgenza clinica, dovuta a patologie psichiatriche a tutela della sicurezza e salute pubblica del paziente e della società), che punta ad un controllo dell’accanimento diagnostico e terapeutico con psicofarmaci verso i piccoli che si trovano in condizione di disagio familiare, sociale, scolastico e/o ambientale e che punta alla creazione di un database sui diritti umani negati e sugli abusi e maltrattamenti sui minori in Italia oltre ad una serie di interventi di screening diffuso in ambito scolastico.
Promotori dell’iniziativa racchiusa nel libro “Mai più un Bambino (Armando Editori – Roma 2013) sono, da oltre un anno, l’avvocato Francesco Miraglia del Foro di Modena, la prof.ssa Vincenza Palmieri coautori con il già ministro Antonio Guidi. Un progetto quindi volto ad evitare che molti minorenni (bambini ed adolescenti) con difficoltà nell’apprendimento scolastico possano essere considerati malati e sottoposti a cure con psicofarmaci.
Ed è proprio di queste tematiche che si parlerà il prossimo 22 febbraio dalle ore 15.30 alle ore 18.30 a Piedimonte Matese (CE) presso la sala convegni del “Museo Civico “R. Marocco”, in largo San Domenico 2,  nell’incontro dal titolo “Nuovi Saperi: Metodologia di Studio e Tecniche per Imparare ad imparare come prevenzione e terapia delle Difficoltà di Apprendimento. Adolescenti ed Abuso di Psicofarmaci.
 “Si tratta di un progetto importante – spiega l’avvocato Miraglia – che illustreremo oggi non solo in questa conferenza ma che porteremo anche nelle scuole affinché i ragazzi ma anche i bambini capiscano che spesso le difficoltà legate allo studio, il senso di stanchezza, pesantezza, la svogliatezza non sono sempre e solo da ricollegare a disturbi psichici della persona ma possono essere superati e risolti con una opportuna e specifica didattica senza l’utilizzo e, spesso l’abuso da parte dei medici di psicofarmaci o dell’intervento del Tribunale per i Minorenni. Un messaggio importante che oltre a coinvolgere gli adulti quindi si rivolge direttamente, con parole e contenuti adatti, ai diretti interessati”.
L’incontrò, organizzato dall’Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare (I.N.PE.F) di Roma con il patrocinio del comune di Piedimonte Matese vedrà la partecipazione del sindaco della cittadina, l’avvocato Enzo Cappello, del Direttore Scientifico del Museo Civico Marrocco, dott.ssa Raffaella Martino, del vice presidente dell’I.N.PE.F. Pier Bonici oltre che della dott.ssa Amelia Izzo, responsabile delle Relazioni istituzionali dell’I.N.PE.F, della Prof.ssa Vincenza Palmieri, presidente dell’I.N.PE.F, dell’avvocato Francesco Miraglia, esperto di Diritto di Famiglia e Diritto Minorile e della Prof.ssa Paola Gravela, responsabile I.N.PE.F. per il Superamento dei DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento).
 

Caso Paula Reynolds: «ho denunciato lo psicologo di Trento che ha alterato i fatti nella perizia»

images (1)la VOCE del TRENTINO-30/gen/2014

Sta vivendo un incubo Paula Reynolds, la donna inglese che si trova attualmente al centro di una vicenda difficile, accusata dall’ex compagno  trentino di sottrazione di minore ma sottoposta a violenze da parte dello stesso.
Dall’Inghilterra, dov’è fuggita con il figlio di 4 anni, sta in questi giorni attendendo con ansia di conoscere il destino suo e del suo bambino: sono infatti in corso le sentenze che decideranno se i due devono rientrare a Trento.
 
Una situazione emersa in un’intervista (leggi qui) che il nostro giornale ha fatto a Paula mentre si trovava oltre Manica dove spera innanzitutto di riuscire a proteggere il suo piccolo.
 
Della vicenda si stanno occupando anche i maggiori quotidiani inglesi, che stanno con un coro unanime difendendo Paula e il suo bambino. Il Giudice inglese aveva disposto che il bambino non potesse essere allontanato dalla mamma in caso del rientro in Italia della donna, ma il Giudice di Trento non ha recepito queste direttive.
 
Oggi ecco il fulmine a ciel sereno, la denuncia di Paula allo psicologo di Trento che ha redatto la perizia a suo parere totalmente falsa, alterando la verità dei fatti. Lo psicologo è stato denunciato per reato di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici. «Gli avevo raccontato – spiega Paula – una violenza sessuale del mio ex partner indagato per violenza privata e lesioni e lui ha scritto che era una “mancanza di delicatezza”.»
 
La donna inglese ha anche avuto parole dure e feroci per l’ordine degli Psicologi di Trento, definito dalla donna superficiale e poco trasparente.
 
Riportiamo integralmente la lettera che ci ha inviato Paula Reynolds che riassume gli ultimi fatti successi e il perchè di denuncia allo Psicologo di Trento.Gli avevo raccontato una violenza sessuale del mio ex partner indagato per violenza privata e lesioni e lui ha scritto che era una “mancanza di delicatezza”.
 
Gentile direttore
«Stamattina sono stata costretta a denunciare penalmente un noto psicologo di Trento per il reato di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, per proteggere me e mio figlio dalle inesattezze, alterazioni e omissioni di questo consulente nella perizia che aveva fatto su di me.
Di fronte al suo reiterato rifiuto di chiarire i fatti (invece di rispondere alla mia lettera mi ha persino fatto scrivere dal suo avvocato) ho provato a chiedere aiuto all’Ordine degli Psicologi di Trento per tentare di avere giustizia per me e mio figlio,e soprattutto per impedire che a causa di questa perizia mio figlio venga ingiustamente allontanato dalla sua mamma, con cui sta bene ed è felice, e per prevenire qualsiasi conseguente danno psicologico su mio figlio dovuto a un allontanamento.
Ma anche l’Ordine non mi ha ascoltato e ha archiviato tutto senza darmi nessuna spiegazione. Non ho ricevuto le motivazioni del rigetto, né alcun documento sull’istruttoria effettuata o sui ritrovamenti che avevano portato a tale decisione, né mi è stata fornita alcuna informazione sulla possibilità di ricorrere contro tale decisione.
Ho provato a scrivere al presidente dell’Ordine per richiedere con urgenza queste informazioni, ma non mi ha nemmeno risposto. Ho provato a rivolgermi al Garante dei Minori in merito alla mancata trasparenza dell’Ordine, ma anche qui nessuna risposta. A quel punto mi è sorto il sospetto che le ragioni di protezione della categoria abbiano avuto il sopravvento,e che si sia preferito tutelare la “casta”.
Di fronte all’impossibilità di ottenere giustizia e protezione per me e per mio figlio,e in occasione di un’operazione subita da mia madre,mi sono recata in Inghilterra per dare un po’ di pace a mio figlio e per staccare un po’ dalle continue minacce che ricevevo dal mio ex.
Ho informato tutti della mia partenza e nostro figlio parlava tutti i giorni con il padre via Skype, ma lui, senza dirmi nulla, mi ha denunciata per sottrazione di minore secondo la Convenzione dell’Aia. La Convenzione dell’Aia è una specie di legge capestro,e in dicembre il Giudice inglese mi aveva già ordinato di tornare in Italia. Ma ora c’è un po’ di speranza.
Dopo il rifiuto del Tribunale dei minorenni di Trento di recepire le richieste del Tribunale inglese, il giudice ha accettato il mio appello. In Inghilterra i bambini non vengono tolti così facilmente come in Italia e per gli inglesi è molto importante che i figli rimangano con i genitori,salvo casi molto gravi. Il Giudice inglese aveva disposto che il bambino non potesse essere allontanato dalla mamma in caso di mio rientro in Italia,ma il Giudice di Trento non ha recepito queste direttive.
Il mio avvocato in Italia, Francesco Miraglia, ha spiegato bene al Giudice che l’istituzione del tribunale dei minori risale al periodo fascista e che in quel tribunale spesso il contraddittorio non esiste: infatti ci si limita ad acquisire i rapporti dei servizi sociali o le perizie dei consulenti.Ma il Giudice inglese non riesce a credere che la Giustizia italiana sia talmente malridotta e purtroppo rischio che mi rimandi in Italia.
E ho timore di quello che succederà dato che,per colpa di quella perizia,non credo che potrò essere protetta da un ex partner violento e c’è persino il rischio che il bambino, nonostante stia bene e sia felice con me, venga allontanato,stante la situazione di sfacelo della giustizia minorile italiana. E tutto si basa purtroppo sull’alterazione della verità nella perizia del consulente.
Infatti, il consulente da me denunciato, aveva scritto che una violenza sessuale in cui il mio ex partner mi aveva costretto a fare sesso con lui la seconda notte dopo il parto di nostro figlio era una “mancanza di delicatezza”.
Inoltre non ha contestato le giustificazioni del mio ex partner in merito alle violenze, per esempio quando aveva detto: “Può essere che lei abbia sbattuto su una porta…” Non riesco a comprendere come possa aver accettato passivamente una giustificazione talmente ridicola da essere una sostanziale ammissione di colpevolezza, e come possa non aver indagato scoprire l’attuale portata di queste violenze o non abbia voluto sincerarsi delle possibilità di reiterazione.
E difatti il mio ex compagno, sentendosi protetto dalla perizia, ha continuato a intimidirmi verbalmente e nel mese di agosto ho dovuto presentare una querela su di lui per lesioni personali, perché mi aveva dato un pugno.
Di fronte alla mancanza di trasparenza da parte dell’Ordine degli Psicologi di Trento, che tra il resto credo abbia svolto un’istruttoria superficiale senza realmente andare a fondo della vicenda, cosa che non posso purtroppo verificare a causa della loro mancanza di trasparenza, e davanti alla possibile reiterazione del reato da parte dello psicologo, che non credo sarà disposto a chiarire come stanno realmente le cose, sono stata costretta a rivolgermi alla Procura al fine di ottenere giustizia e soprattutto adeguata protezione per nostro figlio. Spero che almeno la Procura possa fare luce sulla vicenda.
Le scrivo per rendere pubblica la vicenda, che in Inghilterra è già stata ripresa anche dai quotidiani inglesi e anche dalla “La Voce di Trentino” e il “Trentino” in Italia, perché credo che l’unica vera protezione per me e mio figlio sia impedire che vengano prese delle decisioni drammatiche e ingiuste nel silenzio generale. Credo che solo tenendo accesa l’attenzione dell’opinione pubblica potrò avere qualche possibilità di difendere mio figlio. Grazie.»
Paula Jane Reynolds
 

Convegno: FAMIGLIE E MINORI: ABUSO O TUTELA?

Convegno Malamente - Roncegno 20 dicembre 2013-page-001 (1)Convegno: FAMIGLIE E MINORI: ABUSO O TUTELA?

Tribunali, perizie, allontanamenti facili, sistema psichiatrico e giuridico; e nuove marginalità…

Venerdì 20 dicembre ore 20.00
Sala Oratorio – Roncegno Terme
Via Don Alessio De Pretis, 2

Introduzione
Giuliana Gilli
Assessore alle Politiche Sociali Comune di Roncegno

 
Autori
Prof. Vincenza Palmieri
Presidente INPEF, Consulente Tecnico di Parte

Avv. Eleonora Grimaldi
Esperto in diritto di famiglia

Avv. Francesco Miraglia
Cassazionista, esperto in diritto minorile

Moderatore e interventi
Alberto Faustini
Direttore de Il Trentino

Elena Artioli
Consigliere Regionale Trentino Alto Adige

Gabriella Maffioletti
Consigliere Comune di Trento

Avv. Francesco Morcavallo
Cassazionista, già Giudice del Tribunale dei Minori

Silvio De Fanti
Vicepresidente Comitato Cittadini Diritti Umani

 Dirompente, coraggioso, innovativo. Non si può che definire così l’ultimo volume di Palmieri, Grimaldi e Miraglia dall’evocativo titolo “I Malamente” Il termine, con cui si indica un modo sbagliato, non opportuno o sconveniente di agire, un comportamento deplorevole, una condizione infelice è sempre stato associato all’idea di una persona poco raccomandabile cui non era opportuno affiancarsi.
Un concetto ormai entrato nell’uso comune che gli autori hanno voluto riprendere, con amore e un pizzico di polemica, per andare nella direzione opposta. Da sempre, e ora più che mai, il cattivo viene associato ad una mente malata; motivazione per cui si riempiono le case famiglia e le comunità di giovani a cui somministrare terapia psicofarmacologica: “o reo, o malato”. O bianco o nero, in quell’assenza di sfumature che è invece propria della variabile adolescenziale. Gli autori, dunque, si schierano proprio contro tale stigma, capovolgendone il significato. “I Malamente”, oggi, sono ragazzi fuori dai margini dell’ascolto, allontanati da una scuola che li perde e non va riprenderseli, costretti, obbligati o decisi ad avviarsi verso una carriera di devianza, prima, e malattia, dopo.
Cambiare il corso dei destini può essere un gioco. Un progetto letterario non è una guerra ma certamente, noi, vogliamo rappresentare una sfida

Torna a casa la bambina della Valsugana allontanata ai genitori

ValsuganaTorna a casa la bambina della Valsugana allontanata ai genitori

È tornata a casa dal suo papà e dalla sua mamma la bambina del piccolo paese della Valsugana che nel giugno scorso era stata allontanata dalla famiglia a causa di una presunta “conflittualità” e “inadeguatezza” dei genitori. La vicenda di questa ragazza, nasce nell’ambito di una vicenda familiare come centinaia nel nostro paese. Quello che è veramente grave ancora una volta, è l’inadeguatezza e la superficialità del servizio sociale a gestire dei casi così particolari visto che – sostiene l’avv. Francesco Miraglia, avvocato di fiducia del papà – l’unica soluzione prospettata al Tribunale per i Minorenni è stata quella dell’allontanamento e contestuale collocazione in casa famiglia della bambina. Per l’ennesima volta il nostro comitato che, insieme alla consigliera comunale di Trento Gabriella Maffioletti, da anni si occupa della tutela dei minori, ha dovuto constatare l’automatismo tra le relazioni del servizio, le richieste della Procura e il provvedimento del Tribunale senza un minimo di istruttoria che potesse giustificare la sospensione della potestà genitoriale e addirittura gli incontri protetti. All’udienza dello scorso 8 novembre il tribunale effettivamente si è reso conto, dopo la convocazione delle parti e soprattutto dopo aver sentito la minore che la stessa doveva tornare immediatamente nella sua famiglia. Ma allora perché solo tre mesi fa è stato disposto l’allontanamento? Forse si era dato eccessivo peso agli aspetti psicologici? Quali erano i motivi oggettivi? Cosa è cambiato in soli tre mesi? Ci piacerebbe che qualcuno rispondesse a queste domande, anche se temiamo che nessuno lo farà. In seguito all’allontanamento, il papà si è rivolto al nostro comitato che non solo si è limitato ha fornire informazioni ma ha trovato il sostegno per questa famiglia di tutta la comunità del paese della Valsugana, soprattutto di alcune mamme che si sono messe a disposizione della famiglia impegnandosi formalmente in una lettera consegnata all’assistente sociale di Borgo Valsugana. Ci auguriamo ora che la bambina possa prima possibile dimenticare questa brutta esperienza e tornare ai suoi affetti e a una vita serena. Speriamo altresì che l’assistente sociale riveda il suo operato e aiuti veramente la famiglia a superare le proprie difficoltà senza dover ricorrere a provvedimenti tanto gravi o invasivi. Continueremo tuttavia a seguire la vicenda e a vigilare sul servizio sociale affinché questi errori non si ripetano più.

Gli educatori devono andare in ferie. Bambino di Trento che vive in casa famiglia non può tornare a casa a vedere i genitori In

L’avvocato Francesco Miraglia: “Un fatto inspiegabile e che può essere punito penalmente”.
Il consigliere comunale Maffioletti e il consigliere provinciale Firmani presenteranno un’interrogazione sulla vicenda affinché venga fatta chiarezza.

I nostri educatori devono andare in ferie, pertanto il bambino non potrà rivedere i suoi genitori e rimarrà in comunità”. Una situazione a dir poco “imbarazzante”, quella in cui si è trovato l’avvocato Francesco Miraglia del Foro di Modena, legale del piccolo Sandro di 11 anni, che nei giorni scorsi si è sentito rispondere in questo modo dai Servizi sociali di Trento dopo che il provvedimento era stato stabilito dal Tribunale per i Minorenni di Trento, organo competente in materia e le cui decisioni non sono confutabili.
Un no deciso che ha portato il legale, specializzato in Diritto di Famiglia e Diritto penale – a far notare agli interessati come questo provvedimento andasse contro la legge: “in riferimento alla citata istanza, come già preannunciato al servizio sociale, non sono assolutamente d’accordo, in quanto è stato emesso un decreto e bisogna pretendere la sua totale applicazione. Eventuali problemi di organizzazione o quant’altro poco interessano al minore “fuori” dalla propria famiglia da quasi tre anni”.
Ma vediamo di chiarire la vicenda. Sandro, un bambino di Trento, vive da quasi tre anni in una casa famiglia collocata sul territorio. Verso la fine di marzo il servizio sociale che si occupa del bambino chiede una proroga affinché il minorenne rimanga ancora nella struttura fino a quando il consulente tecnico d’ufficio, che svolge la funzione di ausiliario del giudice, non stabilisca le condizioni psicologiche del minorenne e le capacità dei genitori di occuparsi di lui.
In una relazione precedente, risalente all’aprile 2012, lo stesso ente aveva formulato un parere negativo sul rientro definitivo del bambino in famiglia in quanto, a suo giudizio, il rapporto di Sandro con uno dei genitori, continuava a dimostrarsi critico e le altre figure che componevano la famiglia non sembravano potersi prendere cura, in modo adeguato, di quest’ultimo. Proponevano quindi che gli stessi genitori intraprendessero un percorso terapeutico personale, che per il minore venisse disposto un sostegno di tipo psicologico e infine che il bambino potesse, sotto la supervisione di un educatore, rientrare in famiglia in giorni e orari stabiliti”.
Disposizioni che, tranne per il rientro, erano state seguite. All’inizio del mese di maggio, il Tribunale per i Minorenni aveva disposto che il bambino potesse vedere i genitori.
Il problema è nato quando – spiega l’avvocato Miraglia – quando dalle carte si è dovuti passare ai fatti. I servizi sociali mi hanno comunicato che per la prima settimana prevista per il rientro di Sandro in famiglia era presente un educatore. Poi per le due settimane successive il servizio non sarebbe stato effettuato in quanto il personale doveva prendere ferie”.
Lo scorso 4 giugno, il Tribunale per i Minorenni di Trento, presieduto dalla dott.ssa Gattiboni, ha dato ragione all’avvocato Miraglia ribadendo e quindi disponendo “che l’avvio della fase di sperimentazione dei rientri settimanali pomeridiani del minore a casa  dei genitori avvenga a partire dal mese di giugno corrente”. Un richiamo che speriamo venga finalmente accolto dai Servizi sociali per il bene del piccolo Sandro.