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Il ritorno di Luca: quando il sostegno preventivo può evitare allontanamenti ingiustificati

 

Il Tribunale per i Minorenni di Caltanissetta ha autorizzato il rientro del piccolo Luca, nome di fantasia, presso l’abitazione dei nonni materni, ponendo fine a un periodo in cui sia lui che la sua mamma erano stati collocati in una casa famiglia. La decisione è il risultato di un lungo percorso di valutazione che ha coinvolto esperti, psicologi e assistenti sociali e che ha avuto come obiettivo principale il benessere del minore e la ricostruzione di un ambiente familiare adeguato. Tuttavia, la vicenda solleva importanti interrogativi sull’efficacia delle politiche di tutela dei minori e sull’urgenza di adottare interventi tempestivi per prevenire situazioni di allontanamento che spesso risultano evitabili. La madre di Luca, nonostante le difficoltà personali, ha sempre mantenuto un legame affettivo forte con il figlio. Questo aspetto, riconosciuto dal Tribunale, avrebbe potuto essere valorizzato sin dall’inizio attraverso un sostegno concreto che evitasse il collocamento della diade in una struttura esterna. I nonni materni, oggi riconosciuti come risorsa preziosa e disponibili ad accogliere Luca nella loro casa, rappresentano una soluzione che avrebbe potuto essere presa in considerazione già in una fase iniziale. La decisione di ricorrere al collocamento in casa famiglia ha avuto un impatto emotivo significativo, non solo sul bambino ma anche sulla madre, e mette in evidenza la necessità di un sistema di supporto più efficace. L’avvocato  Miraglia, legale della madre, ha accolto con soddisfazione il provvedimento del Tribunale, ma ha anche invitato a riflettere sull’intero approccio del sistema di welfare nei confronti delle famiglie in difficoltà. “Questa decisione rappresenta un passo importante per Luca e la sua mamma, ma solleva un tema cruciale: se si fosse intervenuti con un supporto adeguato e tempestivo, si sarebbe potuta evitare una separazione lunga e dolorosa”, ha dichiarato. “Le case famiglia e i collocamenti in comunità devono rappresentare l’ultima istanza, da adottare solo quando ogni altra possibilità è stata esaurita. È necessario che il sistema di tutela dei minori si concentri maggiormente sul rafforzamento delle famiglie, offrendo loro strumenti di sostegno per superare le difficoltà senza compromettere i legami fondamentali tra genitori e figli”.  Questa vicenda porta a riflettere sul ruolo cruciale delle istituzioni e dei servizi sociali. Il collocamento in casa famiglia, pur giustificato dalla volontà di proteggere il minore, evidenzia i limiti di un sistema che spesso interviene in modo reattivo, piuttosto che preventivo. Investire nella prevenzione significa creare reti di supporto più solide e attivare risorse familiari prima che si giunga a decisioni drastiche. Il potenziamento dei servizi sociali, con personale adeguatamente formato e protocolli operativi chiari, è essenziale per garantire interventi mirati e tempestivi. Una maggiore collaborazione tra istituzioni e famiglie, insieme alla valorizzazione delle figure familiari di supporto, come i nonni in questo caso, potrebbe evitare che molte situazioni si trasformino in separazioni traumatiche e dolorose. Il rientro di Luca presso l’abitazione dei nonni materni non è solo un traguardo per il minore e sua madre, ma rappresenta anche un’opportunità per ripensare le politiche sociali e giudiziarie. Mantenere il bambino all’interno del suo contesto familiare, quando possibile, non è solo un diritto del minore, ma anche un dovere delle istituzioni che devono fare tutto il possibile per garantire stabilità, affetto e continuità nelle relazioni familiari. Come dimostra questa vicenda, un intervento più tempestivo e meno invasivo avrebbe potuto evitare una sofferenza inutile e rafforzare il nucleo familiare fin dall’inizio. Questa vicenda deve servire come monito e spunto per migliorare le pratiche di tutela dei minori. Un sistema che privilegi il sostegno alla famiglia come primo passo, anziché come soluzione tardiva, può prevenire traumi evitabili e garantire un futuro migliore per i bambini e i loro genitori. Il caso di Luca è emblematico di come sia possibile fare di più e meglio, lavorando per un sistema che metta al centro la prevenzione, il rispetto dei legami familiari e il benessere dei minori, evitando scelte drastiche che, come in questo caso, si sarebbero potute prevenire.

 

Non tutti i mali per vengono per nuocere!

(L’Aquila 14 giugno) Il Tribunale per i Minorenni dì  L’Aquila diversa composizione collegiale: dichiara non luogo a provvedere  sulla dichiarazione di adottabilità. I bambini rimangono nella famiglia di origine.

Di solito, tanto rumore per nulla, in questo caso  nno!!!

Verona: litigano con i servizi sociali: il Tribunale li punisce “a metà”

Avvocato Miraglia: «I genitori sono gli stessi, ma il tribunale ha emanato disposizioni diverse per ogni figlio. Illogico» 

VERONA (5 giugno 2023). Sembra senza fine la vicenda di una coppia di Verona, tenuta lontana da due dei suoi quattro figli perché si è permessa di criticare i Servizi sociali e la comunità dove i bambini non sono stati adeguatamente seguiti, bensì abbandonati a sè stessi. La loro colpa è stata quella di denunciare pubblicamente la presenza di cibo scaduto, servito in una struttura gestita, tra l’altro, dal Comune di Verona. E il Tribunale per i minorenni di Venezia ha tolto loro i figli: ma, ed è qui l’assurdo, assumendo delle decisioni differenti per ognuno dei quattro bambini.

«Questi genitori sono stati puniti “a metà” – commenta l’avvocato Miraglia, legale della coppia   – in quanto i due figli maggiori, di 13 e 8 anni, dovranno vivere con famiglie affidatarie, la figlia di 6 anni potrà invece rimanere a vivere con i genitori, che però su di lei avranno una responsabilità genitoriale limitata. Per l’ultimogenito il tribunale non si è mai pronunciato e va tutto bene. Ma come fanno gli stessi genitori ad essere inadeguati con alcuni figli e con altri no? O sono inadeguati come genitori con tutti o con nessuno. Non ci capisce con quale logica il tribunale abbia deciso in maniera così diversa, differenziando le disposizioni. C’è qualcosa che non va». Hanno presentato pertanto reclamo alla Corte d’appello di Venezia.

Superate le difficoltà inziali, questa coppia si è dimostrata molto attenta e affettuosa verso i propri figli, preoccupata delle loro condizioni di salute fisica e mentale per ciò che hanno subito negli anni di istituzionalizzazione in cui sono stati lontani da casa. Non sono state somministrate loro le adeguate terapie mediche e psicologiche pur regolarmente prescritte e uno dei ragazzi è stato molestato in comunità da un altro ospite senza che gli operatori avvertissero i genitori. Il padre aveva chiesto spiegazioni sul motivo per cui, nonostante portasse abiti nuovi ai bambini, questi si presentassero con le scarpe rotte. La madre poi – e la vicenda aveva avuto grande risalto mediatico – si era “permessa” di far notare come il cibo servito in comunità fosse scaduto, ricevendo come risposta dall’allora assessore al Sociale che pur scaduto il cibo era comunque commestibile! Comprensibile l’atteggiamento critico di questi genitori nei confronti dei Servizi sociali, che avrebbero invece dovuto aiutarli. Ma anziché comprensione e sostegno la madre ha ricevuto in cambio una denuncia per maltrattamenti dalla stessa struttura. Un’accusa peraltro ingiusta, rivelatasi totalmente infondata tant’è che nel novembre scorso la mamma è stata assolta con formula piena dal Tribunale Penale di Verona. «Circostanza, quest’ultima, che non è stata minimamente tenuta in considerazione dal Tribunale per i minorenni di Venezia – prosegue l’avvocato Miraglia – nel momento in cui ha assunto la decisione di limitare così pesantemente a questa coppia la responsabilità genitoriale e i rapporti con i figli. È chiaro che, al di là dei processi, la vicenda “Bibbiano” ha fatto emergere l’esistenza di un vero e proprio “sistema”, esteso in tutta Italia: se litighi o critichi i Servizi sociali, questi ti tolgono i figli, alimentando il business del sistema di affidi e delle comunità. Uno dei principi di valutazione della capacità genitoriale degli psicologi del Cismai (il coordinamento italiano servizi contro il maltrattamento e l’abuso all’infanzia), di cui facevano parte anche i responsabili della vicenda di Bibbiano, è proprio la verifica del rapporto che i genitori instaurano con i Servizi sociali. Va bene quindi cambiare il sistema della Giustizia con riforme come la Cartabia, ma qui è necessaria e urgente una riforma dell’intero sistema legato agli allontanamenti e agli affidi dei minori».

 

 

Ancona: madre indagata per violenza sessuale nei confronti dei figli, ma vive ancora con loro

Avvocato Miraglia: “La cosa più incredibile sono gli incontri protetti per il padre”

ANCONA (23 maggio 2023). «Il mondo va alla rovescia» commenta l’avvocato Miraglia, riferendosi all’incredibile vicenda vissuta da un uomo di Ancona, padre di due bambini di 5 e 7 anni, che non può vederli se non nel corso di incontri protetti. Sono ospitati in una comunità educativa insieme alla madre, la quale però è indagata per reati abietti commessi nel loro confronti: atti sessuali con minorenne, sequestro di persona, maltrattamenti contro familiari. Nell’estate scorsa i bambini venivano prelevati con la forza, dall’abitazione del padre e dei nonni paterni, dagli Assistenti Sociali, con l’ausilio della forza pubblica ( in tutto almeno 10 persone), per essere collocati con la madre presso una comunità, protetta.  Il Tribunale per i Minorenni disponeva  che  “corrisponde alla necessità di superare gli ostacoli frapposti dal padre nell’esercizio della responsabilità genitoriale, ed assicurare il collocamento dei minori in contesto tutelante e di supporto al prosieguo del percorso avviato, nell’interesse dei minori medesimi, tiene conto di dare attuazione a tale obiettivo con modalità idonee a favorire il riavvicinamento alla madre in situazione di vita protetta, della necessità di verificare il pieno recupero di autonomia da parte della madre; la prescrizione di incontri protetti padre – figli.

A distanza di 10 mesi, la mamma risulta essere indagata per  atti sessuali con minorenne, sequestro di persona, maltrattamenti nei confronti dei propri figli.

Proprio in questi giorni, la Procura della Repubblica di Ancona ha chiesto l’incidente probatorio.

E’ quanto meno discutibile   – sostiene l’avv. Miraglia- che i bambini, nonostante tutto continuino a rimanere collocati in comunità con la madre,  e che il padre li continui ad incontrarli in ambiente protetto.

Ancora più incredibile è quanto risponde il Tribunale per i Minorenni alle varie istanze, di revoca del collocamento comunitario dei bambini presentate dal padre: “Visto, si valuterà ogni ulteriore provvedimento all’esisto dell’istruttoria”

In altre parole, per il Tribunale per i Minorenni il capo di imputazione provvisorio formulato dalla Procura della Repubblica di Ancona non ha nessun valore,  è semplicemente carta straccia.

E’ proprio vero nel nostro paese il vero scandalo è che nulla fa scandalo.

 

 

 

Viterbo: anarchia nelle istituzioni

Sindaco, servizi sociali e tutore “stracciano” la sentenza del tribunale riguardo tre fratellini

VITERBO (13 Marzo 2023). C’è un tribunale che sentenzia e una serie di istituzioni pubbliche che invece di eseguire il provvedimento, agiscono in modo tutto diverso. A discapito della felicità di tre bambini e della sentenza di un Tribunale.

I genitori, rivoltisi all’avvocato Miraglia, sono ricorsi in Appello e hanno scritto al presidente del tribunale per i minorenni di Roma. In attesa dell’udienza prevista per maggio ci si interroga: ma in provincia di Viterbo le regole chi le fa?

I tre bambini hanno 12, 6 e 3 anni, abitano nel Viterbese e per alcune difficoltà familiari il Tribunale per i minorenni di Roma lo scorso aprile ha emesso un decreto di adottabilità, pur conservando la possibilità per i bimbi di continuare a vedere i genitori naturali, secondo un preciso calendario di incontri. Che però sono stati improvvisamente sospesi dai Servizi sociali. Il motivo? Non alterare l’equilibrio dei bambini e “capire meglio la situazione”. «Ma cosa c’è da capire? – sottolinea l’avvocato Miraglia –. I bambini sono affezionati ai genitori e un giudice ha stabilito che debbano continuare a frequentarsi. Non è che il vero “obiettivo” sia gettare le basi per rendere questi tre bambini “orfani di genitori vivi” attraverso la comp0leta inottemperanza di una sentenza?». Gli assistenti sociali avrebbero preso la decisione di sospendere gli incontri di comune accordo con il curatore dei bambini, la comunità in cui alloggiano e il sindaco del loro Comune di origine, dopo aver sentito il “giudice dell’adozione”, figura che nemmeno esiste dal punto di vista giuridico. Insomma, che si nasconde dietro a questa vicenda? Il proseguo è ancora più incredibile «Ci siamo rivolti allora al giudice tutelare – prosegue l’avvocato Miraglia – che tra i compiti ha di accertarsi che le sentenze vengano correttamente  rispettate. Ancora più incredibile è quanto è successo in udienza, una settimana fa,  davanti al Giudice Tutelare, lo stesso giudice  ha chiesto rivolgendosi al Sindaco e all’avv. del Tutore e dei servizi un appiglio per giustificare in mancato rispetto della sentenza del TM di Roma: ma che gli serve per agire? Deve solo limitarsi ad applicare la sentenza e ad assicurarsi che tutti la rispettino. “Non pensiate che io abbia paura di emettere un provvedimento” ci ha detto allora. E quindi cosa aspetta ad intervenire? Che i bambini si dimentichino dei genitori? Siamo all’anarchia totale!».

L’avvocato Miraglia ha scritto quindi al presidente del Tribunale per i minorenni, per appurare se effettivamente  se qualche Giudice ha autorizzato ad non rispettare il  provvedimento emesso della stessa autorità giudiziaria oppure se i servizi sociali nel caso hanno millantato una siffatta autorizzazione.

A questo punto penso che in entrambi i casi siamo difronte ad una gravità assoluta,  che merita attenzione da parte del Presidente del Tribunale per i minorenni ed eventualmente anche inviando gli atti alla Procura della Repubblica competente affinché si faccia chiarezza.

La famiglia ha intanto denunciato sindaco, assistenti sociali, curatori e responsabili della comunità per mancata ottemperanza ad un provvedimento di un giudice, abuso di ufficio e omissione di atti d’ufficio.

… ma tutto ciò a chi giova!!!

 

 

 

L’Aquila : quattro Giudici e un Tutore indagati per abuso d’ufficio

Una di loro, psicoterapeuta di una minore, aveva partecipato all’udienza come giudice onorario

L’AQUILA (29 dicembre 2022). Quattro giudici del tribunale per i minorenni de L’Aquila e un avvocato tutore sono stati iscritti nel registro degli indagati per abuso d’ufficio: il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Campobasso con ordinanza del 27 dicembre,  ha accolto l’opposizione alla richiesta di archiviazione presentata dall’Avv. Miraglia.

Occorre fare chiarezza su un episodio surreale, che vede protagonisti i Giudici minorili, il tutore  e tre fratellini.

L’iscrizione nel registro degli indagati scaturisce dalla denuncia presentata da una coppia di genitori sostenuti dall’avvocato Muraglia: i loro tre figli erano stati allontanati da casa, ognuno presso una famiglia diversa. Nel caso della figlia maggiore, poi, la sua psicoterapeuta, che l’aveva preparata per un’udienza contro il padre, aveva poi presenziato in qualità di giudice onorario al  tribunale per i Minorenni, oltre ad essere nello stesso momento la psicologa della stessa minore.

«Se anche il gip ha ritenuto di approfondire il caso tramite indagini accurate – sostiene l’avvocato Miraglia – significa che la nostra tesi era forte e fondata e che eravamo nel giusto quando abbiamo sollevato dubbi di parzialità e pregiudizio dei Giudici e del Tutore . A maggior ragione è necessaria ora, se non urgente, un’ispezione da parte del ministero di Giustizia. Da parte nostra ci rivolgeremo intanto al Presidente del Tribunale de L’Aquila per chiedere che l’intero collegio venga cambiato e che non si occupi più di questo caso».
Il quale riguarda una ragazzina, che aveva 14 anni, affetta da disturbi di neurosviluppo: la giovane aveva mosso contro il padre un’accusa di  presunti abusi consistiti in toccamenti, tuttavia ancora da dimostrare visto che il processo da ancora deve iniziare. Nel frattempo era stata allontanata da casa ed era stata fissata l’udienza per l’incidente probatorio. A prepararla era stata la sua psicoterapeuta, la quale poi incredibilmente si era presentata in tribunale a presenziare alla discussione del caso come componente in qualità di giudice onorario del collegio giudicante. Un fatto grave, perché mina l’imparzialità di chi è chiamato ad assumere importanti decisioni che cambieranno per sempre la vita dei minori. E ancor più grave poiché gli altri tre giudici componenti del collegio, pur a conoscenza del conflitto d’interesse in atto, avevano comunque fatto partecipare la terapeuta/giudice. E sulla vicenda l’avvocato tutore della ragazzina non aveva fatto una piega né mosso un dito.

Ecco perché il gip ha ritenuto di iscrivere i cinque nel registro degli indagati «al fine di consentire di svolgere approfondimenti investigativi che risultano opportuni e indispensabili per verificare se sussistono effettivamente profili penalmente rilevanti a carico dei soggetti denunciati, in particolare l’obbligo di astensione della psicoterapeuta dal procedimento minorile indicato».

«Questo doppio ruolo ha minato la terzietà del collegio giudicante – conclude l’avvocato Miraglia – che ha deciso della vita di tre bambini, con gravi conseguenze per il loro sviluppo e la loro serenità: il figlioletto più piccolo non ha mai visto il padre, la ragazzina vive in una comunità, mentre il fratellino di mezzo, quando era anch’egli in una comunità, ha sofferto talmente che a soli otto ha manifestato pensieri suicidi. Qualcuno dovrà rispondere di tutto questo».

Cassino: sorelline strappate alla zia le vengono finalmente affidate

 Il Tribunale dei Minori ha riconosciuto che l’averle allontanate le ha traumatizzate

Cassino  (10 Dicembre 2022). Si è finalmente conclusa nel migliore dei modi la vicenda delle due sorelline di Cassino, che lo scorso anno erano state “rapite” dai Servizi sociali, che senza preavviso né autorizzazione con uno stratagemma le avevano portate in una Casa famiglia, strappandole alla zia che le aveva in affidamento. E non perché le maltrattasse, bensì per “eccesso di possesso”.

Il Tribunale per i minorenni di Roma ha valutato che questo forzato allontanamento ha solo ulteriormente traumatizzato le bambine, già provate da una difficile storia familiare. E le ha riaffidate alla zia.

«Siamo felici di questa vittoria – commentano l’avvocato Miraglia, legale della zia, e la prof.ssa Palmieri, Consulente tecnico di parte – che ha visto il Tribunale dei minorenni accogliere le nostre ragioni e ritenere inopportuno e sbagliato il forzato allontanamento di queste bambine, per questo presunto e pretestuoso “eccesso di possesso” che sarebbe stato esercitato dalla zia nei loro confronti, quando invece si trattava di affetto e di cure amorevoli da parte di una zia premurosa».

Il giudice tutelare, nel 2018, aveva fin da subito affidato alla zia materna le due ragazzine, ritenendola la scelta idonea per la loro crescita serena e facendo decadere la potestà di entrambi i genitori: la mamma soffre di disordini psicologici e psichiatrici, il padre non riesce ad occuparsi delle figlie e si era sposato con una donna che, per sua stessa ammissione, era alquanto severa e molto poco amorevole con le bambine. Con la zia invece le ragazzine erano serene, frequentavano la scuola con profitto, praticavano sport.

Poi ad aprile dello scorso anno il tutore e l’assistente sociale avevano deciso di allontanare le bambine senza preavviso, ritenendo eccessivo l’attaccamento della zia verso di loro.

Avevano usato uno stratagemma alquanto subdolo, per di più: le sorelline erano infatti convinte di dover incontrare il padre, invece vennero caricate su un veicolo, senza vestiti di ricambio, né libri di scuola e nemmeno effetti personali e portate in Casa famiglia, dove erano rimaste un mese, fino a quanto il Tribunale aveva revocato l’allontanamento, ritenendo che le bimbe stessero molto meglio con la zia.

«Analizzata la situazione – prosegue l’avvocato Miraglia – il tribunale ha dichiarato il non luogo a provvedere sulla loro adottabilità, ha nominato un tutore provvisorio al posto del sindaco della città e affidato le bambine, che ora hanno 10 e 12 anni, alla zia, “considerata anche la difficoltà dei Servizi sociali nel gestire una vicenda familiare così complessa, come dimostrato anche dalle scelta intempestiva del collocamento in casa famiglia senza alcuna autorizzazione formale”. Se i Servizi sociali avessero ben operato, avrebbero risparmiato alle bambine e alla loro zia tanto dolore».

«Non solo dolore ma anche rischi e ferite per le bambine – aggiunge la prof.ssa Palmieri – alle quali  sarà necessario, dopo un’articolata e per niente scontata CTU, restituire l’infanzia che è stata loro rubata. Non si deve mai dimenticare che, alla fine, il prezzo più alto lo pagano proprio i bambini».

Per questo motivo si valuterà la richiesta di risarcimento dei danni da parte dei Servizi Sociali.

 

 

Milano: il coraggio e la determinazione di una mamma

Nel 2013, il Tribunale per i Minorenni di Milano, disponeva l’apertura dell’adottabilità.

In data ,13 gennaio 2020, veniva deciso non luogo a procedere per l’adottabilità, dallo stesso Tribunale

Nel febbraio 2022, veniva denunciato l’assistente sociale che faceva le videochiamate alla mamma seduto sul wc.

in data 3 ottobre 2022, il Giudice Tutelare di Milano, disponeva il progetto di rientro definitivo del bambino  dalla mamma

Grande felicità per questa mamma e per  il suo giovanotto!!!

Ancona: undicenne dopo anni potrà vedere la madre

Tre anni fa gli aveva inviato un regalo di Natale, mai consegnato dai Servizi sociali.

ANCONA (6 giugno 2022). Ci sono voluti anni di battaglie legali, la tenacia di una mamma di Macerata e la caparbietà del legale per far sì che il Tribunale per i Minorenni di Ancona decidesse di far riavvicinare un ragazzino, oggi undicenne, alla sua mamma biologica. Non la vede da anni, perché nessuno da quando era piccolino si è impegnato per far sì che rivedesse la sua mamma e tornasse a casa da lei. Vive da anni con una coppia di genitori affidatari, che sono ormai la sua famiglia ed è come se qualcuno avesse voluto cancellargli la memoria, affinché si abituasse prima e meglio alla nuova famiglia. Tre anni fa la madre  aveva provato a consegnargli un pacco contenente vestiti e giocattoli per Natale: al bambino quel pacco non è mai arrivato, perché i Servizi sociali non glielo hanno consegnato, rispedendolo al mittente. «A questo punto, oltre la soddisfazione per questo primo passo,  ci domandiamo se si tratti di un affidamento lecito o meno. – dichiara l’avvocato Miraglia, a fianco della madre nella lotta per rivedere il figlio – Non possiamo che essere contenti del fatto che il Tribunale per i Minorenni di Ancona alla fine abbia accolto le nostre istanze e abbia stabilito la ripresa degli incontri tra madre e figlio, con un supporto psicologico per il minore. Il ragazzino infatti non ricorda la madre e sta accettando di incontrarla più per farle un favore che per desiderio personale di riabbracciare la sua mamma. È lecito quindi domandarsi cosa avranno raccontato negli anni a questo ragazzino. Saprà che la mamma lotta da anni per riaverlo con sé oppure gli hanno fatto credere che non volesse più avere a che fare con lui e che avrebbe dovuto vivere per sempre con la nuova famiglia? Tutto questo si sarebbe potuto evitare se soltanto l’affidamento avesse avuto carattere temporaneo, come previsto per legge e nel rispetto del diritto dei minori a vivere con la famiglia di origine; e se qualcuno in tutto questo tempo avesse avviato un programma di sostegno e riavvicinamento tra madre e figlio, con il suo progressivo rientro a casa: ma il Tribunale per i minorenni di Ancona non ha fatto nulla, facendo scivolare la pratica nell’oblio. E il tempo è passato inesorabile. Se avessimo bisogno di una conferma che al Tribunale Per i Minorenni di Ancona le cose non funzionano, questa ne è l’ennesima riprova. Nel frattempo auspichiamo che madre e figlio riescano a ricucire il loro rapporto strappato, ma chi non ci assicura che tra un paio d’anni non ci troveremo di fonte a un ragazzo che non vorrà più avere nulla a che fare con la madre percependola come un’estranea? E a quel punto la colpa di chi sarà?».

 

Bimbo sequestrato in comunità blitz dell’Assessore Caucino e della Garante C.: vuole tornare a casa dalla sua mamma

Torino  20 Maggio 2022, C. è un bambino del Torinese che vive “sequestrato” in una comunità terapeutica nella quale è stato confinato due anni fa.

Tutto nasce dalle lamentele della madre del bimbo disabile, che evidenziava l’incapacità di gestire l’iperattività del figlio, da parte della scuola che frequentava.

Invece di fornire un supporto alla famiglia, il Tribunale Per i Minorenni del Piemonte e Valle d’Aosta da più di 2 anni, ha confinato il bimbo dentro la comunità terapeutica, da cui non esce nemmeno per andare a scuola.

Da anni il bimbo non vede nessuno, nemmeno la mamma, inoltre viene regolarmente sedato con i farmaci.

“È un manicomio per bambini mascherato???” dichiarava l’Avvocato Miraglia, legale della madre di C. in un articolo pubblicato dopo averlo intervistato lo scorso Dicembre 2020.

Una madre disperata che per essersi recata in questa comunità con l’intento di poter vedere il suo bambino, o anche solo per poter sentirne la voce, è stata denunciata dagli stessi operatori della comunità, manco fosse una criminale.

Proprio per il legame della struttura con la Diocesi in questione, l’Avvocato Miraglia, l’anno scorso scrisse e pubblicò, una lettera destinata a Papa Francesco, di cui riportiamo uno stralcio :

«Sua Santità – prosegue l’avvocato Miraglia nella sua lettera – non è possibile trattare una mamma alla stessa stregua di un criminale, solo perché rivendica l’amore per il proprio figlio”.

“Ancor più grave è questo atteggiamento arrogante e prepotente, assunto dagli operatori che lavorano ed operano in una struttura di proprietà della Diocesi”.

“Ben sappiamo dei suoi tanti impegni, tanti sono i suoi pensieri, ma con tutto l’amore di Dio le chiediamo di dedicare un secondo della sua giornata a questo piccolo, che non vuole altro che riabbracciare la sua mamma”.

“Sua Santità, il mio studio legale da anni combatte contro il sistema degli affidamenti illeciti, contro l’alienamento dei minori dai propri genitori e contro questo mercato fatto sulla pelle dei bambini”.

“Mai avrei pensato di combattere contro chi opera in nome della Famiglia, dell’Amore e della Misericordia dei bambini”.

Ieri l’Assessore Regionale alla Famiglia Chiara Caucino, insieme al Garante per l’Infanzia, si è recata presso la struttura Paolo VI, dove da anni è rinchiuso C.

Un blitz istituzionale, dal quale sono emerse delle verità che da molto tempo sia l’Avvocato Miraglia, nella sua difesa, che l’Associazione Graziani Adelina, portano avanti.

In primis l’Avvocato Miraglia, l’Associazione Graziani Adelina, nella persone del Presidente Riccardo Ruà e la Vice Presidente Rachele Sacco, (e noi della testata che ci siamo occupati di alcuni articoli in merito alla situazione del bambino) vogliamo ringraziare, l’Assessore Caucino, per essersi prodigata in tal senso.

Anche l’Assessore Caucino insieme alla Garante per l’Infanzia Ylenia Serra, hanno appurato che il bambino chiede espressamente di poter ritornare a casa dalla sua mamma.

Una frase quella pronunciata da C. che noi conosciamo molto bene, una volontà che il povero bambino non ha mai smesso di esternare, pur vivendo in una realtà costrittiva, e di sedazione continua.

Ciò che chiede C. non è mai stato preso in considerazione, questo ci turba molto, e ci addolora apprendere che da molti anni il bambino soffre per questa ingiustificata reclusione, seppur né lui né la sua mamma si siano mai macchiati di alcun crimine.

Il bambino da anni non va più a scuola, non può parlare, e nemmeno ricevere l’affetto dalla sua famiglia, a lui è stato precluso tutto.

Dal blitz, che fece l’Associazione Graziani Adelina, che si occupa anche di Malasanità, emersero dei fatti a dir poco sconvolgenti.

Un medico della struttura, non solo non volle riceverli, ma asserì in presenza anche di testimoni, che il bambino non voleva vedere la sua mamma, in quanto ne aveva paura.

Un’affermazione questa che non corrisponde al vero, in quanto C. non ha mai smesso di amare la sua mamma, che tanto lo ama a sua volta.

Una madre amorevole, grande lavoratrice, che meritava un trattamento diverso, piuttosto che la privazione del figlio.

Una donna senza precedenti penali, una brava persona con una famiglia altrettanto integerrima, che si è vista strappare il suo bambino.

Era un normalissimo giorno di scuola per C. e non fosse che quando la sua mamma lo va a riprendere a scuola, e scopre che il bambino non c’era più, lo avevano portato via, per segregarlo in questa comunità.

Pensate a come possa essersi sentita questa madre, nell’apprendere tale abominio.

  1. aveva raccontato alla sua mamma che a scuola veniva addirittura bullizzato, e che i genitori degli altri alunni si erano uniti per fare in modo che il bambino non frequentasse più quella scuola.

Questo bimbo non è un mostro ve lo assicuriamo, è un bambino che oggi ha solo 9 anni, affetto da una disabilità, ma che può essere aiutato, non di certo ghettizzandolo, e togliendogli la famiglia.