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Bimbo in coma per incuria. La madre denuncia Giudice e assistenti sociali

MONZA (28 Febbraio 2020). E’ ancora in coma il bambino di cinque anni, dal 10 febbraio ricoverato all’ospedale di Bergamo a causa di un’infezione che il padre, al quale il Tribunale di Monza lo aveva affidato, non si è preoccupato di curare. L’infezione ha causato dei danni cerebrali e il piccolo adesso è sotto cura, per cercare di farlo uscire dalla situazione clinica disperata in cui si trova da quasi venti giorni.
La madre da mesi chiedeva al tribunale, presentando denunce e istanze urgenti, di togliere il bambino al padre, che era evidente lo trascurasse nella salute e nell’igiene: tutto rimasto inascoltato e adesso ogni giorno questa donna invece di giocare con suo figlio, di farsi raccontare la giornata trascorsa a scuola, di portarlo a mangiare un gelato, si reca invece al capezzale del suo bambino, che non parla, non si muove, non si sveglia.
La donna ha pertanto denunciato per lesioni e abuso d’ufficio il padre del bambino, insieme al giudice del Tribunale di Monza, alla psicologa che ha redatto la CTU, alla coordinatrice del Centro per famiglie di Monza, a due assistenti sociali.
Nel frattempo il Presidente del Tribunale di Monza si è scrollato completamente di dosso ogni responsabilità, addossandole alla madre, mentre dall’Associazione nazionali magistrati di Monza giunge un’accorata difesa del giudice. Attraverso una nota stampa, l’Anm dichiara che il magistrato è «ingiustamente attaccato»  ed è «oggetto di una campagna di stampa orchestrata in maniera spregiudicata».
«Prima di lanciarsi in un’accorata difesa d’ufficio del giudice del Tribunale di Monza, denunciato dalla madre del bambino» dichiara il legale della donna, l’avvocato Francesco Miraglia, «l’Associazione nazionale magistrati avrebbe dovuto quantomeno informarsi sulla vicenda, senza dare per scontato che sia privo di macchie e di errori l’operato del Giudice. Gli errori sono sotto gli occhi di tutti: un bambino di cinque anni, nonostante i reiterati appelli e le segnalazioni ufficiali della madre, da quasi venti giorni non si sveglia dallo stato di coma in cui versa per l’incuria di cui è stato vittima».

 

Bergamo:condannato per maltrattamenti un uomo al quale il Tribunale le AVEVA AFFIDATO IL FIGLIO

      L’avvocato Miraglia: «Ma il tribunale con quali criteri gestisce gli affidi?»

BERGAMO (10 dicembre 2019). E’ stato condannato a un anno e quattro mesi di reclusione l’uomo di Bergamo al quale il tribunale aveva affidato il figlioletto, nonostante il piccino fosse terrorizzato dai sui sfoghi violenti e la madre, considerata “psichiatrica”, sia invece del tutto sana. Il tribunale di Bergamo lunedì ha condannato l’uomo per maltrattamenti in famiglia, comprovati da testimonianze e da prove schiaccianti. In numerose occasioni, anche davanti al bambino, aveva inveito violentemente contro la donna, invitandola persino ad ammazzarsi lanciandosi dal balcone, sbattendo con i pugni contro porte e muri, infrangendo gli oggetti in casa. Eppure, nonostante già si sapesse che le accuse erano queste, nella causa di separazione tra i genitori il tribunale ha affidato il piccolo al padre, lasciandolo a lui anche dopo un gravissimo episodio avvenuto esattamente un anno fa: le urla strazianti del piccolo che chiedeva di smettere e le grida minacciose del padre erano state segnalate dai vicini alle forze dell’ordine. Quanto alla madre, per le assistenti sociali non sarebbe adeguata al ruolo di genitore e per il tecnico che ha svolto la perizia per il tribunale sarebbe addirittura affetta dalla Sindrome di Münchhausen per Procura, una patologia che rappresenterebbe una forma di maltrattamento per il figlio in quanto, allo scopo di attirare l’attenzione su di sé e godere del supporto dei medici, sarebbe portata simulare o esagerare i sintomi di una malattia fisica o psicologica nel figlio che, ad un esame accurato, appare inesistente. Diagnosi smentita da successive perizie.
E per di più, il bambino continua ad avere problemi di salute, segno che la madre non è “malata”, ma solo un genitore attento e preoccupato della salute del proprio bambino.
«Ma il tribunale a  Bergamo con quali criteri gestisce gli affidi?» dichiara l’avvocato Francesco Miraglia, che tutela la mamma del piccolo. «Affida un bambino a un padre violento, mentre la madre può vederlo solo una volta alla settimana per un’ora, nel corso di incontri protetti. In questo caso se l’assistente sociale ha gestito e stabilito tutto e il consulente tecnico ha emanato già da solo e in anticipo la sentenza, il tribunale che ci sta a fare? Alla luce della condanna del padre, temiamo per l’incolumità del bambino e chiediamo di rivedere il procedimento di affidamento e di disporre l’immediato collocamento del minore presso la madre».

I ragazzo "effeminato" può stare con la madre

 
La Corte d’Appello di Venezia reintegra la potestà alla madre del sedicenne
Le lacrime di gioia della donna dopo anni di battaglie giudiziarie
«Finalmente posso ricominciare la mia vita» le parole del ragazzo
 
PADOVA (12 marzo 2019). Alla fine ce l’ha fatta e la prima cosa che le è venuto spontaneo fare, appresa la notizia della decisione pronunciata dalla Corte di Appello, è stata sciogliersi in un pianto liberatorio. Ci sono voluti anni, ma alla fine una tenace madre della provincia di Padova è riuscita a tenere con sé il figlio che i Servizi sociale e il Tribunale dei minorenni di Venezia hanno fatto di tutto per allontanare da lei, adducendo persino la motivazione secondo la quale la vicinanza alla madre e alle sorelle maggiori ne avrebbe determinato un comportamento eccessivamente effeminato. La Corte di Appello di Venezia ne ha reintegrato appieno la potestà genitoriale e il ragazzo, che oggi ha sedici anni, resterà con lei per sempre. «Finalmente posso ricominciare la mia vita» le parole pronunciate del ragazzo.
«Ma se la madre e io stesso come suo avvocato non avessimo lottato, creando anche un caso “mediatico”, questo ragazzino da due anni vivrebbe con degli sconosciuti, senza facoltà di disporre della sua vita e delle sue scelte» commenta l’avvocato Francesco Miraglia, esperto in Diritto minorile, cui la madre si era rivolta, commentando la sentenza. «Dalla perizia disposta dal tribunale ne era uscito il ritratto di un comunissimo adolescente, che stava bene nel contesto familiare in cui è sempre vissuto e cresciuto, che ha potuto scegliere la scuola superiore da frequentare (e la sta frequentando serenamente). Lo stesso ritratto che ne era emerso ad agosto, quando lui personalmente si era presentato in Corte d’Appello: davanti ai giudici c’era un normalissimo adolescente, che non comprendeva il motivo per il quale avrebbe dovuto trasferirsi in una comunità di Treviso, lasciando la casa e la famiglia che aveva sempre conosciuto. La “normalità” del ragazzo ha convinto i giudici che, prima di emanare una sentenza, hanno voluto verificare con una perizia lo stato psicologico del giovane. L’analisi tecnica ha dato ragione alla madre, che si è sempre strenuamente battuta per tenerlo con sé, disposta a dimostrare con ogni mezzo che suo figlio stava benissimo e non aveva problemi tali da indurre i Servizi sociali a portarglielo via.
Alla luce di tutto questo è giunta in questi giorni la decisione finale della Corte d’Appello: il ragazzo può stare con la madre e le sorelle, sebbene i Servizi sociali debbano periodicamente verificare la situazione del minore.
Tutto era iniziato due anni fa: dopo anni di controversie legali familiari, che avevano portato all’intervento dei Servizi sociali, alla madre era arrivata all’improvviso la disposizione emanata dal Tribunale dei Minori di Venezia, con la quale le si comunicava il decadimento della potestà genitoriale su suo figlio, sulla base di una relazione presentata dai Servizi sociali territoriali, che consigliavano un allontanamento al di fuori della famiglia visto gli atteggiamenti “effeminati” che il ragazzino mostrava. Questo nonostante fossero anni che non vedevano il ragazzo. La madre allora aveva presentato ricorso alla Corte di Appello veneziana, che aveva sospeso il provvedimento di allontanamento e disposto una nuova perizia. «Se questa madre non si fosse opposta, suo figlio da due anni vivrebbe altrove, senza motivo e senza colpa» prosegue il legale, «con danni incalcolabili per la sua salute psicologica: prigioniero senza aver commesso alcun reato. Senza contare che sarebbe stato anche un costo per la collettività. I Servizi sociali territoriali hanno sbagliato, ormai è acclarato, e mi auguro che queste assistenti sociali vengano sollevate dal caso. Ma anche il Tribunale dei minorenni di Venezia ha assunto decisioni discutibili: cosa è cambiato da due anni a questa parte?  Nulla, il ragazzo è sempre lo stesso. Perché allora ci sono voluti anni prima che venissimo ascoltati e fossero letti attentamente i documenti, che ci davano pienamente ragione? Trovo inconcepibile l’atteggiamento che assume in certi casi il Tribunale dei minorenni di Venezia: l’ultimo caso eclatante è quello del piccolo Marco, un bimbo veronese di tre anni, sottratto inspiegabilmente dalla famiglia affidataria che avrebbe voluto adottarlo, per imporne l’adozione a un altro nucleo familiare, sconosciuto al piccolo. E cosa ancor più grave, in attesa del pronunciamento sul ricorso presentato, da dicembre questo piccolo vive, triste e solo, in una casa famiglia, tra completi estranei».

Ancona: maltrattamenti psicologici su una bambina di cinque anni

L’AVVOCATO MIRAGLIA: “LA FAMIGLIA AFFIDATARIA VA PERSEGUITA”

ANCONA (27 febbraio 2019). Ha dell’incredibile quello che accade nelle Marche ad una bimba di cinque anni, allontanata quando ne aveva appena uno dalla madre: sta subendo un vero e proprio lavaggio del cervello, un maltrattamento psicologico inaudito e continuo da parte dei genitori affidatari, che ostacolano il suo rapporto con la mamma biologica, addirittura imponendo alla piccola di chiamarla “zia”, e non mamma, e arrivandole a dire che non ha più un cognome, perché saranno loro i suoi genitori. «E una coppia che prende in affidamento un bambino dovrebbe sapere non bene, ma benissimo, che il provvedimento è temporaneo e mirato a un ricongiungimento dei bambini con le loro famiglie di origine», sottolinea l’avvocato Francesco Miraglia, che ha preso in carico questo caso particolarmente delicato a causa del violento condizionamento psicologico cui è sottoposta la piccola, che si sente «tra due fuochi», come sottolinea lo stesso psicoterapeuta che l’ha in cura e il cui giudizio, inspiegabilmente però, non è minimamente tenuto in considerazione dal Tribunale dei minorenni di Ancona. Un tribunale sordo a una Consulenza tecnica d’ufficio, a una relazione dello psicoterapeuta e un pronunciamento della Corte d’Appello, che sottolineano tutti come la piccola debba essere tolta a questa coppia o per lo meno che si intervenga a cambiarne gli atteggiamenti che ostacolano il rapporto tra la bimba e sua madre. Atteggiamenti, a detta degli esperti, che oltre a far star male la bimba adesso, ne potrebbero pregiudicare tra qualche anno lo sviluppo psicologico, affettivo e relazionale, specialmente nel corso dell’adolescenza».

La mamma biologica è una brava persona, che si è trovata a non poter garantire un’abitazione sicura alla sua bimba: il tribunale ha stabilito quindi di affidare temporaneamente la piccola a una coppia che non può avere figli, in attesa che la madre trovasse una sistemazione adeguata. La coppia avrebbe dovuto mantenere i contatti con la madre naturale, coinvolgendola nella vita della bambina: invece ha sempre fatto di tutto per ostacolarli, evitano categoricamente le telefonate tra loro, obbligando la bimba a dire allo psicologo che lei non vuole vedere più la sua mamma (pur avendo con lei un legame forte), cancellandole dalla memoria il suo cognome, costringendo la piccola a chiamare “zia” la propria madre. «Si comportano come se la figlia fosse loro» prosegue l’avvocato Miraglia, «come se l’avessero adottata. Non è che stanno ostacolando il suo rapporto con la madre naturale per arrivare in qualche modo ad adottarla? Mi domando se questa bambina gli sia stata promessa da qualcuno! Com’è che nelle Marche mi sono imbattuto spesso in circostanze simili, nelle quali dei bimbi vengono sottratti ai genitori e affidati a coppie che poi li tengono per anni, quasi fossero adozioni mascherate? Depositerò un’istanza urgente, invitando nel frattempo il Tribunale dei Minorenni ad inviare segnalazione alla Procura della Repubblica per il reato di maltrattamenti in famiglia, che questa coppia commette sistematicamente da anni verso una bimba di appena cinque anni. ciò che stanno commettendo è un abuso, una violenza».

Bambino di quattro anni picchiato dal padre

 
Il tribunale lo ha affidato al genitore violento, nonostante un procedimento per maltrattamento verso l’ex moglie
Agghiaccianti le urla e le suppliche del piccino che invoca il padre di smettere, registrate dai vicini di casa
 
BERGAMO (14 dicembre 2018). «Papà basta, papà smettila» urla un piccino di quattro anni, tra singhiozzi disperati e rumori di sedie che si spostano. Ecco cosa è costretto a subire un bambino così piccolo e indifeso, figlio di genitori separati, che il tribunale ha affidato al padre, nonostante su di lui penda un procedimento penale per violenza domestica e maltrattamenti verso la madre. La quale non è potuta intervenire in auto del figlio, sebbene avvertita dai vicini di casa, perché sempre il tribunale le ha vietato di avvicinarsi al bimbo, se non un’ora sola a settimana in un ambiente protetto, in presenza delle assistenti sociali. Mercoledì sera il piccino era lì in casa, con il padre orco e i vicini che impotenti sentivano le sue urla strazianti. Nemmeno due telefonate al 112 lo hanno sottratto alla furia paterna: alla porta di quel padre violento non si è presentato nessuno. La madre ha sporto immediatamente querela presso la questura di Bergamo e ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica. «Chiederemo una nuova perizia e che il tribunale riveda le sue decisioni e affidi il bambino alla madre» annuncia l’avvocato della donna, Francesco Miraglia. «Incredibile poi la motivazione che ha spinto i Servizi sociali e il tribunale a togliere il bambino a sua madre: secondo la perizia tecnica del tribunale, la donna soffrirebbe della Sindrome di Münchhausen, per cui inventerebbe traumi psicologici e malattie per attirare l’attenzione. Quadro smentito dai Servizi psichiatrici che l’hanno successivamente vista e valutata, secondo i quali la signora è perfettamente sana, certo provata dallo stress che questa situazione le causa». Ancora più incredibile è l’aver affidato il bambino al papà, indagato appunto per maltrattamenti e violenza verso l’ex moglie. Sono stati almeno due i casi in cui anche il piccino, la scorsa primavera, aveva raccontato di essere stato picchiato dal padre (una volta presentava addirittura vistosissimi lividi). Ma non gli hanno creduto: troppo piccolo, non sa cosa dice, si inventa tutto.
«Per fortuna c’è la registrazione dei vicini di casa, che lo hanno sentito urlare disperato e angosciato: urla che spezzano il cuore» prosegue l’avvocato Miraglia. «Ci auguriamo che alla luce di queste prove qualcuno intervenga con celerità a porre fine al calvario che sta vivendo questo bambino e che gli sarebbe stato risparmiato se non fosse stato per quella perizia, campata per aria, di cui nessuno finora ha voluto presentarci gli elementi sulla base dei quali è stata emessa».
 
 

Viene bullizzato a scuola: lo tolgono ai gentori

. Secondo il Tribunale dei Minori di Venezia, nasconderebbe così i maltrattamenti in famiglia. E manda numerosi poliziotti a prelevare lui e la sorella
JESOLO (18 giugno 2018). «Neanche fosse un pericoloso malvivente» commenta l’avvocato Francesco Miraglia, cui la famiglia del ragazzino, un quindicenne di Jesolo, si è rivolta per ottenere giustizia. «A parte l’incomprensibile motivazione per la quale vogliono allontanare da casa il ragazzo e la sorella, è lo spiegamento di forze che è stato utilizzato per portare i ragazzi in una comunità che ha dell’incredibile. Il Tribunale dei Minori di Venezia non si smentisce: dopo il ragazzo padovano che voleva allontanare dalla madre e dalle sorelle perché ritenuto troppo “effeminato”, adesso vuole portare via ai genitori un ragazzino, vittima di bullismo, invece di aiutarlo».
Tre volte i Servizi sociali si sono presentati alla porta dei genitori dei due adolescenti, di 15 e14 anni, le due ultime volte scortati da poliziotti armati.
Il ragazzo due anni fa venne preso di mira, anche con violenza, da alcuni bulli a scuola, la quale però non ascoltò né lui né i genitori e non prese alcun provvedimento. Il ragazzino, traumatizzato, non riuscì a tornare a scuola e venne bocciato per le eccessive assenze. Per tutta risposta, la scuola segnalò la famiglia ai Servizi sociali e da qui iniziò un nuovo incubo. I Servizi sociali si presentano ad agosto per portare via i bambini e accompagnarli in comunità, convinti del fatto che gli episodi di bullismo siano solo il tentativo del ragazzo di nascondere i maltrattamenti subiti in famiglia. Non avendo ricevuto alcun decreto, i genitori si opposero all’allontanamento dei loro figli: le assistenti sociali sono quindi tornate ad ottobre, facendosi autorizzare dal tribunale ad essere accompagnate dai poliziotti. E visto l’ennesimo diniego, sono tornate ancora lo scorso maggio, con un ulteriore dispiegamento di forze dell’ordine.
«Armati come nemmeno si trattassero di pericolosi latitanti» prosegue l’avvocato Miraglia. «La prossima volta chi manderanno? I carabinieri dei Ros? Tra l’altro il provvedimento è stato emesso senza aver mai ascoltato i ragazzi, senza perizia alcuna. Abbia presentato istanza con richiesta di sospensione del provvedimento di allontanamento e convocazione delle parti: resta il fatto che il Tribunale dei minori di Venezia ha la tendenza ad allontanare un po’ troppo spesso i ragazzi da casa per motivi inesistenti».

Preg,mo sig. Presidente Mattarella

Modena, lì 23 marzo 2018
 
 
Oggetto: Richiesta di appuntamento urgente                                                         
 
 
Preg.mo Presidente,
prima in qualità di avvocato e poi in qualità di cittadino italiano, sento il bisogno di rivolgermi direttamente alla Preg.ma S.V.
Nella giornata del 21 marzo u.s., al Quirinale sono state convocate le attrici meritevoli di riconoscenze ma anche portatrici di un messaggio: “Nuove sfide, grazie alle donne che hanno denunciato”, “il monologo di Paola Cortellesi in difesa delle donne ai David 2018 dovrebbero ascoltarlo tutti contro ogni discriminazione”.
Ebbene, caro Presidente, occorre far sì che questi messaggi riguardino anche la povera gente, spesso senza difesa, spesso senza voce, spesso oggetto di vere e proprie discriminazioni; non vorrei che anche per Lei valesse quel detto “si predica bene e si razzola male”.
La realtà, purtroppo, è ben diversa dai salotti de Quirinale, dalle cerimonie e dai convegni.
Tanti, troppi, sono i casi in cui le donne subiscono le discriminazioni proprio da quelle istituzioni a cui si rivolgono per essere tutelate.
Com’è possibile che una mamma si rivolga all’autorità giudiziaria per i reati p.e.p dagli artt.61 n.11 quinquies, 572 c.p, n. 582 I comma, 585 in relazione all’art 576 n.5.1, N.582 I comma, 585 in relazione all’art. 576 n.5.1 c.p., N. 628 comma 2 e 3 N. 3 bis, c.p., N.. 628 comma 2 e 3 n.3 bis c.p., N. 582 commi 1 e 2 in relazione all’art. 585 comma I, 576 comma 1 n. 1 in relazione all’art. 61 n. 2 c.p., art. N. 574 c.p., N. 572 c.p., e come risultato si ottiene l’allontanamento dei figli e addirittura la disposizione degli incontri protetti.
Certo che non sarà questa mia comunicazione a far cambiare le cose, ma sono certo che la Sua sensibilità avrà il sopravvento sulle carte e sulle relazioni.
Occorre che i Magistrati, nel caso specifico, prima di prendere delle decisioni, siano preparati a prenderle, prima di decidere, abbiano la conoscenza e la preparazione di affrontare e di prendere determinate decisioni.
Non vorrei che questa mia comunicazione passasse come una sorta di difesa d’ufficio di tanti miei assistiti.
Questa vuole essere una sorta di invito a una presa di coscienza di un problema serio; è troppo facile, a disgrazia accaduta, commentare: “si poteva evitare”, “potevamo intervenire prima”, “non abbiamo ascoltato”.
Caro Presidente, sarebbe importante capire la realtà e invitare al Quirinale non solo chi ha la possibilità economica di difendersi e di far valere i propri diritti, ma anche quelle povere mamme che oltre a subire le umiliazioni e le botte dei propri uomini, subiscono anche l’umiliazione delle istituzioni che come primo atto di aiuto decidono, incredibilmente, di allontanarle i figli collocandoli presso il proprio carnefice.
Sicuramente non avrà bisogno dei miei consigli, ma sono certo che la realtà che Le spesso raccontano sia completamente diversa.
Basterebbe poco affinché molte di queste tragedie potessero essere evitate.
La preparazione, il buonsenso, la sensibilità, sono questi i pregi che devono appartenere in primis a chi raccoglie le denunce e in secondo luogo a chi le deve valutare per prendere delle giuste decisioni.
Le chiedo, non certo come cittadino, ma come avvocato, di essere convocato da Lei il prima possibile, per rappresentarLe, “carte alla mano”, che “nuove sfide, realmente possono essere affrontate grazie alle donne che hanno denunciato”.
Per puro tuziorismo voglio riprendere le Sue parole:
Attrice, registe, operatrici del mondo del cinema hanno, con forza, denunciato mancanza di parità nei diritti, nelle opportunità, nelle condizioni di lavoro; una inaccettabile pretesa di considerarle in condizione di inferiorità. pretesa che non di rado sfocia anche in pressioni indebite e in violenze, morali e fisiche. Desidero ringraziare per la lettera che ho ricevuto da donne del cinema. Questa distorta concezione nei confronti delle donne, presente in tanti ambiti della società, è insopportabile per persone libere, che concepiscono la parità come premessa irrinunciabile di ogni comunità umana. Nessuno, in alcun ambiente, deve sottrarsi a questo dovere di civiltà ed è sorprendente che vi sia ancora bisogno di richiamarlo”
Auguro a tutti voi e a coloro che lavorano nel cinema una nuova primavera. Abbiamo le risorse intellettuali, le energie umane, le forse organizzative per affrontare la nuova stagione con fiducia”.
Mi sembra superficiale ricordarLe che i nostri concittadini non sono tutte attrici con possibilità economiche per far valere i propri diritti.
Le chiedo quindi, di considerare quanto le ho riportato, considerato che Lei è anche il Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura.
Rimanendo a disposizione per l’appuntamento da concordare, porgo cordiali saluti.
 
 
 
                                                                                                          Avv. Francesco Miraglia
 
 

L’avvocato Miraglia: a chi giova tutto questo?

Bimbo di Ferrara allontanato senza motivo dalla madre e dato in affidamento a un’altra famiglia. I pregiudizi di una psicologa stanno gravemente nuocendo alla stabilità del piccolo
 
FERRARA, 16 marzo 2018. Ha strappato un bimbo alla madre, che pure lo amava e lo accudiva al meglio, affidandolo a un’altra famiglia. Senza motivo apparente, anzi, motivando la decisione con presunte disfunzionalità dell’attaccamento tra madre e bimbo, non suffragate da alcun test, alcuna prova scientifica, niente. Puro pregiudizio. Solo che il comportamento superficiale di una psicologa dei Servizi sociali di Ferrara sta danneggiando seriamente la serenità del piccino, di tre anni appena.
«Il Tribunale dei minori di Bologna ha accolto le motivazioni dei Servizi sociali basati su fatti travisati e non corrispondenti al vero, senza accertare la verità» sottolinea l’avvocato Francesco Miraglia, che difende la madre, «emettendo a novembre un provvedimento di allontanamento da casa e affidamento del bimbo a un’altra famiglia».
Pur avendo la madre immediatamente presentato ricorso, ad oggi, dopo quattro mesi, non è giunta nessuna risposta né dal Tribunale né dall’Asl e il piccolo continua a rimanere lontano dalla mamma, dai nonni e dalla zia, che erano la sua famiglia, il suo mondo, i suoi affetti. Perché? Senza motivo apparente.
«Inverosimile che un Tribunale dopo tutti questi mesi, non si senta in dovere di fissare un’udienza per ascoltare la madre» prosegue l’avvocato Miraglia. «Il piccolo non può tornare da lei perché la psicologa ritiene che abbia una disfunzione di attaccamento verso la mamma, perché dopo gli incontri con lei, quando torna nella famiglia affidataria, risponde male ai nuovi “genitori”: la psicologa lo ritiene legato al rapporto compromesso con la madre, ma non le è venuto in mente che forse è proprio il contrario? Che il piccolo soffre a doversi staccarsi dalla mamma e a tornare a casa da estranei?  E sulla base di queste supposizioni pregiudizievoli e superficiali, non suffragate da alcun test, ha sospeso gli incontri tra la mia assistita e il suo bambino. Abbiamo chiesto udienza in tribunale, abbiamo chiesto di cambiare psicologa, abbiamo chiesto un percorso alternativo che riavvicini madre e figlio, senza ottenere però alcuna risposta da nessuno. A chi giova allora tutto questo? Al piccolo no di sicuro, sebbene tutto questo sarebbe stato fatto per il suo bene. Quale bene? Quanto ancora dovrà soffrire questo bambino prima che qualcuno intervenga?».
Ancora più grave è il silenzio del Direttore Generale dell’ASL di Ferrara, Il responsabile del servizio sociale referente, dell’assessore alle politiche sociale del comune di residenza del Presidente della Regione, dell’Assessore alle Politiche Sociali della Regione.
Mi viene un dubbio, forse ad elezioni finite poco interessano i diritti delle persone …..
 

Intervista all'avvocato Francesco Miraglia sul decreto di allontanamento del ragazzo dipendente da videogiochi

Il ragazzo rimane con sua madre’
Allontanamento firmato, ma l’avvocato «Per portarlo via devono arrestarlo»
CREMA – «O lo arrestano o se lo portano via attraverso la procedura del trattamento sanitario obbligatorio, altrimenti il ragazzo rimane qui, a casa con sua madre». L’avvocato Francesco Miraglia ne è certo. Il legale si occupa del ‘caso’ del ragazzino quindicenne che il tribunale dei minori vuole allontanare dalla madre in quanto dipendente dai videogiochi. Tanto che non riusciva nemmeno ad andare a scuola.
Il decreto di allontanamento è stato emesso il 28 dicembre scorso ed è stato notificato all’avvocato lunedì 5 febbraio 2018. «Chiediamo — prosegue l’avvocato — di sospendere il decreto. Si tratta dell’ennesimo provvedimento superficiale, che non tiene conto del fatto che il ragazzo non gioca più e va regolarmente a scuola»
 
 
https://t.co/F5mwCKQ8MW
(https://twitter.com/MiragliaInfo/status/960949467271843841?s=03

Bari: coppia minacciata dai servizi sociali. “O scegliete “un nostro” avvocato o il bimbo non lo rivedrete più”

BARI. Colpevoli di avere un avvocato talmente “rompiscatole” da aver denunciato alcune irregolarità e pregiudizi commessi da alcuni operatori dei Servizi sociali che operano in provincia di Bari verso una coppia, da cui è stato temporaneamente allontanato il figlioletto. Segnalazioni che non sono state ben accettate dagli operatori sociali, che hanno infatti intimato alla coppia di cambiare avvocato e di sceglierne uno di concerto con loro. Altrimenti? “Siccome il giudice fa come diciamo noi, il bambino rischiate di non vederlo più” è stata la risposta dell’educatore che si occupa del piccolo.
 
«Un fatto gravissimo e inaudito» commenta l’avvocato Francesco Miraglia, legale della coppia. «Oltre a costituire una vera e propria minaccia, le parole dell’educatore lascerebbero intendere che giudici, avvocati e assistenti sociali operino di comune accordo, in una sorta di “collusione” non sempre a favore del benessere dei bambini allontanati da casa, si potrebbe pure pensare. Chi garantisce infatti che le decisioni assunte siano prive di pregiudizi? Nella vicenda che riguarda i miei assistiti, di pregiudizi, purtroppo, ne abbiamo riscontrati, e anche gravi. Come viene pure da pensare: se qualcuno non ha un avvocato “compiacente” o se non ha il coraggio o la forza di opporsi, rischia di accettare, suo malgrado, una sentenza ingiusta, che nel caso del Tribunale dei minori si traduce nell’allontanamento dei propri figli».
 
La coppia in questione da due anni è seguita dai Servizi sociali, che si occupano del piccolo e che periodicamente lo riaccompagnano in famiglia, senza mai, però, che si concretizzi un rientro definitivo, sempre rinviato. Ma la cosa più grave è che in sede di udienza in tribunale, gli assistenti sociali hanno riferito che la coppia non sarebbe in grado di occuparsi del bambino non avendo neppure una balaustra a protezione del terrazzo. La balaustra esiste eccome, come dimostrato dalla coppia. «Una inesattezza che, se mai smentita, in qualunque giudice avrebbe potuto instillare il dubbio che questi genitori non siano idonei ad occuparsi del figlioletto» prosegue l’avvocato Miraglia. «Ho preteso una rettifica, che infatti è arrivata, sebbene i Servizi sociali non ritengano che “tale inesattezza possa aver alterato il contenuto dell’atto stesso”. Per noi invece è gravissimo, perché insinua il dubbio che la casa non possa essere sicura e l’atteggiamento dei genitori non sia idoneo Ma ben più grave è stato il comportamento seguito a questa mia richiesta: uno degli educatori ha chiesto alla coppia di ricusarmi e anzi di denunciarmi pure, per scegliere poi un nuovo avvocato insieme ai Servizi sociali stessi. In caso contrario, siccome il giudice fa come dicono gli assistenti sociali, rischiavano di non vedere più il figlio. Tutto documentato. Trattandosi di affermazioni gravi, che gettano ombre sull’operato delle istituzioni pubbliche, degli avvocati e anche del tribunale stesso, abbiamo quindi richiesto un’udienza urgente e che sia poi il giudice stesso, accertati i fatti, ad inviare la documentazione in Procura per avviare delle indagini. Invitiamo inoltre il sindaco della località in cui vive la famiglia, che ben conosce la situazione, ad accertare l’operato dei suoi Servizi sociali».