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Vi prego, salvate mia figlia e mia nipote!»

Disperato l’appello di una giovanissima nonna di Pisa: la figlia si trova in balia di uno spacciatore che la imbottisce di droga, mentre la nipotina, che lei adora, le è stata strappata dal Tribunale dei Minori con la scusa di dare un taglio a questa famiglia considerata “sbagliata”, ma che è soltanto vittima di violenze inaudite
 
La storia di Maria (nome di fantasia) non è facile e non lo è mai stata, tutt’altro. Ha dovuto fin da giovanissima convivere con la violenza di un orco, che prima si è approfittato della sua giovanissima età e poi anche della loro figlioletta. Una ragazzina che ha reagito alla violenza e al trauma psicologico in maniera autodistruttiva, sprofondando in una spirale di degrado in cui l’hanno coinvolta uomini sbagliati, più grandi lei, criminali farabutti che l’hanno fatta uno prostituire in un night club, mentre l’altro l’ha trasformata in una tossicodipendente. L’unica gioia era la sua bimba, nata da queste relazioni sbagliate, che aveva sempre vissuto con la nonna materna, con la quale ha instaurato uno splendido legame.
«Il Tribunale dei minori però mi ha portato via la bimba» prosegue Maria «e adesso sono in attesa che si esprima sulla sua adottabilità. Pur ammettendo che mi prendo cura della piccolina e avendo costatato che lei sta bene e mi adora, la scusa con cui me la vogliono portare via qual è? Spezzare la catena familiare, perché siamo sbagliate. Invece di aiutarci, me la portano via».
A prendersi cura della piccina è sempre stata la nonna: la madre della bimba in questo momento vive segregata dal nuovo compagno, che le impedisce di avere contatti con la madre e la tiene soggiogata con la droga. Un legame distruttivo, che venti giorni fa ha portato la ragazza, appena diciottenne, in ospedale in overdose da metadone, che lui l’avrebbe costretta ad assumere.
«Mi sono quindi recata dai carabinieri a presentare un esposto» continua Maria nel suo drammatico racconto, «perché quello va a finire che me l’ammazza. Lo conoscono anche i carabinieri che è uno spacciatore e ho chiesto allora che intervengano a salvarla. La risposta? Mia figlia è maggiorenne ed è lei che deve denunciarlo. Loro si limiteranno a presentare l’esposto in Procura, che poi deciderà se e come intervenire. Io intanto che faccio? Vivo nell’angoscia che mi chiamino dall’obitorio per andare a riconoscere il cadavere di mia figlia?».
La donna si è rivolta anche all’avvocato Francesco Miraglia.
«Trovo inaudito e ai limiti della condotta nazista togliere la bambina alla nonna per questi motivi» dichiara il legale. «Sa quasi di atto di epurazione. E’ giusto salvaguardare la piccola, ma con interventi nella sua famiglia di origine, non certo strappandola alla sua vita e all’affetto della nonna. Ma soprattutto, a pochi giorni dalla Giornata contro la violenza sulle donne, in cui si è dibattuto tanto e si sono riempiti giornali e talk show di tante belle parole, per una volta che una madre denuncia l’aguzzino della figlia, che la sta mettendo chiaramente  in pericolo di vita, perché non si interviene? A che servono allora quelle belle parole, se poi restano limitate alle giornate di commemorazione? Chiunque debba intervenire, lo faccia al più presto. O temo che altrimenti dovremo aggiungere un altro nome all’elenco già lunghissimo delle vittime di femminicidio in questo triste 2017».
 

“Ridateci i nostri figli!”

Sit-in di protesta davanti la casa famiglia: dopo dieci anni due genitori rivogliono con sé i loro figli
I bambini hanno chiesto di tornare a casa, ma il Tribunale non si è ancora espresso
 
BIELLA (2 agosto 2017). Maria Dolores e Gerolamo Rotta stamattina sono davanti alla casa famiglia in cui è ospitato uno dei loro figli, in un sit-in di protesta. Chiedono di poter finalmente riavere con sé i due figli minori, dopo dieci anni di allontanamento coatto stabilito dal Tribunale dei minori di Milano, che nel 2007 ha sottratto alla loro custodia i loro quattro bambini, dislocandoli in diverse strutture. Qualche anno fa i due figli maggiori sono scappati e adesso, maggiorenni, vivono con i genitori in Lombardia. I due più piccoli no, sono uno nella casa famiglia piemontese, davanti alla quale i genitori da stamattina protestano. L’altro, invece, il più piccolo, vive presso una famiglia affidataria. Separati, quindi. A marzo, dopo dieci anni, il Tribunale dei minori di Milano li ha finalmente ascoltati: i due ragazzini hanno espresso la volontà di rivedere maggiormente i genitori e di rientrare nella famiglia da cui sanno di provenire, ma di cui ricordano poco o niente. Quando sono stati allontanati dalla casa di Cernusco sul Naviglio, in provincia di Milano, in cui vivevano, non avevano nemmeno 5 e 3 anni. Ed è appunto la casa il motivo principale per il quale sono stati allontanati: i coniugi Rotta hanno “osato” chiedere al Comune un sopralluogo nell’appartamento pubblico che è stato loro assegnato, per la presenza di muffa e amianto. Ma dopo il sopralluogo, gli hanno tolto i figli. “Per “incuria e ipostimolazione” dirà il Tribunale. Ma i coniugi Rotta sostengono che vi sia una quantomeno “strana” coincidenza nel fatto che l’allora sindaco fosse l’amministratore della cooperativa che gestiva quelli alloggi pubblici.
«In Italia dieci anni di carcere non lo danno quasi nemmeno a chi commette un omicidio» sostiene l’avvocato Francesco Miraglia, cui i coniugi Rotta, ormai esasperati e disperati, si sono rivolti per un aiuto. «Che delitto possono avere mai commesso questi ragazzini? O forse è un reato nascere poveri? Non sarebbe stato meglio aiutare la famiglia a gestirli invece di strapparglieli per dieci anni: quanto è costato tutto questo, in termini di sofferenza, soprattutto ai minori, ma anche alle istituzioni, che ne hanno mantenuto l’istituzionalizzazione per un decennio?».
A questi bambini è stato negato di crescere e giocare come fratelli, di svegliarsi la mattina di Natale e di andare ad aprire i regali sotto l’albero tutti insieme. E’ stato negato loro il bacio della buonanotte della mamma. E’ stato persino impedito loro di vedere la nonna malata, sul letto di morte. Se ne è andata senza poter dare loro un ultimo bacio. Persino quando la figlia è stata operata, alla madre non è stato concesso di sederle accanto, nel letto d’ospedale, in un momento delicato in cui avere la mamma accanto per un bambino è davvero importante. Sono ragazzini istituzionalizzati, che nemmeno ricordano come si stava in famiglia, sebbene vogliano molto bene ai genitori e ai fratelli. «Non so chi sono, sono sconosciuto a me stesso, non so nemmeno se sono i miei veri genitori» ha detto uno di loro al Tribunale, che finalmente a marzo di quest’anno (i bambini sono stati allontanati da casa a luglio del 2007) ha disposto di ascoltarli. Ma che ancora non ha emanato alcun provvedimento. Quanto ancora dovranno soffrire?
«Credo sia il caso di disinteresse da parte delle istituzioni peggiore in cui mi sia imbattuto in tanti anni di lavoro» prosegue l’avvocato Miraglia. «Chiederemo un’accelerazione delle pratiche, di riportare a casa questi ragazzini. Ma soprattutto cercheremo di capire chi sia il responsabile di una situazione simile, che ha causato così tanto dolore. Come è stato possibile sentire i minori soltanto dieci anni dopo l’emissione del provvedimento? Certo, i ragazzi in questi anni sono stati curati e seguiti, ma non hanno vissuto come una famiglia e la solitudine, il dolore e la rabbia che si portano dentro, potevano essere evitati. Non è escluso che richiederemo un risarcimento per questo ingiusto allontanamento durato un decennio».
 

Anna Giulia adottata: il suo calvario inizia ora

L’avvocato Miraglia: “I genitori li ha, è il Tribunale dei Minori di Bologna che l’ha resa orfana”
 
REGGIO EMILIA. «Non c’è da cantare vittoria, non c’è nulla da festeggiare: l’adottabilità di Anna Giulia Camparini è la sconfitta per la giustizia». L’avvocato Francesco Miraglia interviene sulla vicenda legata alla piccola di Reggio Emilia, ormai quasi dodicenne, da dieci anni allontanata dai genitori per una serie di errori e sentenze emesse non certamente per garantire il benessere della piccola. Il legale si è sempre battuto a fianco dei genitori per riportare Anna Giulia a casa propria, tra le loro braccia. «La sentenza di adottabilità ha soltanto una valenza politica» sostiene Miraglia, «emessa dal Tribunale dei Minori di Bologna solo per salvare se stesso e la propria faccia, in un caso in cui chiaramente si è fatto gli interessi di tutti tranne quelli di Anna Giulia». La piccola era stata allontanata da casa dopo una perquisizione, dall’esito tra l’altro negativo, alla ricerca di droga a casa dei genitori. Dopo un primo allontanamento, i Servizi sociali non riscontrarono motivi ostativi al suo rientro a casa, e la Procura della Repubblica era ugualmente  d’accordo. Ma Anna Giulia a casa da  mamma Gilda e papà Massimiliano non è tornata più. Collocata in un istituto prima, presso una famiglia affidataria poi. Tanto che i genitori, disperati, arrivarono a rapirla in ben due occasioni e conobbero il carcere pur di averla con sé. «Dichiarando adottabile Anna Giulia» prosegue l’avvocato Miraglia «il Tribunale dei Minori di Bologna ha voluto salvare solo se sesso, non potendo ammettere di aver commesso un clamoroso errore giudiziario, che ha suscitato grande clamore, anche mediatico. Senza minimamente  pensare al benessere della ragazzina, che adesso ormai è adolescente e come tutti i giovani che sono stati adottati sicuramente se non oggi, tra qualche anno, si porrà delle domande sulla sua famiglia di origine, cercherà in internet e scoprirà cosa hanno fatto i genitori per lei, arrivando pure ad assaggiare il carcere pur di riabbracciarla, ascoltando il suo grido di dolore: fu la piccola, ricordiamolo bene, a chiedere ai genitori di tornare a casa. Con loro stava bene, erano la sua mamma e il suo papà. Con loro era felice. Perché dunque strappargliela? Il lavoro del tribunale non fu certo egregio, il presidente poco dopo venne allontanato e mai si fece chiarezza sul sistema degli allontanamenti e dei successivi affidamenti familiari che avvenivano a quel tempo. Per una volta che Procura della Repubblica e Servizi sociali erano d’accordo e in linea con la famiglia e chiedevano quindi il reintegro della piccola, non si è voluto ascoltarli e si è andati dritti per una strada completamente errata. No, il calvario di Anna Giulia non finisce con la sua adozione, semmai comincia proprio ora  e quando scoprirà che è stata una pedina in un intreccio di interessi che nulla hanno a che vedere con il benessere suo e degli altri bambini,  a chi andrà a chiedere conto se non al tribunale che l’ha resa orfana, pur avendo lei due genitori amorevoli?».

Minore 'effemminato',parlerà a Tribunale

Minore ‘effemminato’,parlerà a Tribunale – Veneto – ANSA.it

Provvedimento sospeso, ragazzo non ha mai lasciato casa madre

(ANSA) – VENEZIA, 24 FEB – Il Giudice del Tribunale dei minori di Venezia ha sospeso l’allontanamento dalla madre del ragazzino padovano, oggi 14enne, chiesto dalla Procura perché viveva in un ambiente ritenuto non idoneo e ‘tutto al femminile’ che lo avrebbe portato ad avere atteggiamenti definiti ‘effeminati’.

    L’ordinanza del magistrato è stata emessa oggi, a distanza di meno di un mese e mezzo dall’udienza nella quale la mamma aveva fatto ricorso, supportata dall’avv. Francesco Miraglia, che aveva predisposto una memoria. Il ragazzino, nel frattempo, è sempre rimasto con la madre, separata dal marito e padre del minore, che pare non voglia avere più nulla a che fare con la famiglia. Il Giudice ha sì accolto la richiesta della, con la sospensione dell’allontanamento del figlio, ma nel farlo ha disposto “l’audizione del giovane” che deve avvenire “senza la presenza ne’ dei genitori, ne’ degli avvocati, al fine di permettergli di esprimersi liberamente”.

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

Allontanata da casa perchè i genitori sono poveri, tredicenne scappa dalla comunità per vederli

Il Tribunale dà ragione alla ragazzina e la reintegra in famiglia
L’adolescente aveva registrato l’assistente sociale mentre denigrava i suoi genitori, per convincerla ad andare in affidamento.
 
TRENTO. Cosa c’è dietro agli allontanamenti da casa e agli affidamenti in strutture e in famiglie affidatarie? C’è da chiederselo una volta di più, alla luce dell’ennesimo caso, che ha visto – fortunatamente – un esito felice in questi giorni. «Non solo una ragazzina per anni è stata allontanata dai suoi genitori perché indigenti» dichiara l’avvocato Francesco Miraglia «ma addirittura, dalla sua nativa Trento, è stata portata in comunità a Milano, come se nella sua Regione non ci fossero strutture idonee. I genitori, contando su un reddito minimo, non potevano pertanto andare a trovarla se non una volta al mese e a fronte di enormi sacrifici. Questo ha compromesso di molto il benessere della ragazzina, che doveva essere, invece, l’unico interesse degli assistenti sociali nel moment in cui l’hanno fatta allontanare. Scandaloso poi che proprio uno di questi assistenti, durante un incontro con l’adolescente che lei ha registrato, le abbia parlato male dei genitori, denigrandoli e giudicandoli incapaci di prendersi adeguatamente cura di lei, con l’intento di convincerla ad accettare l’affidamento in una famiglia milanese. Inaccettabile perché non si capisce, in tutto questo, dove sia l’interesse per la bambina e il suo benessere». La quale ad un certo punto è scappata dalla comunità milanese, facendo ritorno a casa
L’avvocato Miraglia ha presentato pertanto ricorso al Tribunale dei minori di Trento, che ha accolto la sua istanza: innanzitutto sono cambiati i servizi sociali chi compete seguire la ragazzina ed è stato deciso che sarà supportata nell’ambiente familiare e anche nello studio, ma soprattutto che potrà finalmente dormire nel suo letto e stare con mamma e papà tutti i giorni.
«Quando le decisioni vengono assunte con buonsenso, dando priorità all’aspetto umano e non burocratico» prosegue l’avvocato Miraglia, «si riesce, come in questo caso, a fare il bene dei minori, che deve essere il fine primo dei provvedimenti che vengono emessi a loro tutela, come appunto l’‘allontanamento da casa. C’è da domandarsi a chi abbia giovato tutto questo: alla ragazzina no, perché è stata per anni infelice. Ed è costata tanto non solo in termini di sofferenza, ma anche economica: quanti soldi pubblici sono costati gli anni in cui è stata alloggiata a Milano? Quante gravose spese i suoi genitori hanno dovuto sobbarcarsi per andare a farle visita almeno una volta al mese? Non era forse meglio, con gli stessi soldi, aiutare economicamente la famiglia a risollevarsi e permettere che questa ragazzina potesse vivere serenamente a casa propria? Inizialmente, invece, questo nucleo familiare è stato penalizzato – pur nella provincia di Trento, da anni in cima alla classifica delle città maggiormente vivibili anche per la qualità dei servizi offerti alla persona – per le difficoltà economiche in cui versava. “Mala cosa nascer povero, il mio caro Renzo” scriveva Manzoni nei “Promessi Sposi”: verità inconfutabile,oggi come allora».
 
 

Padova, troppo effeminato: portano via il ragazzino alla madre

Padova, troppo effeminato: portano via il ragazzino alla madre – Regione – Il Mattino di Padova

La storia di un ragazzino di 13 anni di Padova. Avvocato impugna il decreto del Tribunale dei Minori e accusa: gravità inaudita. Il tribunale: “Noi non facciamo discriminazioni” di Claudio Malfitano

Padova, troppo effeminato: portano via il ragazzino alla madre – Regione – Il Mattino di Padova

PADOVA. Questa che raccontiamo è una storia sbagliata. Una storia in cui tutti hanno torto e nessuno ha ragione. È sbagliata perché togliere la potestà genitoriale a una madre è comunque una sconfitta. È sbagliata perché un bambino conteso tra due genitori avrà comunque un’infanzia infelice. Ed è sbagliata anche perché pensare che «il mondo interno» di un ragazzino di 13 anni abbia bisogno di un «percorso di revisione» solo perché è effeminato appare molto distante dal diritto al «pieno sviluppo della persona umana» sancito dalla Costituzione, anche se è scritto in un decreto del tribunale per i minori di Venezia.
La storia di Marco. Per i giudici Marco (un nome di fantasia, ndr) deve essere trasferito in una comunità lontano da casa. Perché? «Perché i servizi sociali sostengono che i suoi atteggiamenti effeminati sono addebitabili alla mamma e alle sorelle, visto che le sue figure di riferimento sono solo femminili», sostiene l’avvocato della madre, Francesco Miraglia, un legale molto noto esperto di diritto di famiglia, che vanta partecipazioni televisive, premi e convegni in tutta Italia.
La storia di Marco però è molto complessa. La madre ha denunciato il padre per abusi sessuali. Il processo si conclude con un assoluzione per insufficienza di prove («Anche se nella sentenza si dice che non si ha motivo di dubitare dei fatti raccontanti dal bambino», sostiene l’avvocato). La procura di Padova ricorre in appello.
La madre però viene indicata dai servizi sociali come la responsabile del «comportamento oppositivo» di Marco nei confronti del padre, che non vuole più incontrare. Il tribunale per i minori emette dunque un primo provvedimento di allontanamento: Marco va in una comunità diurna ogni giorno dalle 7 alle 19. I responsabili della comunità notano gli atteggiamenti effeminati di Marco, li segnalano ai servizi sociali che a loro volta fanno una relazione al tribunale per i minori. Nasce così il secondo provvedimento dei giudici che hanno convocato i genitori in udienza la prossima settimana.
Il decreto del tribunale. È proprio su questo secondo decreto del tribunale, che dichiara «entrambi i genitori decaduti dalla responsabilità genitoriale», che nascono i dubbi della madre e del legale. La relazione dei servizi sociali parla di «problematiche relazionali profonde e segnali di disagio psichico» di vario tipo. Poi il passaggio più contestato: «Il suo mondo affettivo risultava legato quasi esclusivamente a figure femminili e la relazione con la madre appariva connotata da aspetti di dipendenza, soprattutto riferendosi a relazioni diadiche con conseguente difficoltà di identificazione sessuale, tanto che in alcune occasioni era andato a scuola con gli occhi truccati, lo smalto sulle unghie e brillantini sul viso. Emergeva poi un forte conflitto di lealtà con la madre». In realtà la donna contesta questo episodio: «È successo in terza elementare per una festa di Holloween – racconta – In ogni caso per me anche se fosse omosessuale non sarebbe certo un problema».
Le relazioni dei servizi sociali però continuano a tratteggiare Marco come un bambino con un «disturbo di personalità»: «Nella relazione con i pari e gli adulti è aggressivo, provocatorio, maleducato, tende a fare l’eccentrico. Tende in tutti i modi ad affermare che è diverso e ostenta atteggiamenti effeminati in modo provocatorio», si legge nel decreto.
Da qui la decisione del tribunale, che si allinea ai “consigli” dei servizi sociali, sulla «necessità di permettere a Marco un funzionamento differenziato rispetto a quello materno e di avere uno spazio che gli consenta di incontrare i suoi pensieri ed i suoi desideri con conseguente percorso di revisione del suo mondo interno così come oggi lo percepisce».
Rischio discriminazioni. Un provvedimento, quello del tribunale, che l’avvocato Miraglia contesta in modo forte con l’argomento della discriminazione: «Trovo scandalosa la decisione di allontanare un ragazzino solo per l’ atteggiamento effeminato. Mi sembra un provvedimento di pura discriminazione», afferma.
Ma il rischio segnalato dal legale è che il decreto possa portare a situazioni peggiori: «Non sappiamo quale sia l’orientamento sessuale di Marco. Ma il problema ancora più grave è che non esistono comunità che possano accogliere un ragazzino che potrebbe essere omosessuale – afferma l’avvocato – E se arriva con la nomea di essere omosessuale? Non rischiamo di trasformarlo in un ragazzino a rischio suicidio? A me sembra una vicenda di una gravità inaudita». «Non possiamo accettare che possa essere discriminato dal tribunale – conclude Miraglia – E poi vogliamo sollecitare anche le associazioni. Perché qui c’è una mamma che ha la forza di venire fuori, ma ci sono molti altri casi in cui famiglie e minori si trovano ad essere discriminati da chi dovrebbe tutelarli: non è accettabile».
L’ultima parola è quella dei giudici, che proveranno ad aggiustare questa storia. Anche se forse le parole giuste sono quelle di chi una «storia sbagliata» l’ha messa in musica: «Cos’altro vi serve da queste vite ora che il cielo al centro le ha colpite, ora che il cielo ai bordi le ha scolpite».
Il tribunale: “Noi non facciamo discriminazioni”. «Non allontaniamo un minore dalla famiglia perché ha un atteggiamento effeminato. Noi non facciamo discriminazioni di natura sessuale o di tendenza. Il nostro interesse riguarda il comportamento complessivo di un minore se presenta o meno difficoltà». La presidente del tribunale per i minorenni di Venezia, Maria Teresa Rossi, in riferimento alla vicenda del ragazzo allontanato dalla famiglia parla di un «disturbo di personalità» ma esclude categoricamente che nella decisione del tribunale possa aver influito il presunto comportamento effeminato del giovane.
«Il tribunale non allontana per un presunto atteggiamento effeminato. Noi non abbiamo preconcetti relativi alle tendenze legate alla sfera sessuale. Ogni provvedimento che limita la responsabilità genitoriale è legato a una visione complessiva che riguarda l’adeguatezza o meno dei genitori a svolgere il proprio ruolo e la tutela del minore, che è il nostro interesse primario, può portare a una riduzione della loro stessa responsabilità». Una questione, quest’ultima, che, sul piano della casistica delle diverse e complesse vicende affrontate dal tribunale per i minorenni, non è «un fatto raro».
La presidente non entra nel merito del caso specifico, che sarà affrontato nel corso di una udienza fissata nei prossimi giorni, ma ricorda che va valutata quella situazione generale, legata ad atteggiamenti di aggressività, provocazione, educazione, complessità della situazione familiare segnalati dai servizi sociali, che esprimono «un disturbo di personalità». La vicenda del minore è seguita da anni dai servizi e dal tribunale e l’ultimo provvedimento accogliere una richiesta di allontanamento fatta dalla procura minorile. Comunque, si tratta – a quanto si apprende – di un provvedimento temporaneo che sarà valutato proprio nel corso dei prossimi mesi per una ulteriore decisione.
Il caso in parlamento, interrogazione di Zan. Il deputato padovano del Pd Alessandro Zan ha presentato un’interrogazione urgente al governo sul caso del ragazzino padovano che sarebbe stato allontanato dai genitori per decisione del Tribunale dei minori a causa delle «difficoltà di identificazione sessuale». «Quando la discriminazione proviene da chi invece dovrebbe proteggerci, quando la sentenza di un tribunale ci dice di più su chi giudica che non sul fatto da giudicare e quando tutto questo mette a rischio i diritti

di un minore – afferma Zan – non possiamo non chiederci dove e quando il sistema di garanzie di uno Stato civile ha smesso di funzionare. Per accertare le responsabilità di chi si è occupato della vicenda e per tutelare il minore coinvolto ho presentato un’interrogazione urgente al Governo».

Baby squillo da 7mila euro al mese. "Ragazze, non fate come me"

Bambino Squillo da 7mila euro al mese. “Ragazze, non il destino mi vieni” – Cronaca – quo
Prostituta a 17 anni. “I soldi al mio uomo per non perderlo”

di VALENTINA REGGIANI

Ultimo aggiornamento:
L’avvocato Francesco Miraglia con la Giovane traumatizzata dall’esperienza di bambino squillo

Perché ha Iniziato a prostituirsi?

«Il mio compagno non mi ha mai obbligato, e vero. Ma mi ha Fatto Capire Che se non avessimo Avuto soldi a sufficienza, Visto Che poco DOPO l’inizio della Nostra Relazione E RIMASTO senza lavoro, se ne sarebbe andato all’Estero e io non Volevo perderlo. Era il mio Punto di Riferimento; Così Ho Pensato Che, in Quel modo, Sarei riuscita a mantenere ENTRAMBI ».

QUANDO l’ha conosciuto?

«Avevo da poco compiuto 16 anni e lui ne AVEVA 44. Gestiva un locale dove Andavo un Spesso ballare. In casa avevo Una situazione difficile, Dalla Quale non vedevo l’ora di fuggire, e quell’uomo mi Faceva sentire protetta ».

Quindi Si e trasferita da lui?

«Sì, poco DOPO, Anche se Ancora studiavo. QUANDO però Sono arrivata a casa Sua, ha smesso di Lavorare. Ero innamorata e ‘cieca’ e, QUANDO ABBIAMO Parlato Di quella Soluzione Insieme, Ho Pensato potesse Essere Una buona idea. Soprattutto Perché Volevo EVITARE Che mi lasciasse per cercare lavoro all’Estero ».

Ha Iniziato subito un Ricevere Clienti in casa?

«Circa un anno dopo; mi ha Lasciato l’appartamento affinche lo ‘preparassi’ in modo da renderlo accogliente. Ho messo l’annuncio on line e subito Sono ARRIVATE decine di chiamate ».

Cosa ha provato la prima volta?

«Non so Spiegare il Perche, ma inizialmente e Stato semplice. mi non Faceva paura, niente non provavo. Ricevevo Dai dovuta ai Cinque Clienti al giorno e riuscivo a Guadagnare Anche settemila euro al mese. Anche perchè Spesso si trattava di Clienti facoltosi, Felici di Pagare una ragazza tanto Giovane ».

Il Suo compagno intanto AVEVA ripreso un Lavorare?

«No, spendeva quasi tutto Il Denaro alle macchinette, tanto Che io con Quei soldi Mi sono comprata Al Massimo Una maglietta. Lui non accettava di Avere un tenore di vita Più basso ».

I Clienti sapevano della SUA minore età?

«Nessuno Quasi in Realta, se non l’uomo, all’epoca 65enne, il Che poi mi ha denunciato. Mi era Stato Presentato Come un imprenditore in cerca di compagnia; DOPO Qualche Pranzo, pur sapendo della mia minore età, ha voluto Andare in hotel. QUANDO ABBIAMO però Cercato di Entrare a porte chiuse, la Direzione dell’Hotel, vedendo i miei Documenti, lo ha bloccato ».

Lui però l’ha denunciata per Aver tentato di estorcergli Denaro …

«Ci sono stati Altri incontri ma Le cose non Sono andate Venire le ha raccontate lui. In OGNI Caso dal tribunale dei minori ho ottenuto la messa alla prova e svolgo volontariato alla Croce Blu. Sono una persona Diversa adesso e io e il mio legale confidiamo nel Perdono giudiziale. Attendiamo fiduciosi l’udienza di febbraio ».

QUANDO ha cominciato a sentire il ‘peso’ del mestiere?

«QUANDO ho Lasciato la scuola. Non riuscivo Più un relazionarmi con le mie compagne. Venite Potevo Essere Una studentessa normale sapendo Che al pomeriggio, a casa, facevo Quel che facevo? Desideravo solista Poter cancellare Il passato, ma non era Più possibile. E soffrivo ».

Il Suo compagno le ha mai Chiesto di smettere?

«No, anzi, mi ha Fatto Scrivere Una lettera in cui dichiaravo Che anche Il Nostro rapporto era consenziente. E assurdo che io sia Stata descritta Venire l’ideatrice di Tutta Questa storia. Avevo 16 anni, nessuna Esperienza. Ero invaghita e non mi rendevo Conto della terribile strada Che STAVO per intraprendere ».

Cosa sente di dire alle tantissime ragazzine che ‘arrotondano’ le paghette vendendo o mettendo on line i Loro Corpi?

«Di smetterla e subito. Non Servire Una Anzi nulla, logora. I soldi non Fanno la felicità. Ad appagare Sono la Dignità e l’onestà. Io ora pagherei per Tornare un Essere Quella studentessa Che viveva con mamma e papà e Che aspettava con ansia la paghetta settimanale ».

Cosa Vede nel Suo futuro?

«Una vita normale. Lavoro e continuo un volontariato Tariffa. QUANDO riuscirò a lasciarmi Spalle tutto alle, vorrei aiutare Altre ragazze Che mi Venga Ogni Giorno si trovano Una Tariffa i conti con il Loro Passato. Vorrei Entrare nelle Scuole e Mettere in guardia le Adolescenti. C’è Non Un solo lato positivo nel vendere il proprio Corpo. Anzi, OGNI mano Che ti tocca, e Una coltellata Che Lascia Cicatrici indelebili ».

di VALENTINA REGGIANI

Riproduzione Riservata

Rivela gli abusi subiti nella famiglia addottante: ragazzina spedita in casa famiglia

Il Giudice onorario del Tribunale di Cagliari non crede al suo drammatico racconto e l’allontana dal fratellino e dalla sorella maggiore
 
CAGLIARI. Una ragazza sta lottando contro le istituzioni per riavere con sé i due fratellini minori, di 13 e 12 anni, dichiarati adottabili e spediti lontanissimi dalla casa di Cagliari – città in cui hanno sempre vissuto – per mandarli in Emilia Romagna. Dove per altro non stanno bene e dove i loro appelli disperati e i racconti drammatici rimangono inascoltati. Anzi, dopo che la ragazzina tredicenne ha raccontato le angherie subite alla sorella maggiore, i Servizi sociali l’hanno tolta alla famiglia adottante e l’hanno spedita da sola in una casa famiglia, senza il fratellino che finora era sempre stato con lei, unico legame rassicurante che la ragazzina aveva così lontano dalla sua casa e dalla sua terra d’origine.
«Ma cosa muove le istituzioni? La ricerca del benessere dei bambini o qualcosa di sotterraneo e poco chiaro, che nulla ha a che vedere con la salute psicofisica dei minori?». L’avvocato Francesco Miraglia, esperto in Diritto minorile, torna ad affrontare un caso, purtroppo l’ennesimo, di minori tolti alle famiglie e affidati altrove, senza un minimo di criterio che tenga conto del bene dei bambini. In questo caso si tratta di una ragazza di 13 e del fratello dodicenne, che i Servizi sociali e il Tribunale dei Minori di Cagliari hanno allontanato dai genitori e mandato a Bologna. Per giunta in una famiglia in cui non si trovano per nulla bene e che è quella che è stata scelta per la loro adozione. A nulla sono valsi finora i loro appelli disperati: le istituzioni, sorde, non li hanno ascoltati.
«Anzi, il giudice onorario che ha seguito la vicenda» prosegue Miraglia «si è perfino preso la briga di volare a Bologna a parlare con i due minori, solo che al suo rientro ha riferito che i due ragazzi han detto di stare bene. Molto diverso da quello che invece la ragazzina ha scritto più volte alla sorella maggiore».
A preoccuparsi della sorte dei due ragazzini, infatti, c’è una sorella più grande, la quale ha detto più volte di essere ben contenta di tenerli con sé, ma che nessuno, né il Tribunale e nemmeno i Servizi sociali, hanno tenuto in considerazione.
«Lo stato di adottabilità sussiste nel momento in cui non esistano parenti prossimi in grado di occuparsi dei minori» spiega il legale, «ma in questo caso i due adolescenti hanno una sorella amorevole che può prendersi cura di loro. Per questo abbiamo presentato un ricorso chiedendo la revoca dell’adottabilità, anche in virtù del fatto che la sorellina ha più volte espresso il desiderio di tornare in Sardegna. Ha trovato il modo di comunicare con la sorella più grande e di raccontarle del difficile rapporto con la nuova famiglia bolognese, in cui non si trova bene, a differenza della famiglia di Cagliari che per tre anni si era occupata di lei e del fratellino e che sarebbe ben disposta, eventualmente, ad accoglierli nuovamente. E ancora peggio, non siamo riusciti a capire (i Servizi sociali cagliaritani non ci hanno ancora risposto) come mai, una volta che la ragazzina ha palesato alla sorella maggiore la sua disperazione, sia stata allontanata dalla famiglia adottante, e pertanto anche dal fratello, e inviata in una casa famiglia. Una situazione incredibile, dove si perde di vista che lo scopo di ogni provvedimento debba essere il benessere dei minori, che in questo caso è palese che non stiano benne e rischiano di stare ancora più male, se non si darà il giusto ascolto ai loro disagi».

«I genitori potranno vedere i figli tolti»

Lo ha stabilito con un decreto il Tribunale dei minori di Trieste. Soddisfatto l’avvocato Miraglia: «Da stabilire la periodicità»di Francesco Fain

È un decreto che l’avvocato Francesco Miraglia non esita a definire «importante, oltre che molto incoraggiante». La lunga partita riguardante i due bambini tolti ai genitori vede, infatti, la difesa condurre per 1-0. Certo, il matchè ancora lungo ma il legale del Foro di Roma che tutela i genitori non nasconde tutta la sua soddisfazione.
«Cos’è successo di così importante? Il Tribunale dei minori di Trieste – annuncia Miraglia – ha emanato un decreto in cui si dispongono futuri incontri fra i bambini e i genitori. Per adesso, ancora non si sa quando potranno avvenire questi contatti e quante volte alla settimana o al mese perché è prevista la necessaria “preparazione” dei bambini e dei genitori a questi momenti che saranno indiscutibilmente molto importanti». I genitori non vedono i propri figli ormai da due mesi e «soltanto il pensiero che li potranno riabbracciare riempie di gioia». C’è un altro elemento che Miraglia, da legale navigato, non manca di sottolineare.
«Nel decreto non si fa riferimento ad abusi di farmaci. Peraltro, i bambini sono stati visitati da un neuropsichiatra infantile che ha avuto modo di soppesare con attenzione la vicenda. Indubbiamente, questo decreto del Tribunale dei minori riveste una grandissima rilevanza. Mi auguro, a questo punto, che la Procura della Repubblica di Gorizia si faccia viva con la chiusura delle indagini o, quantomeno, con la convocazione dei genitori. In queste settimane, la mamma e il papà non sono mai stati sentiti e, scusate se lo ripeto, mi sembra una cosa incredibile».
Nei giorni, come si ricorderà, lo stesso avvocato aveva indirizzato un esposto dai toni sin troppo forti al presidente della Repubblica Mattarella, al Consiglio superiore della Magistratura, al ministro di Grazia e Giustizia Orlando e ai procuratori generali della Cassazione e della Corte d’Appello di Trieste. Tanti i quesiti. «Perché dopo 3 anni d’indagini non si è ancora arrivati alla conclusione delle stesse indagini se la responsabilità è così chiara? Da chi è stato autorizzato il Pm a disporre le intercettazioni telefoniche a carico dei miei assistiti? Perché i genitori non sono stati mai ascoltati? Perché si mette in dubbio quanto sostenuto dal Centro regionale delle malattie rare, dal Besta di Milano dalle vari commissioni mediche, e soprattutto in base
quel presupposto scientifico e giuridico si afferma che la terapia farmacologica prescritta dai dottori che si occupano dei bambini sono dannose e pericolose? E se fosse così perché i citati professionisti non sono indagati con i genitori quantomeno in concorso?».
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Il Tribunale di Pavia non tiene conto delle disperate richieste di una dodicenne, che vuole stare con la mamma

 
PAVIA- Vigevano. Quanto deve urlare una bambina il proprio dolore prima che il Tribunale l’ascolti? Quanto deve soffrire una bambina per la separazione forzata dalla madre, ritenuta pessima e malata, ma che nessuna perizia dichiara tale ed è costretta, pertanto, a stare con un padre padrone, che certo le vuole bene e si occupa di lei, ma fa di tutto per contrastare il rapporto madre-figlia? Una difficilissima separazione tra genitori, fatta di carte bollate, perizie di tribunali, intercettazioni telefoniche e pedinamenti da parte di investigatori privati, denunce e controdenunce sta, di fatto, mettendo a repentaglio la serenità di una ragazzina di 12 anni, che il Tribunale di Pavia ha affidato al padre, togliendola alla madre. Può vedere solo in alcuni fine settimana e in incontri protetti. «Assisto la madre di questa ragazzina» dice l’avvocato Francesco Miraglia, «la quale al momento della separazione, è vero, ha dimostrato il suo dolore in maniera eccessiva, ma è pur sempre una donna addolorata, abbandonata dal proprio compagno. Il Tribunale di Pavia ha ritenuto, però, che non fosse una buona madre e che soffrisse di patologie psichiatriche: ma lei, che si è sottoposta alle sedute di terapia, è stato appurato essere una donna sofferente per la separazione dal compagno prima e dalla figlia, poi, null’altro. La bambina è stata comunque affidata esclusivamente al padre. Ora, non riesco a capire come mai il Tribunale, nell’assumere tale, grave decisione, non abbia tenuto conto dei propri periti e che non abbia assolutamente messo in discussione le centinaia di telefonate registrate dal padre, decontestualizzate e prive di una trascrizione e di una certificazione autenticata da parte di un perito. Non vorrei pensare che in tutta questa vicenda ad aver compromesso la sentenza del giudice ci fosse da un lato una madre anche fragile e dall’altro un padre ricco, importante, conosciuto. In tutto questo si è perso di vista il vero obiettivo: il benessere della bambina, lacerata dal conflitto tra i genitori, che si è acuito con il suo affidamento esclusivo al padre e con l’allontanamento dalla madre, con la quale aveva sempre vissuto, in considerazione anche del fatto che il padre era spesso assente per impegni legati al suo lavoro».  La bambina, inoltre, non è nemmeno mai stata ascoltata dal Tribunale: se è vero che al momento dell’emissione della sentenza non aveva ancora 12 anni (solo per poche settimane, a dire il vero), si poteva comunque accogliere quanto certificato dal terapeuta, scelto super partes dai genitori, che si è occupato degli incontri protetti e che ne sottolinea la sofferenza. «Se di colpe si può parlare in questa vicenda» prosegue l’avvocato Miraglia «possono essere imputabili a genitori immaturi, certo, ma anche a un Tribunale sordo. Chi non ha assolutamente colpa è una ragazzina di 12 anni, che vorrebbe solo vivere una vita serena e tranquilla come tutte le ragazzine della sua età e che invece deve sottostare a una disposizione del Tribunale a nostro avviso ingiusta e parziale». Insiste l’ avvocato : “Ciò che mi sembra incredibile è che lo stesso  consulente del tre giudici : Per quanto ho potuto osservare nel corso di un anno mi pare che madre e figlia traggano maggiore giovamento da più di un incontro settimanale. Tale ritmo pare essere più contenitivo per il dolore che la signora manifesta quando non vede la figlia e per i bisogni della stesa figlia che chiede assertivamente una presenza più costante della madre.
A tal fine mi permetto di esprimere l’idea che vedere la mamma a intervalli più ravvicinati costituisca un desiderio profondo e sincero della bambina, così come avere uno spazio infrasettimanale per fare con la madre una merenda, prendere lezioni di piano.
Conclude lo stesso Miraglia: “Perché i tre Giudici di Pavia non hanno voluto ascoltare la bambina? Perché non vogliono ascoltare il loro stesso consulente? Forse  i  giudici non vogliono deludere un padre ricco, potente e famoso?
Redazione controvento