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Il giudice toglie due figli ai genitori

EdizioneUdine

Il caso a Gorizia. Per il Tribunale dei minori c’è stato «eccesso di cure»: due ragazzini disabili affidati a una casa famiglia. Decisiva un’intercettazione di Christian Seu

21 aprile 2016

GORIZIA. Due bambini disabili di dodici e sette anni, che abitavano a Gorizia con la mamma e il papà, sono stati affidati a una casa famiglia di Vigevano, dopo un provvedimento di allontanamento emesso dal Tribunale dei minori di Trieste.
La decisione del tribunale giuliano è maturata lo scorso novembre, al culmine di una serie di schermaglie giudiziarie che hanno visto i genitori dei due ragazzini opposti all’Azienda sanitaria isontina e in particolare ai professionisti del servizio di neuropsichiatria infantile di Cormòns, che seguivano i piccoli.
L’accusa mossa nei confronti dei genitori – il papà è medico, la mamma casalinga – è di eccesso di cure, per una patologia che, secondo il legale della famiglia, «la Procura non riconosce».
Il provvedimento di allontanamento è arrivato dopo mesi di indagini da parte della magistratura isontina, che si è avvalsa anche di intercettazioni telefoniche per chiarire i contorni della vicenda. Proprio una telefonata ha innescato l’intervento del Tribunale: parlando col marito, la mamma dei due bimbi si diceva esasperata, pronta prima o poi a commettere una pazzia.
L’avvocato Francesco Miraglia, che assiste la coppia goriziana, ha presentato un’istanza di revoca del provvedimento di allontanamento, che sarà esaminato dai giudici nei prossimi giorni.
«La vicenda – spiega Miraglia – si dipana a partire dal 2012: sono stati riempiti cinque faldoni di documenti, con innumerevoli casi di sequestri di farmaci utilizzati per le cure dei bambini».
A scatenare la querelle sarebbe stato, secondo l’avvocato della famiglia, il mancato riscontro dei Servizi sociali, che per i genitori non avevano risposto in maniera efficace alle necessità dei due bimbi.
«Per eccesso di cure» sottolinea Miraglia esperto in Diritto minorile, «hanno tolto loro i figli per maltrattamento, che non significa percosse, ingiurie, abusi, ma per troppe cure, per una patologia che la Procura però non riconosce e che il Tribunale dei Minori ha deciso di accertare ora tramite una perizia tecnica. Cure prescritte dagli specialisti delle strutture pubbliche che li avevano in carico ed erogate direttamente dall’ospedale e che peraltro continuano ad essere somministrate ai due piccini nella stessa misura e con le medesime modalità di quando si trovavano nella tranquillità di casa propria».
La patologia genetica, secondo il legale, è stata certificata da strutture sanitarie di eccellenza come il Besta di Milano e il Centro regionale per le malattie rare di Udine.
«Raramente ho visto tanto dispendio di tempo e risorse per delle indagini», Miraglia, recentemente subentrato a seguire la vicenda, «persino con delle intercettazioni telefoniche.
Il neuropsichiatra dell’Aas Isontina che seguiva i bambini aveva trasmesso, dopo un dissidio con la famiglia, alla Procura le sue perplessità sulle reali condizioni di salute dei due bambini, la cui patologia è stata invece più volte certificata, anche dalla commissione medica per l’invalidità, sostenendo che fossero i genitori stessi a “causare” la patologia e che quindi non fosse di origine genetica. Ebbene, il Tribunale in prima analisi rigetta le istanze, considerando la coppia dei genitori affettuosi e premurosi».
Bocche cucite dall’Azienda sanitaria, che non ha inteso commentare la vicenda, nota in ogni caso tra gli operatori della struttura cormonese che seguiva i ragazzini. Il legale della famiglia ha presentato istanza
urgente al Tribunale dei minori di Trieste, chiedendo la revoca immediata del provvedimento di allontanamento dei due minori e di reintegro alla coppia la responsabilità genitoriale. «E ci appelleremo anche al Csm, se sarà necessario», conclude l’avvocato.
 
©RIPRODUZIONE RISERVATA
 

IL Tribunale di Trieste allontanada casa due bambi disabili

I genitori, medico lui, casalinga lei, accusati di eccesso di cure
 
 
TRIESTE-Piacenza. Anche un avvocato che ha visto tutto, come Francesco Miraglia, abituato (ma ci si abitua mai?) a soccorrere bambini strappati ai genitori senza validi motivi e rinchiusi per anni in case famiglia, non credeva ai cinque faldoni di indagini, comprensive di intercettazioni telefoniche, che la Procura della Repubblica di Gorizia aveva avviato nei confronti di una coppia, medico lui, casalinga lei, cui sono stati tolti due bambini in tenerissima età, affetti entrambi da una grave disabilità derivante da una patologia genetica.  «Per eccesso di cure» sottolinea l’avvocato Francesco Miraglia, del foro di Roma, esperto in Diritto Minorile, «hanno tolto loro i figli per maltrattamento, che non significa percosse, ingiurie, abusi, ma per troppe cure, per una patologia che la Procura però non riconosce e che il Tribunale dei Minori ha deciso di accertare ora tramite una perizia tecnica. Cure prescritte dagli specialisti delle strutture pubbliche che li avevano in carico ed erogate direttamente dall’ospedale e che peraltro continuano ad essere somministrate ai due piccini nella stessa misura e con le medesime modalità di quando si trovavano nella tranquillità di casa propria». Ma dallo scorso novembre i due fratellini, la cui patologia è stata certificata da strutture sanitarie di eccellenza come il Besta di Milano e il Centro Regionale per le Malattie Rare del prof. Bruno Bembi di Udine, vivono in una casa famiglia, in un’altra regione per di più, lontani dagli affetti dei loro genitori e privati degli insegnanti di sostegno, che potevano garantire loro il mantenimento, se non l’accrescimento, delle competenze fino ad allora ottenute.
«Raramente ho visto tanto dispendio di tempo e risorse per delle indagini» prosegue l’avvocato Miraglia, recentemente subentrato a seguire l’incredibile vicenda, «persino con delle intercettazioni telefoniche. Il neuropsichiatra dell’AAS2 Isontina che seguiva i bambini aveva trasmesso, dopo un dissidio con la famiglia, alla Procura le sue perplessità sulle reali condizioni di salute dei due bambini, la cui patologia è stata invece più volte certificata, anche dalla commissione medica per l’invalidità, sostenendo che fossero i genitori stessi a “causare” la patologia e che quindi non fosse di origine genetica. Ebbene, il Tribunale in prima analisi rigetta le istanze, considerando la coppia dei genitori affettuosi e premurosi. Ma la Procura insiste: viene avviata un’indagine, vengono tenuti i telefoni sotto controllo e durante un’intercettazione viene ascoltata una telefonata, nella quale la madre, esasperata, dice al marito che non ce la fa più, che prima o poi avrebbe commesso una pazzia. Alcuni giorni dopo si presentano a casa loro i carabinieri e i bambini vengono allontanati.
«Ma nessuno ha chiesto a questa madre cosa realmente provasse» aggiunge Miraglia, «quale frustrazione e stanchezza sentisse per arrivare a pronunciare una frase, infelice sì, ma dettata dalla disperazione di non essere ascoltata dalle istituzioni».
La Procura non crede alle migliaia e migliaia di pagine di certificazioni e diagnosi di strutture pubbliche di eccellenza, ma da credito all’ipotesi del neuropsichiatra che sostiene queste gravi patologie siano state causate “farmacologicamente” dai genitori . Patologie che però sono rimaste, anche ad oltre 5 mesi dall’allontanamento. Sulla base di queste capziose illazioni, prive di fondamento, ho presentano istanza urgente presso il Tribunale di Trieste, chiedendo la revoca immediata del provvedimento di allontanamento dei due minori e di reintegrare alla coppia la responsabilità genitoriale».
Studio Legale Miraglia

La giovane ballerina sarà ascolatata dal giudice

Dopo mesi di richieste il Tribunale di Roma ha acconsentito a darle ascolto
Si accende la speranza di archiviare il suo trasferimento a Roma e di poter studiare danza a Milano
 
 
FERRARA. Occhi puntati sull’esito dell’audizione che il Tribunale di Roma ha stabilito per il 19 dicembre, durante la quale sarà ascoltata la giovane promessa della danza ferrarese, che il giudice vuol trasferire in una casa famiglia della Capitale, allontanandola da una madre che secondo i vari consulenti del Tribunale la condizionerebbe in maniera eccessiva e un padre quasi mai presente nella vita della giovane.
La ragazzina quattordicenne, che si presenterà accompagnata dall’avvocato Francesco Miraglia, ha più volte detto e ribadito – anche lo scorso 25 novembre in questura a Ferrara – che non intende lasciare la madre né trasferirsi a Roma, ma semmai proseguire gli studi di danza classica in una scuola di Milano nella quale era già stata ammessa: è una ballerina promettente e sogna di danzare alla Scala e la formazione in quella scuola le fornirebbe la possibilità di diventare professionista, trampolino di lancio per scuole internazionali. Aveva pianificato di conseguire contemporaneamente il diploma in un liceo linguistico, appunto per essere pronta a un eventuale trasferimento all’estero.
Per ora invece sta chiusa in casa e non può proseguire gli studi, a causa della disposizione del Tribunale di Roma, che impedisce a ogni altra scuola di accettare la sua eventuale iscrizione. Il suo caso ha suscitato un grande interesse mediatico e la costituzione di un gruppo Facebook sostenuto da oltre cinquemila iscritti; lo scorso  21 novembre il Comitato Cittadini per i Diritti Umani (Ccdu) ha organizzato in piazza del Municipio a Ferrara una manifestazione in suo favore e contro le perizie psichiatriche nei tribunali.
L’avvocato Miraglia ha inoltre scritto anche al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al ministro della Giustizia Andrea Orlandi, chiedendo un loro interessamento e un intervento diretto e magari anche di incontrare la giovane ballerina.
Intanto la incontrerà sabato prossimo il giudice del Tribunale di Roma. Nel frattempo la giovane ha ottenuto che la questura di Ferrara, dopo averla sentita per ben quattro ore a novembre, stabilisse che il decreto di allontanamento non possa essere eseguito.
 

“Il giorno dopo. Dalla parte dell’interesse supremo: quello del Minore”

Dopo la notizia delle violenze subite da bambini e ragazzi in una Casa Famiglia di Santa Marinella, in molti ci hanno chiesto una dichiarazione, un commento.
Ma noi, qui, non abbiamo bisogno delle prime pagine dei giornali, non scopriamo nulla che non sapessimo già.
Molti, oggi, si scandalizzano, cadono dalle nuvole.
E questo è uno degli elementi che ci colpiscono di più, dopo anni – anni – in cui abbiamo portato questi fatti all’attenzione dell’opinione pubblica, delle Istituzioni e dei cosiddetti “addetti ai lavori”.
 
L’elemento più assurdo, quando si affronta la questione del Sistema delle Case Famiglia, è la sensazione di trovarsi in mezzo ad uno scontro tra fazioni: quella dei “giustizialisti” e degli “innocentisti”.
Questo è, di certo, uno dei temi più caldi di cui ci stiamo occupando ormai da parecchio tempo, e ancora oggi ci scontriamo con una realtà in cui ci si chiede di schierarci da una parte o dall’altra “della barricata”.
 
La verità, ovviamente, non risiede in nessuna delle posizioni estreme: in Italia ci sono ottime strutture di accoglienza gestite da persone serie (come quelle che si occupano dei Minori che arrivano in massa sulle “carrette del mare”), ma esiste anche la realtà descritta da questo fatto di cronaca.
 
Vincenza Palmieri:
“La prima volta, a Montalto, in cui parlai di somministrazione di psicofarmaci ai bambini e maltrattamenti all’interno di alcune Case Famiglia, mi fu chiesto di documentare e testimoniare nel dettaglio, senza considerare quanto questo sia un ambito in cui spesso le confidenze vengono raccolte in privato, con fatica e dolore, e che debbano essere protette dal segreto professionale.
 
Ma non si può arrivare al fatto di cronaca per limitarsi a dire “ve l’avevo detto”. E’ triste. Anzi, quello che vorrei è non avere bisogno di questi fatti per dimostrare che quello che denunciamo da tempo sia vero; oggi vorrei che chi è deputato ad occuparsi delle Garanzie per i Minori, si sedesse ad un tavolo e riconoscesse onestamente che intorno a questa tematica ci sia un gran movimento. 
 
I famosi bambini “che saltano sul tetto” di cui abbiamo parlato nel volume “Mai più un bambino” (Armando Editore) sono i bambini che protestano, si oppongono e allora vengono sedati, a forza. Sono tantissimi i casi in cui abbiamo trovato bambini con piaghe da decubito; vengono sedati e buttati sui letti. Sono trasformati nel viso, nella postura e non ne escono più. Sono bambini resi zombie, resi disturbati psichici tramite la somministrazione di psicofarmaci mai prescritti da nessuno.
E poi si criminalizza e si mette alla berlina chi denuncia questi fatti.
 
Se io fossi un Garante, il Presidente di un ordine professionale, il Presidente della Commissione Diritti Umani, vorrei sentire parlare e parlare, invece di trincerarmi nel silenzio o chiedere di “denunciare singoli casi specifici”. Così, di fronte alla denuncia, si afferma che “il sistema regge” e si rimuove il problema”.
 
Francesco Miraglia:
“Purtroppo, l’ultima vicenda che coinvolge una comunità per minori è la punta dell’iceberg di un gravissimo problema che andiamo denunciando da tempo che coinvolge non solo i minori ospiti e le loro famiglia ma anche tutti noi. Spero che sul banco degli imputati ci siano anche tutti coloro che hanno il dovere di controllare e di ispezionare  le citate comunità e non lo fanno. Per fare nomi e cognomi, mi riferisco alle varie Amministrazioni che, pur elargendo soldi pubblici, rare volte effettuano controlli su chi gestisce le comunità e addirittura sulle stesse autorizzazioni amministrative che consentono l’apertura.
Mi riferisco, però, anche alle varie Procure della Repubblica presso i Tribunali minori che hanno il diritto e l’obbligo di vigilanza e di ispezione  sulle comunità che ospitano i minori e spesso, per pura negligenza, non lo fanno.
 
 
Noi non abbiamo alcun interesse connesso al Sistema delle Case Famiglia, a nessun titolo. Ecco perché possiamo affermare liberamente e con forza l’interesse dai bambini, che abbiamo a cuore. Fino a che le battaglie le conduce chi gestisce una Casa Famiglia, chi è portatore di interessi, è difficile che le cose cambino. Le battaglie vanno fatte con chi non ha interessi specifici, se non l’interesse dei Minori.
 
Allora è vero: “Papà portami via da qui!”, come supplicava la bambina di cui abbiamo raccontato nell’omonimo volume (Armando Editore, 2015).
Ma io – io bambino che non sono ascoltato – non dovrei avere bisogno di papà che mi porti via da lì; dovrebbe essere il sindaco, l’assistente sociale, tutti coloro che hanno il compito istituzionale di proteggere i bambini.
Quando arriva un padre a “doversi fare giustizia”, significa che il sistema è morto e le garanzie non sono state efficaci.
 
Per questa ragione, bisogna continuare a fare rete, sensibilizzare, diffondere dati e verità; costruire rapporti, monitorare,indagare, insistere. Affinché  2400 euro al mese – il costo pagato mensilmente alla casa famiglia per quel Minore che ha avuto la forza di denunciare – non servano mai più per drogare e violare i nostri bambini.
S.M
 

Mamma troppo amorevole. Il tribunale allontana il figlio per 4 anni poi ci ripensa

“Il Tribunale per i minorenni di Trento ha emesso oggi un decreto in cui si esplicita l’incompetenza e inadeguatezza della giustizia minorile nel nostro paese e di alcuni servizi sociali della nostra Provincia”. Ad affermarlo è il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus, in una nota stampa.
“Nel corso dell’udienza il giudice ha affermato, con mio sconcerto, «ora la ‘palla’ passa ai genitori» – ci riferisce l’Avvocato Francesco Miraglia, legale della mamma – per prima cosa un bambino non è una ‘palla’ e secondo, non è assolutamente accettabile che un Tribunale chiuda una vicenda, che ha riguardato un bambino allontanato con la forza dai suoi genitori per 4 lunghi anni perché non sa in buona sostanza cosa fare”. Ancora più incredibile, prosegue l’Avvocato Miraglia, si legge sempre nella nota “…è che lo stesso Servizio Sociale che 4 anni fa aveva sollecitato l’allontanamento del bambino perché la mamma era troppo amorevole, oggi chieda la revoca del suo incarico”. il Servizio Sociale e il Tribunale per i minorenni “hanno sbagliato adesso o hanno sbagliato prima?” Probabilmente “…hanno sbagliato sia adesso che prima”, spiega l’avvocato. E prosegue: “Ciò che mi preoccupa sia come avvocato che come cittadino è la completa impunità di questi professionisti che sicuramente non pagheranno nulla per la sofferenza che hanno causato a questo bambino e alla sua famiglia per 4 anni. Mi auspico soprattutto – conclude l’avvocato – che l’operatore referente del caso in questione non si occupi mai più di minori e di famiglia.”
La vicenda che riguarda questo bambino e la sua mamma era iniziata con una perizia di una psicologa locale, “…una perizia – insiste – che alla luce degli eventi attuali ha evidenziato tutta la discrezionalità e fallacità di discipline quali la psichiatria e la psicologia. Secondo la Ctu, infatti, il bambino doveva essere sottratto perché la mamma era troppo amorevole e accuditiva. A nulla sono servite più di 30 dichiarazioni di conoscenti, incluso un monsignore e un consigliere provinciale, che sostanzialmente asserivano che il bambino stava bene ed era felice”. Dalle indagini era emerso che “…non c’era nessuna evidenza di abuso nei confronti del minore – spiega -, anzi secondo i documenti delle indagini effettuate sulla vicenda dal comando locale dei carabinieri, che stranamente risultano ancora congelate, le maestre del bambino hanno dichiarato che la consulente e l’assistente sociale avrebbero sostanzialmente tentato di persuaderle a dare un’immagine negativa della mamma, cosa che le maestre si sono rifiutate di fare dato che il bambino stava bene e non manifestava alcun segno di disagio”.
Nulla da fare, prosegue il legale “…la psicologa aveva sentenziato: il bambino andava allontanato dall’ambiente “pericoloso” (cioè la mamma amorevole) senza alcun reale segno di abuso, anzi in contrasto con le prove oggettive. Tralasciamo tutte le altre vicissitudini, errori, incongruenze, incluso il fatto che per oltre due anni dopo l’allontanamento il papà non ha mai visto il figlio – commenta il legale -, e veniamo a oggi e alla sconvolgente conclusione del Tribunale: “Ritenuto infine che, ferma la necessità di un sostegno psicologico per Lorenzo (nome di fantasia) e per ciascun genitore, la cui attuazione va rimessa all’auspicabile senso di responsabilità dei genitori, si reputa esaurita la funzione del Servizio Sociale quale affidatario del minore, in considerazione degli oggettivi limiti di poter incidere ulteriormente ed in modo produttivo su un assetto relazionale familiare strutturato e poco permeabile come quello formatosi tra la madre e il figlio e tenuto comunque conto della maturazione ed evoluzione acquisite da Lorenzo grazie al rapporto instaurato con gli educatori ed alla ripresa dei rapporti con il padre”. Il tribunale ha disposto: 1) la revoca del collocamento residenziale, 2) la revoca dell’affidamento educativo assistenziale del minore al Servizio Sociale, 3) la revoca del curatore speciale del minore”.
Se traduciamo la frase “in considerazione degli oggettivi limiti di poter incidere ulteriormente ed in modo produttivo” con “non sappiamo che pesci pigliare” e la frase “va rimessa all’auspicabile senso di responsabilità dei genitori” con “ora la palla passa a voi”, forse il decreto risulterà comprensibile anche a chi non conosce il lessico legale” fanno sapere dal comitato.
“Questo comitato si auspica, pertanto, che un Servizio Sociale e un Tribunale per i minorenni siffatti vengano rivisti prima possibile e soprattutto che venga inserito anche per questi professionisti il sacro santo principio secondo cui chi sbaglia deve pagare e non lavarsene le mani”.
 

Un raggio di speranza per il bambino che sorrideva sempre

Ci sono sviluppi sulla vicenda della famiglia di Predazzo a cui più di un anno fa è stato sottratto il figlio, quando aveva solo 2 anni, dal Tribunale dei Minori di Trento, affidandolo a una comunità e in seguito a una famiglia, perché secondo lo psicologo, poi denunciato, la madre “poteva avere delle ricadute (per problemi di più di venti anni fa) e non perché al bambino sia mai successo di subire comportamenti violenti”, come si legge in questo articolo.
Ieri, infatti, i genitori del bambino sono stati ricevuti dall’Assessore Alberto Casal, competente per i Servizi Socio-Sanitari Assistenziali della Comunità di Valle, insieme all’avvocato Francesco Miraglia e al responsabile per l’area dei minori del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, Paolo Roat.
Come raccontato dalla stessa madre «l’incontro ci lascia ben sperare poiché l’Assessore è stato molto disponibile per quanto riguarda il cambio del Servizio Sociale di competenza da noi richiesto ed ha promesso che assumerà anche tutte le informazione sulla procedura da adottare per l’effettuazione di questo passaggio presso altri Enti che hanno già seguito questa strada. Siamo certi che l’Assessore ci aiuterà e gliene siamo grati».
C’è stato anche l’incontro con l’assistente sociale e le figure professionali coinvolti nella gestione dell’affidamento familiare del figlio della coppia.
Sempre la madre racconta che «purtroppo, in questo senso, la situazione è bloccata ed ho la netta sensazione che si tratti di una rappresaglia del Servizio Sociale nei nostri confronti inaspritasi dopo le azioni che siamo stati costretti ad intraprendere al fine di ottenere giustizia.
Purtroppo l’Assistente continua a definire “polemiche” le mie richieste di chiarimenti – continua la donna – che da oltre un anno non ottengono risposta, ed è mia opinione che anche nell’incontro di ieri si sia data da fare di più a divulgare la mia presunta polemicità ai presenti che non a concentrarsi su quello che è meglio per il bambino».  La donna, infatti, dal 26 maggio scorso raccoglie firme a Cavalese, nei pressi della sede della Comunità della Valle per avere un sostegno popolare alla richiesta di cambiare il Servizio Sociale a cui potersi riferire nell’ambito della sua vicenda. «Difatti – prosegue la madre – nemmeno un piccolo passo è stato fatto nella direzione di progredire nel concederci un minimo in più di tempo e di spazio con nostro figlio nonostante la nostra ineccepibile collaborazione con tutti i servizi coinvolti, da loro medesimi riconosciuta
Più che dell’ingiustizia che stiamo subendo siamo però preoccupati per la sofferenza di nostro figlio, la vera vittima di questa situazione, che se solo ci fosse un minimo di disponibilità da parte del Servizio Sociale, sarebbe paradossalmente sbloccata in pochi minuti di accertamento di fatti reali, cosa che sempre ci è stata rifiutata». Ma la donna non si perde d’animo: «è proprio per questo che confidiamo tanto nell’operato dell’Assessore. Tutto quello che vogliamo è il bene di nostro figlio e allo stato attuale l’unica via per ottenere ciò è avvalerci di un Servizio Sociale imparziale e competente che ci segua nel rispetto di tutte le leggi, le buone prassi e le indicazioni dei professionisti, ma soprattutto nel rispetto della verità». Sull’incontro ha detto la sua anche Paolo Roat, del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani: «I segnali di apertura dell’Assessore che finalmente sembra aver deciso di vederci chiaro e di risolvere la faccenda sono molto incoraggianti. A nostro avviso la vicenda presenta molte irregolarità, a cominciare dalla perizia dello psicologo, anche in considerazione della recentissima interrogazione del Consigliere Provinciale Bezzi sul possibile conflitto di interesse dello psicologo che ha redatto la perizia. Siamo però molto fiduciosi dopo le promesse fatte dall’Assessore che pare aver capito che la vicenda presenta delle ombre. La vicenda è seguita da vicino anche da Adiantum nella persona di Gabriella Maffioletti». Inoltre, anche l’avvocato della coppia, Francesco Miraglia, si augura che l’Assessore abbia ben compreso che la mancanza di fiducia tra utente e operatore è fondamentale in vicende così complesse: «è fuori di dubbio – ha affermato il legale – che tra i miei assistiti e l’assistente sociale il rapporto è logorato viste le varie valutazioni puramente personali riportate nelle varie relazioni che di fatto hanno condizionato la decisione del Tribunale di allontanare il bambino dai propri genitori». «Ancor più grave – continua l’avvocato Miraglia – è l’ultima decisione dell’assistente sociale comunicata ai genitori dopo l’incontro con l’Assessore: vista la mancanza di collaborazione da parte vostra gli incontri tra figlio/genitori non verranno aumentati. Mi chiedo è mai possibile che un assistente sociale abbia un potere così ampio di decidere la vita di un bambino e della sua famiglia senza alcun controllo? Penso che sia arrivato il momento di una vera riforma dei servizi affinché valutazioni personali, risentimenti e altro non possano prendere il posto delle competenze e delle conoscenze scientifiche che ogni operatore che si occupi di minori deve avere». La donna, comunque, ha annunciato che continuerà a raccogliere firme, anche se non stazionerà più davanti alla Comunità di Valle, «poiché credo che finalmente si sia deciso di ascoltare il nostro dolore e quello di nostro figlio di soli tre anni che soffre lontano dalla sua famiglia».
Gian Piero Robbi – giampi.robbi@gmail.com Questa email proveniente dal sito (lavocedeltrentino.it)
 
http://lavocedeltrentino.it/index.php/cronaca/news-dal-trentino-2/13980-un-raggio-di-speranza-per-il-bambino-che-sorrideva-sempre
 
 

Bimba in affido, la madre la rivuole: "Negato diritto, che non si tratti di un'adozione mascherata"


Da 6 anni non vive più con la figlia, affidata ad un’altra famiglia. Ora ha un lavoro e stabilità e vorrebbe riavere con sè la piccola. Ma, denuncia il legale della donna: ‘I Servizi sociali lo vietano, pur non sussistendo in lei problemi per cui non possa tornare con sua figlia”

Redazione21 Marzo 2014

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Da quasi sei anni non può vivere con la figlia, che i Servizi sociali avrebbero affidato a un’altra famiglia. Ma in tutto questo tempo, oltre agli “sporadici incontri con la piccola” che a luglio compirà 12 anni, alla giovane madre “non è mai stato proposto un programma che portasse a una corretta e sana ricomposizione del rapporto con la bambina. E le viene negato, in maniera arbitraria da parte dei Servizi sociali comunali, il diritto di riaverla con sé, pur non sussistendo in lei, come dichiarato da psicologi e psicoterapeuti, problemi per cui non possa tornare con sua figlia”.
Questo il dramma che sta vivendo una giovane madre di trentun anni, che vive a Bologna e che si è vista portar via la figlia nel 2007, denuncia il legale che segue la donna, l’avvocato Miraglia di Modena.
Allora la 31enne aveva una situazione difficile, lavori precari e nessun aiuto dal padre della bambina. Con la figlia avevano vissuto per tre anni in alloggi temporanei trovati loro del Comune, ma poi, allo scadere di questa condizione di provvisorietà, le sarebbe stato proposto di lasciare temporaneamente la bambina a un’altra famiglia, in attesa di trovare una sistemazione definitiva e più consona. “Nessuno le aveva mai detto, però, che non era una brava madre – puntualizzano dallo studio legale – e che il motivo dell’allontanamento dalla piccola dipendesse da difficoltà di rapporto tra loro. Questo però lo ha scoperto quando ha cercato di riavere la figlia con sé: le assistenti sociali hanno riferito che i rapporti con la figlia sono freddi e che non è adeguata a far da genitore. Il Tribunale stesso ne ha fatto decadere la potestà genitoriale, sebbene non abbia dichiarato la bambina adottabile”.
«Di fatto questa bambina da sei anni vive con la famiglia affidataria» spiega l’avvocato Miraglia, «frequenta la scuola e le attività extrascolastiche ed è inserita in un contesto che ovviamente non vorrebbe lasciare. Ma questo è successo perché le assistenti sociali del Comune di Bologna finora non hanno mai provveduto a un programma di ricostituzione del legame madre e figlia». Gli incontri sarebbero sempre stati brevi e alla presenza di un educatore, per cui mai rilassati e spontanei. Da qui, ipotizza il legale, naturale immaginare che si sia venuta a creare una sorta di freddezza tra le due.
Nonostante le difficoltà del passato, la  signora adesso ha un lavoro e una relazione affettiva stabile e vorrebbe poter tornare a vivere con la figlia «ed è giusto e naturale – prosegue l’avvocato Miraglia – che i bambini stiano con la famiglia d’origine, qualora non esistano problematiche che minino la sicurezza del minore. I Servizi sociali sembra invece che non si siano adoperati per il reinserimento della bambina all’interno della famiglia d’origine, ma che abbiamo trasformato questo affidamento temporaneo e urgente in un’adozione mascherata”.
E’ proprio in virtù di questo, che la donna, attraverso al proprio legale, chiede al Tribunale di riprendere in esame l’intera vicenda. “Informerò il Garante dell’Infanzia e l’assessore ai Servizi sociali regionale – annuncia Miraglia – affinché facciano luce sull’operato delle istituzioni bolognesi, ancora più incredibile è che tutto ciò accada sotto la totale indifferenza del Tribunale e della Procura minorenne”.

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Caso Paula Reynolds: «ho denunciato lo psicologo di Trento che ha alterato i fatti nella perizia»

images (1)la VOCE del TRENTINO-30/gen/2014

Sta vivendo un incubo Paula Reynolds, la donna inglese che si trova attualmente al centro di una vicenda difficile, accusata dall’ex compagno  trentino di sottrazione di minore ma sottoposta a violenze da parte dello stesso.
Dall’Inghilterra, dov’è fuggita con il figlio di 4 anni, sta in questi giorni attendendo con ansia di conoscere il destino suo e del suo bambino: sono infatti in corso le sentenze che decideranno se i due devono rientrare a Trento.
 
Una situazione emersa in un’intervista (leggi qui) che il nostro giornale ha fatto a Paula mentre si trovava oltre Manica dove spera innanzitutto di riuscire a proteggere il suo piccolo.
 
Della vicenda si stanno occupando anche i maggiori quotidiani inglesi, che stanno con un coro unanime difendendo Paula e il suo bambino. Il Giudice inglese aveva disposto che il bambino non potesse essere allontanato dalla mamma in caso del rientro in Italia della donna, ma il Giudice di Trento non ha recepito queste direttive.
 
Oggi ecco il fulmine a ciel sereno, la denuncia di Paula allo psicologo di Trento che ha redatto la perizia a suo parere totalmente falsa, alterando la verità dei fatti. Lo psicologo è stato denunciato per reato di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici. «Gli avevo raccontato – spiega Paula – una violenza sessuale del mio ex partner indagato per violenza privata e lesioni e lui ha scritto che era una “mancanza di delicatezza”.»
 
La donna inglese ha anche avuto parole dure e feroci per l’ordine degli Psicologi di Trento, definito dalla donna superficiale e poco trasparente.
 
Riportiamo integralmente la lettera che ci ha inviato Paula Reynolds che riassume gli ultimi fatti successi e il perchè di denuncia allo Psicologo di Trento.Gli avevo raccontato una violenza sessuale del mio ex partner indagato per violenza privata e lesioni e lui ha scritto che era una “mancanza di delicatezza”.
 
Gentile direttore
«Stamattina sono stata costretta a denunciare penalmente un noto psicologo di Trento per il reato di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, per proteggere me e mio figlio dalle inesattezze, alterazioni e omissioni di questo consulente nella perizia che aveva fatto su di me.
Di fronte al suo reiterato rifiuto di chiarire i fatti (invece di rispondere alla mia lettera mi ha persino fatto scrivere dal suo avvocato) ho provato a chiedere aiuto all’Ordine degli Psicologi di Trento per tentare di avere giustizia per me e mio figlio,e soprattutto per impedire che a causa di questa perizia mio figlio venga ingiustamente allontanato dalla sua mamma, con cui sta bene ed è felice, e per prevenire qualsiasi conseguente danno psicologico su mio figlio dovuto a un allontanamento.
Ma anche l’Ordine non mi ha ascoltato e ha archiviato tutto senza darmi nessuna spiegazione. Non ho ricevuto le motivazioni del rigetto, né alcun documento sull’istruttoria effettuata o sui ritrovamenti che avevano portato a tale decisione, né mi è stata fornita alcuna informazione sulla possibilità di ricorrere contro tale decisione.
Ho provato a scrivere al presidente dell’Ordine per richiedere con urgenza queste informazioni, ma non mi ha nemmeno risposto. Ho provato a rivolgermi al Garante dei Minori in merito alla mancata trasparenza dell’Ordine, ma anche qui nessuna risposta. A quel punto mi è sorto il sospetto che le ragioni di protezione della categoria abbiano avuto il sopravvento,e che si sia preferito tutelare la “casta”.
Di fronte all’impossibilità di ottenere giustizia e protezione per me e per mio figlio,e in occasione di un’operazione subita da mia madre,mi sono recata in Inghilterra per dare un po’ di pace a mio figlio e per staccare un po’ dalle continue minacce che ricevevo dal mio ex.
Ho informato tutti della mia partenza e nostro figlio parlava tutti i giorni con il padre via Skype, ma lui, senza dirmi nulla, mi ha denunciata per sottrazione di minore secondo la Convenzione dell’Aia. La Convenzione dell’Aia è una specie di legge capestro,e in dicembre il Giudice inglese mi aveva già ordinato di tornare in Italia. Ma ora c’è un po’ di speranza.
Dopo il rifiuto del Tribunale dei minorenni di Trento di recepire le richieste del Tribunale inglese, il giudice ha accettato il mio appello. In Inghilterra i bambini non vengono tolti così facilmente come in Italia e per gli inglesi è molto importante che i figli rimangano con i genitori,salvo casi molto gravi. Il Giudice inglese aveva disposto che il bambino non potesse essere allontanato dalla mamma in caso di mio rientro in Italia,ma il Giudice di Trento non ha recepito queste direttive.
Il mio avvocato in Italia, Francesco Miraglia, ha spiegato bene al Giudice che l’istituzione del tribunale dei minori risale al periodo fascista e che in quel tribunale spesso il contraddittorio non esiste: infatti ci si limita ad acquisire i rapporti dei servizi sociali o le perizie dei consulenti.Ma il Giudice inglese non riesce a credere che la Giustizia italiana sia talmente malridotta e purtroppo rischio che mi rimandi in Italia.
E ho timore di quello che succederà dato che,per colpa di quella perizia,non credo che potrò essere protetta da un ex partner violento e c’è persino il rischio che il bambino, nonostante stia bene e sia felice con me, venga allontanato,stante la situazione di sfacelo della giustizia minorile italiana. E tutto si basa purtroppo sull’alterazione della verità nella perizia del consulente.
Infatti, il consulente da me denunciato, aveva scritto che una violenza sessuale in cui il mio ex partner mi aveva costretto a fare sesso con lui la seconda notte dopo il parto di nostro figlio era una “mancanza di delicatezza”.
Inoltre non ha contestato le giustificazioni del mio ex partner in merito alle violenze, per esempio quando aveva detto: “Può essere che lei abbia sbattuto su una porta…” Non riesco a comprendere come possa aver accettato passivamente una giustificazione talmente ridicola da essere una sostanziale ammissione di colpevolezza, e come possa non aver indagato scoprire l’attuale portata di queste violenze o non abbia voluto sincerarsi delle possibilità di reiterazione.
E difatti il mio ex compagno, sentendosi protetto dalla perizia, ha continuato a intimidirmi verbalmente e nel mese di agosto ho dovuto presentare una querela su di lui per lesioni personali, perché mi aveva dato un pugno.
Di fronte alla mancanza di trasparenza da parte dell’Ordine degli Psicologi di Trento, che tra il resto credo abbia svolto un’istruttoria superficiale senza realmente andare a fondo della vicenda, cosa che non posso purtroppo verificare a causa della loro mancanza di trasparenza, e davanti alla possibile reiterazione del reato da parte dello psicologo, che non credo sarà disposto a chiarire come stanno realmente le cose, sono stata costretta a rivolgermi alla Procura al fine di ottenere giustizia e soprattutto adeguata protezione per nostro figlio. Spero che almeno la Procura possa fare luce sulla vicenda.
Le scrivo per rendere pubblica la vicenda, che in Inghilterra è già stata ripresa anche dai quotidiani inglesi e anche dalla “La Voce di Trentino” e il “Trentino” in Italia, perché credo che l’unica vera protezione per me e mio figlio sia impedire che vengano prese delle decisioni drammatiche e ingiuste nel silenzio generale. Credo che solo tenendo accesa l’attenzione dell’opinione pubblica potrò avere qualche possibilità di difendere mio figlio. Grazie.»
Paula Jane Reynolds
 

L’esperto: “Migliaia di bambini iperattivi o ‘troppo amati’ vengono sottratti alle famiglie. Legalmente”

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30 gennaio 2014 0 commenti di 

L’eccessiva o sproporzionata cura del minore, una casa disordinata, un bambino poco attento a scuola, i suoi commenti sui genitori che litigano sono tutte potenzialimotivazioni che potrebbero far allontanare il bambino dal nucleo familiare di origine. Con una modalità che lascia perplessi.
Come spiega Francesco Miraglia, avvocato modenese specializzato in casi di bambini tolti alle famiglie, è sufficiente una segnalazione dei Servizi Sociali arrivata alla Procura della Repubblica per far sì che una richiesta di allontanamento del bambino al Tribunale dei Minori si trasformi in un provvedimento: ”Manca tutta la parte dedicata a una giusta istruttoria – racconta il legale che ha anche un sito internet nel quale riepiloga i casi a lui sottoposti -. Dopo che arriva una segnalazione si dovrebbe indagare e verificare i fatti riportati. Si devono convocare le parti, far parlare l’assistente sociale, valutare il perché della sua segnalazione e confrontarla con la realtà in cui è inserito il bambino. Inoltre chiamare a colloquio gli avvocati, la famiglia e in caso in cui il bambino sia capace di intendere e di volere, richiedere anche la sua testimonianza”. L’avvocato Miraglia aggiunge anche che l’allontanamento debba essere immediato nei casi di violenza ma non in quelle situazioni in cui si parla di bambini iperattivi, di case disordinate o di genitori che litigano. In tutte queste situazioni si devono andare a verificare le reali condizioni in cui vive il minore.
Molto controversa e clamorosa la vicenda, seguita dallo stesso legale emiliano, di un bambino di Bolzano prelevato da scuola e trasferito in una comunità di Forlì senza vedere per mesi i genitori. La ‘colpa’ del piccolo è quella di essere iperattivo. Il punto critico del sistema sono i tribunali dei minori: “A mio parere – osserva Miraglia – quello di Bologna funziona male”. Se Sparta piange, Atene di sicuro non ride: “La situazione della nostra regione è perfettamente in linea con il resto dell’Italia, se non peggio”.
Oggi in Italia, fa sapere il giurista modenese, il giro economico dietro ai bambini dati in affido è di circa 170 milioni di euro. “Un vero e proprio mercato, che costa ogni giorno dai 100 ai 300 euro a caso – puntualizza -. Non considerando il fatto che i bambini nelle case-famiglia o nelle famiglie affidatarie non sono sempre soggetti a verifiche che attestino l’esistenza di un contesto adatto e di qualità per la crescita del bambino stesso”.
Nel momento in cui è in atto un provvedimento di questo tipo non si può ricorrere alla Corte di Appello, perché il provvedimento è definito provvisorio e quindi il ricorso è inammissibile: “Si tratta di ‘adozioni mascherate’, perché cinque o sei provvedimenti di questo tipo, uno dopo l’altro, vanno a immobilizzare la situazione e a far sì che questo bambino non torni più a vivere con la sua famiglia di origine”. Sono pochissimi infatti i minori che fanno ritorno in famiglia, la maggior parte rimangono nelle strutture apposite fino al raggiungimento della maggiore età. Bambini imprigionati dalle regole, trattati con una durezza che non di rado il sistema risparmia agli adulti.
“Di sicuro c’è un problema strutturale, poco personale, tanti casi da osservare, ma sono tante le cose che non quadrano – prosegue -. Come è possibile, ad esempio, che una bambina venga adottata dagli stessi educatori che l’hanno fatto allontanare dalla madre? Mi riferisco al caso forlivese. Quella mamma ha tutto il diritto di dire ‘chi mi ha giudicato adesso ha mia figlia!’”.
L’avvocato Miraglia intravede però un barlume di speranza grazie alla nuova presidenza del Tribunale dei Minori di Bologna, affidata al dottor Giuseppe Spadaro: “Speriamo che con questo cambiamento ci sia un’apertura in questo senso”.
Per visitare il sito dell’avvocato Francesco Miraglia, clicca qui

Sabato 25 gennaio l’avvocato Francesco Miraglia del foro di Modena, sarà ospite alle ore 18 alla Libreria Grimorio di Pistoia durante la presentazione del film sociale “Un amore strappato dagli occhi di Greta”

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Appuntamento alle ore 18 di sabato 25 gennaio per la presentazione del film intitolato “Un Amore Stappato dagli occhi di Greta”, prodotto da Tripla Difesa Onlus, con la sceneggiatura di Floriana Ventura e la regia di Salvatore Orlando. Una tematica dura e tragica di violenza sulla donna e della violenza sui minori. I fondi che verranno raccolti saranno utilizzati per ripristinare una casa già di proprietà di “tripla difesa “, un PROGETTO FAMIGLIA che vuole mirare a tutelare le famiglie a cui il tribunale vorrebbe sottrarre il minore o i minori. Con la presenza della cantante Maria Teresa De Pierro, presente al prossimo Festival di Sanremo, Testimonial dell’Associazione TRIPLA DIFESA ONLUS. Numerosi gli ospiti d’onore che saranno presenti: il generale LEON LYON ZAGAMI , Comandante cavaliere dei templari a cui sarà dedicato il progetto” FAMIGLIA LEO LYON ZAGAMI”. Christy Andersen ,pittrice di fama internazionale. La D.ssa Antonella Gramigna , esperta in comunicazione, impegnata politicamente a difesa delle donne con il Partito Democratico. In attesa di conferma della presenza dell’Avv. Matteo Santini Oltre Cinquemila (Presidente associazione studi e ricerche del diritto di famiglia ) e consigliere ordine degli avvocati di Roma.
Potrete ascoltare la canzone “OCCHI CHE SI PARLANO” di Di Carlo e Centorame, interpretata dalla bravissima cantante De Pierro Maria Teresa in arte MERYSSE dedicata ai bambini e ai loro genitori. Sarà presene, inoltre, l’avvocato Miraglia sarà ospite in qualità di esperto di Diritto Minorile e Di Famiglia e per le pubblicazioni dei libri “Casi da Pazzi-Francesco Miraglia un avvocato controcorrente” di Nunzia Manicardi; (Koinè Editore),  “Ridateci i nostri figli! Storie di bambini sottratti alle famiglie raccontate dal loro avvocato Francesco Miraglia” di Nunzia Manicardi, “Mai più un bambino” (Armando Editore) e “ I Malamente” (Armando Editore).
 
Sono onorato di partecipare ad un appuntamento così importante quale la  presentazione di un  film su un tema sociale così importante e grave che colpisce migliaia di famiglie– sottolinea l’avvocato Miragliasi tratta di un dramma, nei confronti del quale, le nostre istituzioni dovranno dare al più presto una soluzione. E’ inaccettabile, infatti, che venga alimentato un  vero e proprio  mercato sulla pelle dei nostri bambini, con gli  allontanamenti, consulenze, affidamenti e case famiglie, sotto la completa indifferenza. Allontanare i bambini, se non in casi gravi, è una violazione del nostro diritto naturale perché ogni bambino ha il sacro santo diritto di vivere crescere nella propria famiglia.”