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Castelli romani, accusata di maltrattamenti e vessazioni alla figlia presunta  omosessuale.

Madre scagionata dopo cinque anni perché il fatto non sussiste

VELLETRI (12 giugno 2024). Era stata accusata di aver maltrattato e sequestrato la figlia perché omosessuale, perdendo il suo buon nome e anche l’attività lavorativa. Ma dopo cinque anni giustizia è stata fatta: il Tribunale di Velletri ha scagionato una donna che vive in un Comune dei Castelli romani perchè il fatto non sussiste. Restano però cinque anni nei quali la sua vita è stata distrutta. Nel frattempo ha ricucito i rapporti con la figlia, ma questo non la ripaga della gogna mediatica cui è stata sottoposta anche da parte di un’associazione che si occupa del sostegno alle persone gay e trans e che ha cavalcato decisamente l’onda per far pubblicità a sé e alla causa LGTBQIA+.

Cinque anni fa la figlia della donna, che all’epoca aveva diciassette anni, aveva dichiarato la propria omosessualità alla madre. La situazione in casa si era complicata ed era diventata tesa: la ragazza si era rivolta a un’associazione che promuove servizi, iniziative e cultura per il benessere e i diritti delle persone LGBTQIA+, affermando di essere vittima di violenze fisiche e psicologiche da parte della madre proprio in virtù del proprio orientamento sessuale. Il referente dell’associazione, attivista e politico, si era subito lanciato sui media nazionali in un’accorata presa di posizione nei confronti della ragazza, sostenendo che la diciassettenne fosse stata segregata in casa, privata del telefono e di ogni mezzo di comunicazione con l’esterno, e persino picchiata. Tutti fatti che ad oggi risultano privi di ogni fondamento. Purtroppo però, oltre a dover attendere una sentenza, la madre si è vista additare come pessimo genitore e, isolata e malvista, era stata costretta a chiudere la propria attività perdendo quindi il lavoro.

«Nessuno nega la nobiltà degli intenti delle associazioni che si occupano delle vittime di violenze e di discriminazioni – dichiara l’avvocato Miraglia, il legale della donna – ma occorre stare molto attenti a non strumentalizzare le vicende per sostenere la propria causa. Questa donna aveva soltanto cercato di allontanare la figlia, ancora minorenne, da una relazione con una donna che abitava fuori regione, molto più grande di lei, con seri problemi personali. Aveva soltanto cercato di proteggere sua figlia, con la quale tra l’altro ora ha ricucito i rapporti. Pertanto, prima di prendere posizioni a priori, occorrerebbe pensare alle conseguenze, a come certe affermazioni possano rovinare la vita delle persone e trasformarsi in discriminazione al contrario».