Tivoli: donna violentata in comunità, riaperte le indagini.

Tivoli: donna violentata in comunità, riaperte le indagini.

Il PM aveva chiesto l’archiviazione perché la comunità nel frattempo è stata chiusa

 TIVOLI (11 Luglio 2023). Rischiava di rimanere senza giustizia, una donna fragile abusata nella comunità terapeutica in cui era ospitata trattata come vittima di serie B: nonostante una denuncia e delle prove concrete, il pubblico ministero aveva chiesto l’archiviazione del caso, perché la comunità nel frattempo era stata chiusa. Ma il Gip del Tribunale di Tivoli non ha lasciato cadere il procedimento, chiedendo di proseguire con le indagini.

«Non possiamo che accogliere con soddisfazione la decisone del Giudice – commenta l’avvocato Miraglia, incaricato dalla famiglia della vittima – e aver ritenuto fondata la notizia di reato. Il fatto che la struttura sia stata chiusa non cancella le responsabilità di coloro che all’epoca la gestivano e che dovranno pur essere da qualche parte, immaginando che non possano essere spariti nel nulla. La violenza di genere è abominevole, ancor di più se perpetrata contro donne fragili e indifese come possono essere le persone affette da disabilità psichica. Se poi la donna resta vittima pure del sistema giudiziario, significa che nel nostro Paese la strada per raggiungere la parità di genere e per arginare la violenza contro le donne deve fare ancora molta strada. Ritengo infatti che se non si fosse trattata di una persona affetta da patologie psichiatriche, quando nel 2020 la famiglia aveva sporto denuncia sicuramente le indagini sarebbero state avviate celermente, attivando magari anche le procedure della legge Codice Rosso a tutela delle donne. Invece, siccome la donna non riesce ad esprimersi chiaramente e la comunità era già stata chiusa, la Procura presso il tribunale di Tivoli non aveva proceduto con uno straccio di indagini, chiedendo addirittura l’archiviazione del caso».

La donna vittima di abusi ha oggi 38 anni ed è affetta da autismo, che le impedisce di spiegarsi a parole. Nel 2019 viene ricoverata presso una comunità terapeutica in provincia di Roma: i familiari nel corso delle visite la trovano inquieta e ricoperta di lividi su gambe e braccia, ma la comunità li giustifica dicendo che è molto nervosa e che se li procura da sola. Finché nel 2020 notano delle ecchimosi anche nelle parti intime e la conducono al pronto soccorso, dove le riscontrano lesioni compatibili con una violenza fisica. Scatta quindi la denuncia, che però arriva sul tavolo del procuratore soltanto un anno dopo. Sulle prime dispone delle intercettazioni ambientali all’interno della struttura, così da documentare l’eventuale perpetrarsi degli abusi, ma quando le forze dell’ordine si presentano alla porta della comunità per installare microfoni e telecamere, la trovano chiusa, dismessa, abbandonata. Il Pubblico ministero, allora, anziché continuare ad indagare, decide che il caso debba essere chiuso e archiviato, in quanto essendo la vittima “psicologicamente fragile e non idonea a rendere adeguata testimonianza” ci sarebbero solo “fragili indizi, insufficienti per sostenere in giudizio l’accusa”. Una vittima senza carnefici, quindi.

«Ora attendiamo fiduciosi l’esito delle indagini – conclude l’avvocato Miraglia – auspicando possano portare all’individuazione dei responsabili di un crimine così abietto, reso ancora più ignobile dal fatto che la donna sia una persona indifesa».

 

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