Torino: lettera a Papa Francesco
Avvocato Miraglia: «Santo Padre, liberi il bimbo sequestrato dalla comunità terapeutica gestita dalla Diocesi di Tortona»
ALESSANDRIA (20 Dicembre 2021). Papa Francesco si è commosso alla vista del campo profughi di Kara Tepe nell’isola di Lesbo, durante la sua recente visita in Grecia, dove bambini, donne e uomini vivono reclusi, ingabbiati dentro recinti di filo spinato, senza dignità, reduci da una realtà che potrebbe definirsi senza mezzi termini alquanto disumana. Ma una realtà terribile è presente anche nella più vicina Italia, per giunta in una struttura gestita dalla Diocesi di Tortona. Una comunità terapeutica, pure intitolata a un papa, che tiene segregato un ragazzino iperattivo di nove anni, imbottendolo di farmaci, rinchiudendolo senza possibilità di vedere la madre e senza nemmeno fargli frequentare la scuola. Alla vista del costernato dolore del papa, l’avvocato Miraglia ha preso carta e penna e ha scritto direttamente a lui, al Santo Padre, chiedendo che interceda nella liberazione del ragazzino dal lager che è quella struttura, deputata a fornire assistenza terapeutica ma che di fatto è un manicomio per bambini mascherato.
«Ha destato molta commozione il suo racconto Sua Santità, in merito a questo suo ultimo viaggio – scrive l’avvocato Miraglia, – per questo motivo siamo altrettanto sconvolti per quello che sta accadendo nella struttura Paolo VI di Casalnoceto, in provincia d’Alessandria, gestita dalla Diocesi di Tortona, tanto da non capacitarci circa l’abnorme dissidio tra ciò che Lei promuove e rappresenta, Santissimo Padre, e l’esatto contrario, che invece accade presso la struttura sopraccitata».
Questo bambino di nove anni vive appunto “sequestrato” dalla comunità terapeutica, nella quale è stato confinato due anni fa per una sorta di “ripicca” nei confronti della madre, che si era lamentata con la scuola che all’epoca il bimbo frequentava, in quanto incapace di gestire la sua iperattività. Invece di fornire un supporto alla famiglia, il Tribunale per i minorenni del Piemonte e Valle d’Aosta ha confinato il bimbo dentro la comunità terapeutica, da cui non esce nemmeno per andare a scuola. Non vede nessuno, nemmeno la mamma. E viene regolarmente sedato con i farmaci. È ingrassato ed è regredito nel comportamento e nel linguaggio. Varie sono state le volte in cui la mamma del bimbo si è recata in comunità per vedere il figlio o per sentirne almeno la voce, ed invece di essere accolta con un po’ di buonsenso è stata addirittura denunciata dagli stessi operatori della comunità.
«Sua Santità – prosegue l’avvocato Miraglia nella sua lettera – non è possibile trattare una mamma alla stessa stregua di un criminale, solo perché rivendica l’amore per il proprio figlio. Ancor più grave è questo atteggiamento arrogante e prepotente, assunto dagli operatori che lavorano ed operano in una struttura di proprietà della Diocesi. Ben sappiamo dei suoi tanti impegni, tanti sono i suoi pensieri, ma con tutto l’amore di Dio le chiediamo di dedicare un secondo della sua giornata a questo piccolo, che non vuole altro che riabbracciare la sua mamma. Sua Santità, il mio studio legale da anni combatte contro il sistema degli affidamenti illeciti, contro l’alienamento dei minori dai propri genitori e contro questo mercato fatto sulla pelle dei bambini, ma mai avrei pensato di combattere contro chi opera in nome della Famiglia, dell’Amore e della Misericordia dei bambini».
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